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— Il mondo fa schifo, — disse Angus. Il cambiamento d’umore del ragazzo colse Demetrios impreparato, come se Angus fosse piombato nella disperazione, come chi cade da uno stretto sentiero montano. — Fa schifo. Non il mondo, naturalmente. L’uomo. Il sozzo animale peloso… ma accidenti, non è sempre così. Non deve essere così… o deve? Crudeltà, cattiveria, avidità, infermità della mente e del corpo, sospetto… Demetrios, io so qualcosa di te. È quasi vero che sono venuto a cercarti… No, è meglio dire che ti ho aspettato, ho sperato di rivederti ancora, da quella prima volta che ti ho sentito, quattro anni fa. Mi fido di te, Demetrios. Sai che nella Città Interna c’è una stupida fazione che vuol fare di me un politico? Quelli si vedono già come fabbricanti di re. Il potere fa schifo. O Demetrios, cosa debbo fare? Qual è il mio compito? Il mondo non ha bisogno di gente come me.

— Il mondo non sa quello che vuole. È solo capace di tirare avanti tra uno sbaglio e l’altro. Lo so… per «mondo», tu intendi «la gente in generale». La risposta è la stessa. Troverai da solo la tua arte, Angus.

— E come, nella mia ignoranza? Come?

— Te lo direi io, se potessi. L’arte di guidare il popolo? Governare… insegnare? Posso almeno dirti che le cose non sono importanti. L’amore non è mai una cosa, è un paese nel quale possiamo compiere viaggi.

— Demetrios, hai visto morire Abraham?

— Sì. Non posso credere che il martirio serva a qualcosa. Ci commuove, ma non c’insegna nulla. La nostra reazione al martirio è l’indulgenza verso noi stessi. Ricordiamo la cicuta e la croce, ma che abbiamo mai fatto della saggezza di Socrate e della bontà di Gesù?

— Mi racconterai la storia di Abraham, comunque?

— Sì. Devo pensarci sopra. Adesso sono stanco e turbato.

— Perdonami. Ti ho impedito di tornare a casa. Ti incontrerai ancora con me, qui? Domani, verso mezzogiorno?

— Domani, verso mezzogiorno. Pace.

— Pace, Demetrios.

CAPITOLO 4

SOLITAIRE ASPETTAVA

Non so mai in quale momento del giorno mi faccio un amico.

DEMETRIOS.

Demetrios si avviò lentamente; uscì dal parco e si diresse verso il settore della periferia della Città Esterna dove Redcurtain Street occupa un tratto dell’arco; e la perplessità lo accompagnava come un nugolo di moscerini. Non era più ciò che era stato prima di incontrare Angus. Nella loro conversazione non avevano mai parlato di quel poliziotto, ma nella solitudine di Demetrios quell’immagine incombeva anche troppo grande. Angus, che fin dall’infanzia era abituato a considerare un poliziotto della Città Esterna come un subordinato, probabilmente non dava importanza all’episodio. E Demetrios aveva dimenticato Joe Park, affascinato com’era dalla presenza di Angus. Il passato era stato nitido, prima dell’ora appena trascorsa; adesso era il presente a riempire l’orizzonte; eppure Demetrios non era neppure certo di amare quel ragazzo.

Angus apparteneva alla società moderna, come non poteva appartenervi il vecchio Demetrios del ventesimo secolo. Tre ore fa non lo conoscevo neppure. La fede non muove le montagne se non nella mente del pio sognatore; l’amore è più forte, non è costretto, come la fede, a nutrirsi d’illusioni… può farlo, certo, e così facendo si avvelena, ma non è costretto a farlo.

Svoltò in un vicoletto squallido, una scorciatoia che portava a Redcurtain Street. Lì le case erano state raffazzonate con legname di scarto negli anni precedenti all’assassinio di Simon Bridgeman, quando i profughi avevano incominciato a non essere più tanto i benvenuti nella città-stato di Nuber; e si piegavano assurdamente l’una verso l’altra, come vecchie megere pettegole. Simon Bridgeman, figlio dell’era della plastica, non era mai riuscito a realizzare una segheria efficiente. Questo era spettato a Brian I, il quale capiva anche l’arco e le frecce, le picche e il tomahawk. Oggi imbrigliano i corsi d’acqua che si gettano nel mare di Hudson e nell’enorme Delaware, e c’è una cava, dietro Mount Orlook, dove si ricavano buone mole. Nel vicolo, Demetrios si guardò intorno, per vedere se c’erano maiali in cerca di cibo, sudiciume sparso, cani randagi feroci come donnole, e ubriachi. Nell’anno 47 Nuber non era afflitta da molte attività criminose violente; e quel po’ di malavita che c’era si annidava, come un ragno, in budelli come quello.

Demetrios avanzò a passo vivace, agitando il bastone di noce, e tenendolo bene in vista nell’ultima luce del giorno. Qualche volta, il vecchio entrava in vicoli come quello senza alcuna necessità, e riconosceva la stoltezza di quel comportamento. Sfidava il ragno nero ad assalirlo, e dopo si sentiva… no, non più giovane, ma forse più vivo.

(C’è gente che abita ancora nelle regioni desolate oltre Katskil e altri centri, gente selvaggia ma non demoniaca come molti immaginano. Costoro vivono là per libera scelta. Potrebbero abbandonare i loro costumi ferini e accettare il riparo offerto dalle città-stato… Katskil, Moha, Penn. Ma non lo fanno. Ecco, adesso smetto di nuovo.)

Demetrios uscì sano e salvo dal vicolo in Redcurtain Street, dove la polizia non permette che succeda mai niente di spiacevole. I potenti della Città Interna l’hanno sempre favorita, anche per amore delle percentuali, naturalmente; quelli dalle tuniche bianche amano i marciapiedi puliti, alle ore più adatte. L’usanza locale impone di seppellire i rifiuti nei giardini dietro le case, in modo che i maiali e i cani non vadano a rovistare. Demetrios era fiero dei fiori e delle verdure che coltivava per l’istituzione di Madam Estelle, sebbene questo non rientrasse, a stretto rigore, nei suoi compiti di Portinaio. Molte case di Redcurtain Street hanno grandi vetrate e balconi dove le ragazze si mettono in mostra, spartendo quei comodi promontori con gatti addormentati. Una strada incantevole, almeno nell’Anno 47.

Sui gradini della Casa di Madam Estelle, il Professore stava meditando, solo con il suo liuto, quando Demetrios sopraggiunse. Alzò un dito bruno in atto di saluto, senza dimenticare una sola nota della scala che svolazzava su e giù come un uccellino. — È stata una bella giornata, — disse Demetrios.

Il Professore annuì, spandendo dal liuto altra polvere diamantina di suoni. Normalmente, gli si facevano solo domande cui potesse rispondere con un sì o un no, perché era muto. — Una bella giornata calda. Mi sono fatto un nuovo amico, e forse sono felice. — Un arpeggio splendente riconobbe la possibilità della felicità. Gli occhi del Professore erano insondabilmente dolci, pieni di luci d’oro. Aveva la pelle abbronzata, i capelli corti e ricciuti. Demetrios pensava che avesse anche del sangue negro nelle vene, ma, come molti di coloro che vivevano nella città-stato di Nuber, non ammetteva di avere un passato. Erano amici da anni. Spesso il Professore, quando Madam non aveva bisogno di lui nel Salotto, se ne andava in giro per la città insieme a Demetrios; la sua presenza e il suo liuto potevano condurre a dimensioni nuove le storie raccontate agli angoli delle strade. Questo, e il fatto che dividevano il letto di Solitaire, creavano legami d’affetto.