— Sì. Sei forestiero, hai detto?
— Nato e cresciuto fra i Nomadi. Potrei essere anche uno dei figli del Capo Gammo… certo lui lo diceva di tutti i giovanotti promettenti della banda, diceva che erano generati da un uragano, e che l’uragano era lui. Mai sentito parlare del Capo Gammo?
— Beh, una carovana di tipi che dicevano di essere Nomadi venne qui a Nuber otto anni fa. Quel nome mi ricorda qualcosa.
— Davvero? — La faccia massiccia di Bosco assunse un’aria intenta e insieme triste. — Il Capo Gammo non si tagliava mai i capelli, se li legava dietro con una corda di canapa. Diceva che erano la sua forza, come quel tale, Simpson o Sampson, non so.
— Proprio lui. Diedero uno spettacolo solo. E buono, anche, secondo me… io faccio il narratore, me ne intendo. Ma poi qualche idiota provocò una rissa, ci fu qualche testa rotta, e la polizia cacciò i Nomadi dalla città. Da allora, tutti i Nomadi sono stati respinti ai confini di Nuber.
— Se questa non è roba da Repubblica del Re! Otto anni fa, eh? Quattro anni dopo che li avevo lasciati. I capelli cominciavano a diventargli bianchi? A Gammo?
— Sale e pepe. Ma io lo intravidi appena, Bosco.
— Già. — L’omone si dondolò avanti e indietro sulla paglia, assalito dall’angoscia. — Otto e quattro dodici, no? Allora devo avere quasi trent’anni. Oh, adesso potrei battere il Capo Gammo, se li ritrovassi. Vedi, Demetrios, avevo pensato di poterlo battere quando avevo diciotto anni, ma era troppo presto, e quando ho finito di vedere le stelle e ho potuto rialzarmi in piedi, il Capo Gammo mi dice: «Bosco, qui non c’è posto per tutti e due. Un giorno o l’altro me la faresti,» dice. Non dico che non ci sarei riuscito. Quell’uomo ce l’aveva con me, una volta mi aveva portato via una ragazza, e di brutto. «Torna,» mi fa, «quando credi di essere abbastanza grosso e stupido, e ne riparleremo.» Beh, adesso potrei batterlo, ne sono sicuro, solo che non riesco a trovarli. L’anno scorso sono corso dietro a delle voci, nell’Isola Adirondack. Sono stato un po’ qua e un po’ là… Gesù, ogni tanto sono persino vissuto onestamente. Con una squadra di taglialegna, e poi su alle miniere di ferro a Halloway, per un po’ ho fatto il rematore sul traghetto di Albany… era quasi una schiavitù.
— Ho sentito dire che adesso ci sono parecchie bande di Nomadi.
— Ma quella di Gammo è la prima e l’unica vera. È stato il Capo Gammo ad avere l’idea: carri tirati dai muli, cantanti, equilibristi… e poi portare notizie e predire la sorte, tutto, insomma. Gli altri non sono niente, in confronto al gruppo di Gammo. Potevo entrare in un altro, se volevo. Ma è una specie d’idea fissa, per me, trovare quelli di Gammo. Qualche volta penso, e se Gammo è morto, e così non avrò più l’occasione di pestare quel vecchio figlio di puttana? Non avrebbero cambiato nome, dovrebbe essere ancora i Nomadi di Gammo. E se fosse Bosco, eh? I Nomadi di Bosco: cosa te ne pare?
— Magnifico.
Durante quelle ultime ore del pomeriggio, Bosco continuò a parlare di un mondo che Demetrios conosceva solo come una tenda che alterava la vista, e che stava tra lui e le altre verità scomparse del Tempo Antico. Nelle isolette dello Stretto di Moha ci sono dei pirati che si prendono quasi una percentuale fissa del traffico commerciale tra l’Isola Adirondack e la repubblica di Moha, che ne è precariamente la proprietaria. Angus, non puoi venire da me?
Tranne quando rapiscono bambini o donne, o torturano un comandante per avere informazioni sulle altre navi, nello Stretto di Moha c’è una specie di pirateria tranquilla, come una tassa, non come le attività spietate nel Mare di Hudson meridionale. Là i bucanieri hanno virtualmente chiuso la zona a tutti i vascelli, tranne i più veloci e meglio armati, e così adesso i pirati battono la costa in cerca di vittime, e prima o poi la Repubblica del Re dovrà spazzarli via, e questo richiede una marina, e probabilmente una piccola guerra. Alcuni dicono che gli abitanti del Conicut vanno d’accordo con i pirati. Solitane… Paisà… Eppure il mondo che Bosco gli mostrava aveva un suo potere, un suo fascino.
