Tu forse considererai la nave che ho mandato in aiuto del mio signore, l’autarca dei suoi giorni, inadeguata… come del resto la considero io… ma era la migliore che sono riuscito ad ottenere, ed ho avuto difficoltà a procurarla. Io stesso sono stato costretto a spostarmi a sud in altro modo e molto più lentamente; potrebbe venire presto il momento in cui i mei cugini decideranno di schierarsi non soltanto con la razza umana, ma con noi…; per ora persistono nel considerare Urth uno dei meno significativi fra i molti mondi colonizzati, e ci pongono sullo stesso piano degli Asciani, e, se è per questo, anche degli Xantodermi e di molti altri.
Tu forse avrai già ottenuto notizie più fresche e precise delle mie.
Nel caso che così non fosse: la guerra va bene e male. Nessuna punta del loro schieramento è penetrata in profondità, e soprattutto la punta meridionale ha subito tali perdite che la si potrebbe correttamente definire distrutta. So che la morte di così tanti miserabili schiavi di Erebus non ti darà alcuna gioia, ma almeno le nostre armate avranno un po’ di respiro.
E ne hanno terribilmente bisogno. Fra i Paraliani c’è un inizio di sedizione che deve essere sradicato. I Tarentini, i tuoi Antrustioni e le legioni della città… i tre gruppi che hanno sopportato l’impatto dell’assalto… hanno sofferto quasi altrettanto duramente quanto il nemico. Fra di loro ci sono coorti che non possono annoverare cento soldati validi.
Non c’è bisogno che ti dica che dovremmo ottenere un maggior numero di piccole armi, ed in particolare di artiglieria, se i miei cugini potranno essere persuasi a cederle ad un prezzo che siamo in grado di pagare. Nel frattempo, bisogna fare tutto il possibile per arruolare truppe fresche, in tempo perché le reclute siano addestrate entro la primavera. Ciò che serve attualmente sono unità leggere in grado di affrontare gli scontri senza sparpagliarsi; ma se gli Asciani si apriranno un varco l’anno prossimo, allora ci serviranno piquenari e pilani a centinaia di migliaia, e potrebbe convenire arruolare fin da ora almeno una parte di loro.
Qualsiasi altra notizia tu abbia sulle incursioni di Abaia, sarà più recente delle mie, dato che non ne ho ricevuta alcuna da quando ho lasciato le nostre linee. Hormisdas è andato a sud, credo, ma Olaguer dovrebbe essere in grado d’informarti.
Affrettatamente e con rispetto,
XXXVI
ORO FALSO E FUOCHI ACCESI
Non mi rimane altro da dire. Sapevo che avrei dovuto lasciare la città fra pochi giorni, per cui dovevo spicciarmi a fare tutto ciò che occorreva. Nella corporazione non avevo altri amici su cui poter contare, tranne il Maestro Palaemon, ed egli mi sarebbe stato di ben poca utilità per ciò che avevo in mente. Convocai Roche, sapendo che non era in grado d’ingannarmi per lungo tempo, se mi stava faccia a faccia (mi aspettavo di vedere un uomo più vecchio di me, ma l’artigiano dai capelli rossi che si presentò al mio cospetto era poco più di un ragazzo; quando se ne fu andato, studiai il mio viso allo specchio, cosa che non avevo fatto prima).
Roche mi disse che sia lui che parecchi altri, che erano stati miei amici più o meno intimi, avevano votato contro la mia condanna a morte quando la volontà della maggioranza della corporazione era quella di uccidermi, ed io gli credetti. Ammise anche liberamente di aver proposto che venissi storpiato ed espulso, anche se aggiunse di averlo fatto perché sperava in questo modo di salvarmi la vita. Credo si aspettasse di essere punito in qualche modo… le sue guance e la fronte, normalmente così rossicce, erano abbastanza bianche da far spiccare le lentiggini come macchie di pittura. La sua voce era ferma, però, ed egli non affermò nulla che servisse a giustificarlo ed a gettare la colpa sugli altri.
Il fatto era, naturalmente, che intendevo punirlo, insieme al resto della corporazione. Non perché portassi rancore verso di lui o uno qualsiasi degli altri, ma perché sentivo che essere rinchiusi per qualche tempo sotto quella torre avrebbe destato in loro una certa sensibilità verso quel principio di giustizia di cui aveva parlato il Maestro Palaemon, e perché sarebbe stato il modo migliore per assicurarmi che l’ordine proibente la tortura, che intendevo emanare, venisse rispettato.
Comunque, non dissi nulla a proposito di Roche e gli chiesi soltanto di portarmi quella sera un abito da artigiano e di tenersi pronto insieme a Drotte e ad Eata ad aiutarmi, il mattino successivo.
Roche tornò con gli abiti subito dopo il vespro. Fu un piacere incredibile togliermi il rigido costume che indossavo e rivestire il manto di fuliggine. Di notte, il suo oscuro abbraccio è la cosa che più si avvicina all’invisibilità che io conosca, e, dopo essere scivolato fuori dalle mie stanze mediante una delle uscite segrete, mi spostai da una torre all’altra come un’ombra, fino a raggiungere la sezione caduta del muro di cinta.
Era stata una giornata calda, ma la notte era fresca e la necropoli era piena di nebbia, proprio come quando ero uscito da dietro il monumento per salvare Vodalus. Il mausoleo nel quale avevo giocato da ragazzo sorgeva come lo avevo lasciato, la porta incastrata chiusa per tre quarti.
Mi ero portato una candela, e l’accesi, una volta all’interno. Gli ottoni funebri che un tempo avevo tenuto lucidi erano nuovamente verdi, e foglie cadute e schiacciate erano sparse dappertutto. Un albero aveva infilato uno snello ramo attraverso la piccola finestra sbarrata.
La pietra era più piccola e leggera di come la ricordassi. La moneta sotto di essa era diventata opaca per l’umidità, ma era ancora là, ed un momento più tardi la tenevo nuovamente in mano, ricordando il ragazzo che ero stato, per poi tornare, scosso, verso il muro rotto, nella nebbia.
Adesso devo chiedere a te, a te che hai perdonato così tante deviazioni e digressioni da parte mia, di perdonarmene ancora una. È l’ultima.
Pochi giorni fa (il che significa parecchio tempo dopo gli eventi che mi sono prefisso di narrare), mi era stato riferito che un vagabondo si era presentato alla Casa Assoluta sostenendo di dovermi una somma di denaro e rifiutandosi di pagarla a chiunque altro. Sospettando che si trattasse di qualche vecchia conoscenza, avevo ordinato al ciambellano di condurlo a me.
Era il Dr. Talos. Sembrava essere ben provvisto di fondi, e, per l’occasione, aveva indossato un mantello di velluto rosso ed una chechia dello stesso materiale. La sua faccia era sempre quella di una volpe impagliata, ma mi parve che talvolta un accenno di vitalità vi facesse capolino, come se qualcosa o qualcuno sbirciasse attraverso gli occhi di vetro.
— Hai migliorato te stesso — osservò, facendo un inchino tanto profondo che la nappa del suo cappello sfiorò il pavimento. — Ricorderai che ho invariabilmente affermato che ci saresti riuscito. Onestà, integrità ed intelligenza non possono essere tenute a freno.
— Entrambi sappiamo che non c’è nulla che si tenga a freno più facilmente — replicai. — La mia antica corporazione lo ha fatto ogni giorno. Ma ho piacere di rivederti, anche se vieni come emissario del tuo signore.