Per quanto possa sembrare illogico, quella conoscenza mi rassicurò. Un’arma può essere pericolosa verso chi la usa, in due modi diversi: ferendolo per sbaglio oppure facendo cilecca al bisogno. Rimaneva il primo pericolo, ma, quando vidi il brillio dietro quel punto di luce, compresi che la seconda ipotesi poteva essere esclusa.
Sotto la canna c’era un pulsante che scivolava e che sembrava controllare l’intensità della carica. Il mio primo pensiero fu che chiunque l’aveva usata l’ultima volta doveva averla regolata sulla massima intensità e che quindi, invertendo la gradazione, l’avrei potuta sperimentare con una certa sicurezza, ma non era così… il pulsante era collocato a metà della sua scala. Alla fine, basandomi su un’analogia con la corda di un arco, decisi che la pistola sarebbe stata probabilmente meno pericolosa quando il pulsante si fosse trovato il più avanti possibile. Lo collocai là, puntai l’arma verso il caminetto e tirai il grilletto.
Il suono di uno sparo è il più orribile che ci sia al mondo, è l’urlo della materia stessa. Adesso lo scoppio non era forte, ma minaccioso e distante come un tuono. Per un istante… una frazione di tempo tanto breve che quasi credetti di aver sognato, uno stretto cono viola lampeggiò fra la bocca della pistola ed il mucchio di legna, poi scomparve, la legna prese fuoco e pezzi di metallo bruciato e contorto si staccarono con un rumore di campane fesse dal dietro del camino. Un rivolo d’argento scese nel focolare a bruciare la stuoia sottostante con una puzza nauseante.
Deposi la pistola nella giberna del mio nuovo abito da apprendista.
XXXVII
DI NUOVO OLTRE IL FIUME
Prima dell’alba, Roche si presentò alla mia porta con Drotte ed Eata. Drotte era il più vecchio di noi, eppure il suo volto e gli occhi lampeggianti lo facevano sembrare più giovane di Roche. Era ancora il ritratto della forza muscolare, ma notai che io ero sempre più alto di lui dell’ampiezza di due dita: doveva essere stato già così quando avevo lasciato la Cittadella, solo che allora non me ne ero reso conto. Eata era rimasto il più basso di noi ed un semplice apprendista… e del resto ero stato lontano solo un’estate dopo tutto. Appariva leggermente stordito quando mi salutò, e supposi che trovasse difficoltà a credere che adesso ero diventato l’Autarca, specialmente perché non mi aveva più rivisto fino a quel momento, quando mi ero ancora una volta rivestito con l’abito della corporazione.
Avevo detto a Roche che dovevano essere armati tutti e tre; egli e Drotte erano muniti di spade simili per forma (anche se di qualità molto inferiore) a Terminus Est, ed Eata portava una clava che rammentavo di aver visto esposta durante i festeggiamenti del nostro Giorno della Maschera.
Prima di aver partecipato ai combattimenti nel nord, li avrei ritenuti ben equipaggiati, ma adesso tutti e tre, e non soltanto Eata, mi sembravano ragazzini armati di bastoni e di pigne e pronti a giocare alla guerra.
Passammo per l’ultima volta attraverso la falla nel muro e percorremmo i sentieri d’osso che passavano fra i cipressi e le tombe. Le rose dei morti che avevo esitato a raccogliere per Thecla presentavano ancora qualche bocciolo autunnale, ed io mi sorpresi a ripensare a Morwenna, la sola donna cui avessi mai tolto la vita, ed alla sua nemica, Eusebia.
Quando superammo i cancelli della necropoli e ci addentrammo nelle squallide strade della città, i miei compagni apparvero più sollevati. Credo avessero avuto l’inconscio timore di poter essere visti da Maestro Gurloes e puniti in qualche modo per aver obbedito all’Autarca.
— Spero che tu non abbia in mente di fare una nuotata — osservò Drotte. — Questi aggeggi ci farebbero affondare.
— Eata potrebbe galleggiare sulla sua mazza — ridacchiò Roche.
— Ci spingeremo molto a nord. Avremo bisogno di una barca, ma credo che ne potremo affittare una, se cammineremo lungo la riva.
— Se qualcuno ce la vorrà affittare. Se non saremo arrestati. Lo sai, Autarca…
— Severian — gli ricordai. — Fintanto che indosserò questi abiti.
— … Severian, si suppone che utilizziamo queste armi solo sul patibolo, e ci vorranno un bel po’ di chiacchiere per convincere i peltasti che è necessaria la presenza di tutti e tre. Capiranno chi sei? Io non…
Questa volta fu Eata ad interromperlo, indicando verso il fiume.
— Guardate, c’è una barca!
Roche seguì la direzione del suo sguardo, tutti e tre agitarono le mani, ed io mostrai uno dei crisi che mi ero fatto prestare dal castellano, tenendolo in modo che la luce del sole che stava iniziando a sorgere, lo facesse brillare. L’uomo al timone agitò il cappello e ciò che sembrava essere uno snello ragazzino balzò in piedi per issare le gocciolanti vele di quarto lungo l’altra bordata.
Era un’imbarcazione a due alberi, bassa di bordo… indubbiamente l’ideale per trasportare merci di contrabbando al di là delle pattuglie che erano venute improvvisamente a trovarsi ai miei ordini. Il vecchio pirata che la pilotava appariva capace di cose anche peggiori, e lo snello «ragazzo» era in effetti una ragazza con occhi ridenti e la propensione a guardare la gente in tralice.
— Bene, sembra che sarà una giornata interessante — osservò il vecchio, dopo aver dato un’occhiata ai nostri abiti. — Pensavo che foste in lutto, fino a quando non mi sono avvicinato. Occhi? Non ne ho mai sentito parlare.
— Lo siamo — replicai, mentre salivo a bordo. Mi diede un ridicolo senso di soddisfazione scoprire che non avevo perso le mie gambe da marinaio, che mi ero fatto sulla Samru, e vedere Drotte e Roche aggrapparsi alle corde quando l’imbarcazione iniziò a rollare sotto il loro peso.
— Ti spiace se dò un’occhiata a quel ragazzo giallo? Solo per vedere se è buono, poi lo rispedirò a casa.
Gli tirai la moneta, ed egli la sfregò, la morse, poi me la restituì con un’occhiata colma di rispetto.
— Potremmo aver bisogno della tua barca per tutta la giornata.
— Per quel ragazzo giallo, la puoi avere anche per tutta la notte. Saremo entrambi lieti della compagnia, come osservò il becchino allo spettro. Questa notte, fino alle prime luci, sono successe alcune cose sul fiume: potrei supporre che esse hanno a che fare con la presenza di voi ottimati quaggiù stamattina?
— Parti — ordinai. — Mi potrai parlare di queste cose, se lo desideri, mentre ci muoviamo.
Anche se era stato il primo ad affrontare l’argomento, il pilota parve riluttante a scendere in dettagli… forse solo perché aveva difficoltà a trovare le parole con cui esprimere quello che aveva visto e sentito e ciò che aveva provato. C’era un leggero vento da occidente, per cui, con le vele consunte dell’imbarcazione tese al massimo, riuscimmo a risalire comodamente il fiume. La ragazza abbronzata non aveva molto da fare salvo che sedere a poppa e scambiare occhiate con Eata. (È possibile che, a causa dei pantaloni e della camicia grigi e sporchi, lo considerasse soltanto un nostro servitore.) Il pilota, che si definiva suo zio, teneva una mano ferma sul timone per impedirgli di deviare e perdere il vento, mentre parlava.