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Mastro Ash scosse il capo.

— Dunque, venendo qui, ho visto la tua casa in cima alla collina, ma, quando mi sono arrampicato fino ad essa, era scomparsa, e la valle sottostante non era come la ricordavo. — Non sapevo che altro dire e tacqui.

— Hai ragione. Sono stato messo qui per osservare quello che tu ora vedi intorno a te. I piani inferiori della mia casa, tuttavia, si protendono in periodi più antichi, dei quali il tuo è il più antico di tutti.

— Questa mi sembra una grande meraviglia.

— È quasi più meraviglioso — replicò, scuotendo il capo, — che questo sperone di roccia sia stato risparmiato dai ghiacciai mentre le cime di picchi molto più alti sono state sommerse. Esso è protetto da una fisionomia geografica tanto sottile che poteva essere ottenuta solo per caso.

— Ma alla fine sarà coperto anch’esso?

— Sì.

— Ed allora cosa accadrà?

— Partirò. O, meglio, partirò prima che accada.

Avvertii un’ondata d’irrazionale ira, lo stesso tipo di emozione che provavo talvolta da ragazzo quando non riuscivo a far capire le mie domande al Maestro Malrubius.

— Voglio dire, che ne sarà di Urth?

— Nulla — replicò scrollando le spalle. — Quella che vedi ora è l’ultima glaciazione. La superficie del sole adesso è opaca, ma presto diventerà luminosa per il calore, ed il sole stesso si ridurrà di dimensioni dando meno energia ai suoi mondi. Alla fine, se qualcuno dovesse venire e stare fermo sul ghiaccio, lo vedrebbe solo come una stella luminosa. Il ghiaccio su cui camminerebbe non sarebbe quello che tu vedi, ma l’atmosfera stessa di questo mondo. E così rimarrà per moltissimo tempo, forse fino alla fine del giorno universale.

Andai ad un’altra finestra e guardai ancora fuori verso la distesa di ghiaccio.

— Questo accadrà presto?

— La scena che vedi è posta a parecchie migliaia di anni nel vostro futuro.

— Ma, prima di questo, il ghiaccio deve essere giunto al sud.

— E — annuì Mastro Ash, — dalle cime delle montagne. Vieni con me.

Scendemmo al secondo piano della casa, che io avevo a stento notato quando ero salito, la notte precedente. Qui le finestre erano più scarse, ma Mastro Ash sistemò due sedie dinnanzi ad una di esse e fece cenno di sedere e guardare. Era come aveva detto… il ghiaccio, splendido nella sua purezza, scendeva lungo i fianchi delle montagne per combattere con i pini. Chiesi se anche questo era molto lontano nel futuro, ed egli annuì ancora.

— Non vivrai tanto da vederlo di nuovo.

— Ma è tanto vicino che la vita di un uomo riuscirà quasi ad arrivarvi?

Agitò le spalle e sorrise sotto la barba.

— Diciamo che è una cosa graduale. Tu non lo vedrai, e neppure i tuoi figli né i loro figli, ma il processo è già iniziato, è cominciato molto tempo prima che tu nascessi.

Non sapevo nulla del sud, ma mi sorpresi a pensare al popolo d’isolani della storia di Hallvard, ai preziosi, piccoli angoli riparati dove c’era una stagione di raccolti, alla caccia delle foche. Quelle isole non avrebbero ospitato ancora a lungo quegli uomini e le loro famiglie. Le barche avrebbero strisciato per l’ultima volta sulle spiagge sassose sussurrando: «Mia moglie, i miei figli, i miei figli, mia moglie!

— In quell’epoca, molta della tua gente sarà già andata via — continuò Mastro Ash. — Coloro che chiamate cacogeni li avranno pietosamente trasportati su mondi più ospitali. Molti altri partiranno prima della finale vittoria del ghiaccio. Io stesso, vedi, discendo da quei profughi.

Chiesi se si sarebbero salvati tutti.

— No — rispose, scuotendo il capo, — non tutti. Alcuni non vorranno andare, altri non saranno trovati, per altri ancora non si riuscirà a trovare una patria.

Per qualche tempo, rimasi ad osservare la valle assediata, tentando di riordinare i miei pensieri. Infine, dissi:

— Ho spesso pensato che gli uomini religiosi enunciano cose confortanti ma non vere, mentre gli uomini di scienza riferiscono orribili verità. La Castellana Mannea ha detto che eri un sant’uomo, ma tu mi sembri un uomo di scienza, ed hai affermato che il tuo popolo ti ha mandato sulla morta Urth per studiare i suoi ghiacci.

— La distinzione che citi non vale più. La religione e la scienza sono sempre state una questione di fede in qualcosa, e si tratta dello stesso qualcosa. Tu stesso sei ciò che definisci un uomo di scienza, perciò ti parlo in termini scientifici. Se Mannea fosse qui con le sue sacerdotesse, parlerei in maniera diversa.

Ho così tanti ricordi, che spesso mi perdo fra essi. Osservai i pini, ondeggianti sotto il vento che io non potevo avvertire, e mi parve di udire il battito di un tamburo.

— Una volta, ho incontrato un altro uomo che diceva di venire dal futuro — osservai. — Era verde, quasi altrettanto verde quanto quegli alberi… ed affermava che la sua epoca era l’epoca di un sole più luminoso.

— Indubbiamente, ti ha detto la verità.

— Ma tu sostieni che ciò che io vedo dista soltanto poche generazioni, che è parte di un processo che è già cominciato, e che questa sarà l’ultima glaciazione. O sei tu un falso profeta o lo era lui.

— Io non sono un profeta — rispose Mastro Ash, — né lo era lui. Nessuno può conoscere il futuro. Noi stiamo parlando del passato.

— Mi hai detto — ero nuovamente irato, — che tutto questo dista soltanto poche generazioni.

— Infatti. Ma tu, e questo scenario, siete per me eventi del passato.

— Io non sono una cosa del passato! Appartengo al presente!

— Dal tuo punto di vista, hai ragione. Ma ti dimentichi che io non ti posso vedere dal tuo punto di vista. Questa è la mia casa, è dalle mie finestre che tu hai guardato. La mia casa affonda le sue radici nel passato. Senza di questo, impazzirei a stare qui. Cosi come stanno le cose, io leggo questi vecchi secoli come fossero libri. Sento le voci di coloro che sono morti da tempo, la tua fra le altre. Tu credi che quello del tempo sia un unico filo, mentre invece si tratta di un intreccio, come un arazzo che si estenda per sempre in tutte le direzioni. Io seguo un filo che va all’indietro, tu traccerai una riga colorata in avanti, di quale colore, non lo posso sapere. Il bianco ti potrebbe condurre da me, il verde dal tuo uomo verde.

Non sapendo cosa ribattere, potei solo borbottare che io concepivo il tempo come un fiume.

— Già… tu vieni da Nessus, vero? E quella città è costruita su un fiume. Ma una volta era una città che sorgeva sul mare, e tu faresti meglio a pensare al tempo come ad un mare. Le onde vanno e vengono, e le correnti si muovono sotto di esse.

— Vorrei scendere al piano di sotto — osservai, — e tornare nel mio tempo.

— Capisco — convenne Mastro Ash.

— Mi chiedo se tu capisca davvero. Il tuo tempo, se ho inteso correttamente, è quello del piano più alto di questa casa, e tu hai là un letto ed altre cose necessarie. Eppure, quando non sei sovraccarico di lavoro, tu dormi qui, stando a quello che mi hai detto. E mi hai anche spiegato che questo tempo è più vicino al mio che al tuo.