— Ahh! — Sospirò, e, per un momento, sollevò gli occhi al cielo. — Lo so, lo so, abbiamo tutti le nostre difficoltà. Di cosa si tratta, della legge o di una donna?
Fino ad allora non avevo considerato i miei guai sotto quella luce, ma dopo aver riflettuto un istante ammisi che si trattava un po’ di entrambi.
— Bene, sei venuto nel posto giusto ed hai incontrato l’uomo giusto. Ti piacerebbe fare un buon pasto stasera insieme ad un mucchio di nuovi amici e trovarti domani con una manciata di oricalchi? Ti suona bene? Bene!
Tornò alla sua cavalcatura, e la sua mano saettò più rapida della spada di un duellante per afferrare le briglie prima che essa lo potesse schivare. Quando ebbe ripreso le redini, balzò di nuovo in sella con la prontezza con cui ne era sceso.
— Ora monta dietro di me — m’invitò. — Non è lontano, e ci trasporterà facilmente entrambi.
Feci come mi aveva detto, anche se per me fu molto più difficile dato che non potevo contare sull’aiuto delle staffe; nell’istante in cui fui seduto, il destriero tentò di addentarmi la gamba di sorpresa, ma il suo padrone, che aveva chiaramente anticipato la manovra, gli assestò un colpo tale, con l’impugnatura d’ottone del suo pugnale, da farlo inciampare e quasi cadere.
— Non ci badare. — Il suo collo era tanto corto da non permettergli di parlarmi da sopra la spalla, quindi parlò con il lato sinistro della bocca per rendere chiaro che si stava rivolgendo a me. — È un ottimo animale ed un valoroso combattente, e vuole soltanto assicurarsi che tu comprenda il suo valore. Una specie d’iniziazione, sai? Sai cos’è un’iniziazione?
Gli risposi che pensavo di avere familiarità con quel termine.
— Qualsiasi cosa di cui valga la pena di far parte ne ha una, lo scoprirai… l’ho scoperto io stesso. Non ne ho mai vista una che un ragazzo in gamba non fosse in grado di affrontare, per poi riderci sopra.
Con quell’ambiguo incoraggiamento, conficcò gli enormi speroni nei fianchi della sua bella cavalcatura come se avesse avuto intenzione di eviscerarla sul posto, e volammo lungo la strada, seguiti da una nube di polvere.
Da quella volta che avevo cavalcato il destriero di Vodalus per uscire da Saltus, avevo supposto nella mia innocenza che tutte le cavalcature si potessero suddividere in due categorie: i purosangue veloci ed i ronzini lenti. Pensavo che i migliori corressero con facile grazie, quasi come felini e che i peggiori si muovessero invece con tanta lentezza che poco importava se lo facevano. Uno dei tutori di Thecla era solito citare la massima secondo cui tutti i sistemi basati su due valori sono falsi, e, durante quella cavalcata, scoprii di avere per lui nuovo rispetto. La cavalcatura del mio benefattore apparteneva ad una terza categoria (che da allora ho scoperto essere quanto mai estesa) che comprende tutti quegli animali in grado di superare per velocità gli uccelli, ma che sembrano correre con gambe di ferro su una strada di pietra. Gli uomini hanno innumerevoli vantaggi rispetto alle donne, e per questo ad essi è giustamente affidato il compito di proteggerle; eppure c’è una grande superiorità che le donne si possono vantare di avere rispetto agli uomini: nessuna donna ha mai avuto gli organi genitali schiacciati fra le proprie ossa pelviche e l’ossuta schiena di uno di quei bruti galoppanti. Questo accadde invece a me venti o trenta volta prima che ci arrestassimo, e quando alla fine scivolai giù, balzando da un lato per schivare un calcio, non ero precisamente di buon umore.
Ci eravamo arrestati in uno di quei piccoli campi sperduti che talvolta si trovano fra le colline, un’area più o meno pianeggiante e con un diametro di un centinaio di passi. Una tenda delle dimensioni di una casetta era stata eretta nel centro e dinnanzi ad essa sventolava una sbiadita bandiera nera e verde. Parecchie cavalcature impastoiate pascolavano liberamente sul campo ed un ugual numero di uomini laceri, con un gruppetto di donne trasandate, oziava nelle vicinanze, pulendo armature, dormendo e giocando.
— Guardate qui! — gridò il mio benefattore, smontando per fermarsi accanto a me. — C’è una nuova recluta! — E, rivolto a me, annunciò: — Severian di Nessus, sei alla presenza del Diciottesimo Bacele dei Contarii Irregolari, ognuno dei quali è un combattente di provato coraggio quando c’è da guadagnare un po’ di denaro.
