Quando la pioggia di frecce rallentò, i quadrati della scacchiera ripresero ad avanzare con movimenti metallici. I cherkajis avevano continuato ad indietreggiare, e si trovavano ora alle spalle di una fila di peltasti, molto poco più avanti rispetto a noi. Potevo distinguere chiaramente i loro volti scuri. Erano tutti uomini, e barbuti, e dovevano essere circa duemila; ma, fra di essi, c’erano una dozzina circa di giovani donne ingioiellate e trasportate su portantine dorate, in groppa ad arsinotteri coperti da gualdrappe.
Quelle donne avevano occhi e pelle scura come gli uomini, eppure, con le loro figure rigogliose e l’aria languida, mi fecero pensare a Jolenta. Le indicai a Daria e le chiesi se sapesse come erano armate, dato che non riuscivo a vedere nessuna arma.
— Ne vorresti una, vero? O magari anche due. Scommetto che ti sembrano belle anche a questa distanza.
— Non dispiacerebbe neppure a me prenderne un paio — osservò Mesrop, ammiccando.
— Combatterebbero come furie — rise Daria, — se uno di voi cercasse di avere qualcosa a che fare con loro. Sono sacre e proibite, le Figlie della Guerra. Ti sei mai avvicinato a quegli animali che le trasportano? — mi chiese, e scossi il capo. — Sono rapidi a caricare e nulla li arresta, ma agiscono sempre nello stesso modo… attaccando di fronte ciò che li infastidisce ed oltrepassandolo di una catena o due. Poi si fermano e tornano indietro.
Osservai quegli animali. Gli arsinotteri hanno due grosse corna… ma esse non si allargano come quelle dei tori, sono corna che divergono fra loro quanto possono divergere l’indice ed il medio della mano di un uomo. Come ebbi presto modo di vedere, quegli animali caricano a testa bassa, tenendo le corna al livello del suolo, e si comportarono esattamente come aveva detto Daria. I cherkajis si ripresero ed attaccarono di nuovo con le snelle lance e le spade forcute. Tenendosi parecchio indietro rispetto a quella carica fiammeggiante, gli arsinotteri avanzarono pesantemente, le teste grigio nere abbassate e le code sollevate, mentre le fanciulle dal volto scuro si tenevano erette sotto i baldacchini aggrappandosi ai pali dorati. Era possibile vedere, dal modo in cui quelle donne stavano in piedi, che le loro cosce erano piene come le mammelle di una mucca da latte e rotonde come il tronco di un albero.
La carica li portò oltre il combattimento vorticoso ed all’interno, ma non troppo, della scacchiera. I fanti Asciani spararono contro i fianchi delle bestie… il che doveva essere come bruciare corno o cuir boli; tentarono di arrampicarsi sulle teste degli animali ma furono gettati in aria, lottarono per arrampicarsi sui fianchi grigi. I cherkajis arrivarono con violenza in soccorso delle fanciulle, e la scacchiera si mosse, straripò e perse un quadrato.
Osservando la cosa a distanza, mi rammentai di aver pensato alle battaglie come a partite a scacchi, e sentii che da qualche parte qualcun altro aveva avuto la stessa idea ed aveva inconsciamente permesso ad essa di modellare i suoi piani.
— Sono splendide — continuò Daria, per stuzzicarmi. — Vengono scelte all’età di dodici anni e nutrite con miele ed oli puri. Ho sentito dire che la loro carne è talmente tenera che non possono giacere sul terreno senza riportare ammaccature. Vengono trasportati materassi di piume perché possano dormire, e se questi vanno perduti, le ragazze si devono sdraiare su un letto di fango che si modelli per sostenere i loro corpi. Gli eunuchi che le accudiscono lo mescolano a vino caldo perché non sentano freddo.
— Dovremmo smontare per risparmiare gli animali — suggerì Mesrop.
Ma io volevo guardare la battaglia, e restai in sella, anche se ben presto soltanto io e Guasacht rimanemmo montati, in tutti il nostro bacele.
I cherkajis erano stati di nuovo respinti, ed ora erano sottoposti al violento bombardamento di un’invisibile artiglieria. I peltasti si lasciarono cadere al suolo, coprendosi con gli scudi, mentre nuovi quadrati di fanteria Asciana emergevano dalla foresta sul lato settentrionale della valle… Sembrava che le loro file fossero senza fine, ed ebbi la sensazione che ci fossimo impegnati a combattere un esercito interminabile.