Di questi tempi sull’Isola Adirondack si vedono sempre più spesso gli orsi rossi. A Bosco avevano mostrato una pelle, in un villaggio chiamato Saubel, e copriva tutto il pavimento di una stanza di dodici piedi per quindici, verità sacrosanta… Nel Vairmount invece c’è una specie di lupo diverso da tutti gli altri, mostruoso, nero, con le zampe lunghe e, dice la gente, sovrannaturalmente furbo come il diavolo in persona… Bosco aveva sentito dire — ma non era sicuro di crederci — che una famiglia isolata, da qualche parte del Hampsher, era stata completamente distrutta da un’orda dei piccoli ratti rossobruni, che si comportavano come formiche. Nel Main, o comunque nel New England orientale, c’è una tribù che venera il puma, e lo chiama Occhio di Fuoco…
Lentamente, in quella luce verdegrigia il pomeriggio morì, svanì dalla finestrella sbarrata. Putney portò la cena: stufato e pessimo tè. Nella cella numero 3, il russare sommesso si trasformò in una vecchia, tremula canzone:
— Spero di avere anch’io diritto.
A una dimora in cielo…
E daccapo, senza cambiamenti. Quando Putney portò la cena, la voce di vecchio supplicò: — Voglio le mie vitamine. Voglio le mie vitamine. Voglio le mie vitamine.
Sul lato opposto del corridoio, in modo che quelli delle celle non potessero prenderle, “Putney mise due candele di sego che sarebbero potute durare metà della notte. — Voglio le mie vitamine… — Dalla cella numero uno non veniva nessun rumore. Putney si affrettò a mettere dentro un piatto e indietreggiò, borbottando qualcosa che Demetrios non riuscì a capire.
— Un giorno o l’altro, Put, — disse Bosco, — dovrai dargliele le vitamine, al nonno. Che cosa sono?
— Non è affar tuo, — disse Putney, esasperato, e tornò a sbattere la porta che divideva la sua intimità dalla loro.
Passò un’ora, e la finestra sbarrata, lassù, mostrava un’oscurità fonda e senza stelle, eppure doveva esserci lo splendore del cielo, oltre il sudario delle querce. Demetrios e Bosco avevano passato i piatti sporchi sotto la porta, e Putney li aveva raccolti in cupo silenzio. Il vecchio nella cella numero tre russava, e nell’altra cella c’era sempre lo stesso silenzio di morte. La porta di Putney sbatté di nuovo, ed egli non si fece più sentire. Dalla finestra filtrò una brezza che rinfrescò la cella e sfiorò le candele del corridoio, facendo fremere inquiete le fiammelle. La loro piccola luce calda, abbandonando Bosco alle ombre, brillava sulle verticali delle sbarre con un’illusione di morbidezza. Sembrava che ci si potesse infilare le mani, attraverso le sbarre. E qualcuno l’aveva fatto.
Due mani, piuttosto piccole. Le dita si stringevano sul metallo, come luci pallide e isolate. Una faccia premeva contro la barriera, nell’ombra, ed era tonda come quella di Garth, con sopracciglia pesanti sotto i capelli gialli, ma più delicata, con una certa, dolce implacabilità che Garth si era lasciato alle spalle o che forse non si era mai concesso. — Sttt! Ehi! Demetrios!
Alzandosi in punta di piedi, Demetrios portò i propri occhi allo stesso livello di quelli del ragazzo. — Tu devi essere Frankie. — Gli occhi scintillavano dell’ebbrezza del pericolo.
— C’è anche Garth. Sono seduto sulle sue spalle.
— Non posso andare da nessuna parte senza che la Peste mi venga dietro, — disse Garth, invisibile. — Sei solo, Demetrios?
— Tu saresti perduto senza di me, Bullo. Sai bene che sono io, il cervello della banda. No, c’è un altro con lui.
— Puoi fidarti di me, piccolo, — disse Bosco, portandosi con silenziose zampe d’orso alla porta della cella, dove poteva sorvegliare il corridoio. — Io faccio la guardia, Demetrios… parla pure con i tuoi amici.
Frankie aggrottò la fronte, in una domanda silenziosa sul conto di Bosco; Demetrios annui… Bosco non avrebbe tradito un compagno di prigionia. Demetrios cercò di alzarsi, per vedere Garth; ma il davanzale era troppo largo. Quasi all’orecchio, Frankie mormorò: — Ti faremo scappare.