Gli uomini laceri e le donne si alzarono e si avvicinarono, molti sorridendo in modo franco, guidati da un uomo alto e molto magro.
— Camerati, vi affido Severian di Nessus! Severian — continuò il mio benefattore, — io sono il tuo condottiero. Chiamami Guasacht. Quella canna da pesca, là, anche più alto di te, è il mio secondo, Erblon. Gli altri si presenteranno da soli, ne sono certo.
Uno dei più massicci, un uomo ursino quasi alto come me e che pesava almeno il doppio, fece un gesto in direzione del falcione.
— Non hai un fodero per quello? Vediamolo un po’. Glielo porsi senza discutere: qualsiasi cosa sarebbe accaduta, non sarebbe certo stata occasione per uccidere.
— Così, sei un cavaliere, vero?
— No — replicai. — Ho cavalcato un po’, ma non mi considero un esperto.
— Ma sai come cavartela con un destriero?
— So meglio come maneggiare uomini e donne.
A quelle parole, tutti risero, e l’uomo grosso aggiunse:
— Bene, questo è ottimo, perché probabilmente non dovrai cavalcare molto, ma conoscere a fondo le donne… ed i destrieri… ti aiuterà.
Mentre parlava, sentii un suono di zoccoli. Due uomini stavano conducendo avanti un pezzato, muscoloso e dagli occhi selvaggi. Le sue redini erano state divise ed allungate, in modo da permettere ai due uomini di tenersi al lati della testa, a circa tre passi di distanza da essa. Una sgualdrinella dai capelli color volpe e dal volto ridente, sedeva tranquilla in sella, e, al posto delle redini, teneva un frustino da equitazione in ciascuna mano. I soldati e le donne gridarono ed applaudirono, ed a quel suono il pezzato indietreggiò come un vortice di vento e percosse l’aria con gli zoccoli, mostrando le tre escrescenze ossee delle zampe che noi chiamiamo zoccoli per quel che erano… artigli adatti quasi altrettanto bene al combattimento come allo sradicare l’erba. Le loro finte erano più rapide dei miei occhi.
Il grosso uomo mi diede una pacca sulle spalle.
— Non è il migliore che abbia mai avuto, ma è abbastanza buono, e l’ho addestrato io stesso. Mesrop e Lactan, là, stanno per passarti quelle redini, e tutto quello che devi fare è saltargli in sella. Se ci riuscirai senza buttare giù Daria, te la potrai tenere fino a che non vi avremo raggiunti. — Sollevò la voce. — D’accordo, lasciatelo andare!
Mi ero aspettato che i due uomini mi porgessero le redini, ma invece me le gettarono in faccia, e, nel tentativo di afferrarle, le mancai entrambe. Qualcuno pungolò il pezzato da dietro, ed il grosso uomo emise un particolare e penetrante fischio. Al pezzato era stato insegnato a combattere, come ai destrieri della Torre dell’Orso, e, sebbene i suoi lunghi denti non fossero stati rivestiti di metallo, erano però stati lasciati come la natura li aveva fatti, e sporgevano dalla bocca come due pugnali.
Schivai una saettante zampa anteriore e tentai di afferrare la cavezza; un colpo di uno dei frustini mi colse in pieno volto, e l’impeto del pezzato mi mandò lungo disteso.
I soldati dovettero trattenerlo, altrimenti mi avrebbe calpestato. Forse mi aiutarono anche ad alzarmi in piedi… non posso esserne certo. Avevo la gola piena di polvere, ed il sangue mi gocciolava negli occhi dalla fronte.
Mi avvicinai di nuovo girando sulla destra per tenermi alla larga dagli zoccoli, ma la bestia si volse più rapida di me e la ragazza chiamata Daria mi fece schioccare entrambe le fruste dinnanzi al volto per tenermi a distanza… Più per l’ira che per un piano preciso, ne afferrai una: la corda dell’impugnatura le passava intorno al polso, e, quando tirai la frusta, la ragazza le andò dietro, finendomi fra le braccia. Mi morse un orecchio, ma riuscii a prenderla per la collottola, a farla girare, e, affondate le dita in una coscia soda, la sollevai. Scalciando nell’aria, le sue gambe parvero spaventare il pezzato, che io feci indietreggiare fra la folla fino a quando uno dei suoi tormentatori non lo spinse di nuovo verso di me, poi misi un piede sulle redini.