Quella sensazione si accrebbe quando i cherkajis caricarono per la terza volta. Un raggio colpì un arsinottero, trasformando sia l’animale sia la giovane donna che trasportava in un ammasso sanguinoso. Adesso la fanteria stava sparando contro le donne; una si accartocciò e la portantina svanì in una fiammata, mentre i quadrati di fanteria avanzavano su cadaveri dai vivaci vestiti e su destrieri morti.
Ad ogni passo che fa, in guerra, il vincitore si avvia a perdere. Il guadagno di terreno effettuato dalla scacchiera servì a presentare il fianco del suo quadrato di testa di fronte a noi, e, con mio stupore, ricevemmo l’ordine di montare, di disporci lungo una linea, e di dirigerci contro di esso, dapprima al trotto, quindi al piccolo galoppo, ed infine, mentre le gole d’ottone di tutte le trombe urlavano, in una carica disperata che quasi ci portò via la pelle dal volto.
Se i cherkajis erano armati leggermente, il nostro armamento era ancora più leggero, eppure in quella carica c’era una magia più potente dei canti dei nostri selvaggi alleati. Il fuoco delle nostre armi si abbatté sulle file distanti come le falci attaccano un campo di grano. Sferzai il pezzato con le redini per evitare di essere distanziato dagli zoccoli tonanti che m’incalzavano alle spalle, eppure fui superato ugualmente, e vidi Daria saettare oltre, i capelli di fiamma che svolazzavano liberi, il contus in una mano e la sciabola nell’altra, le guance più bianche dei fianchi schiumati del suo destriero. Compresi allora da dove avesse avuto origine il comportamento dei cherkajis, e cercai di caricare ancor più rapidamente in modo che Daria non morisse, anche se Thecla rise attraverso le mie labbra a quel pensiero.
I destrieri non corrono come le bestie comuni… veleggiano sul suolo come le frecce veleggiano nell’aria. Per un momento, il fuoco della fanteria Asciana distante mezza lega si levò dinnanzi a noi come un muro. Un momento più tardi, fummo in mezzo a loro, le zampe di ogni cavalcatura insanguinate fino al ginocchio. Il quadrato, che ci era parso solido come pietra da costruzione, si tramutò in una folla di frenetici soldati con grossi scudi e teste rasate; soldati che spesso si uccidevano a vicenda nella frenesia di uccidere noi.
Combattere è una cosa stupida, nel migliore dei casi; ma ci sono cose da imparare al riguardo, fra le quali la prima è che il numero degli avversari conta solo alla lunga. All’inizio, si tratta soltanto d’un individuo contro uno o due altri, ed in questo i nostri destrieri ci diedero un notevole vantaggio… non solo a causa della loro altezza e del loro peso, ma anche perché colpivano e mordevano, ed i colpi degli zoccoli erano più possenti di quelli che qualsiasi uomo, eccetto forse Baldanders, avrebbe potuto sferrare.
Un raggio di fuoco colpì il mio contus. Lo lasciai cadere ma continuai ad uccidere, tagliando a destra ed a sinistra con il mio falcione, e notando appena che il colpo mi aveva aperto una ferita nella gamba.
Credo di aver abbattuto una mezza dozzina di Asciani prima di accorgermi che mostravano tutti lo stesso aspetto… non che avessero tutti la stessa faccia (come accade agli uomini di alcune nostre unità, che sono in effetti più simili dei fratelli), ma come se le differenze fra loro fossero secondarie e casuali. Avevo già osservato questo fenomeno fra i nostri prigionieri quando avevamo recuperato la carrozza d’acciaio, ma allora la cosa non mi aveva veramente colpito. Mi colpì invece nella follia della battaglia, perché parve essere un elemento di quella follia. Le frenetiche figure erano maschili e femminili; le donne avevano piccoli seni penduli ed erano di una testa più basse degli uomini, ma non c’era altra differenza. Tutti avevano grandi occhi brillanti e selvaggi, i capelli tagliati cortissimi, volti affamati, bocche urlanti e denti sporgenti.