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Angus annuì, guardando Solitaire. — Brand non se ne è interessato. Si sarebbe dato da fare, se la pista fosse stata fresca, anche se stamattina si è trovato quel coniglio per colazione.

— Quel bestiolino. — Eppure la mano di Solitaire si muoveva affettuosamente sulla testa feroce di Brand.

— Brand deve uccidere per vivere, — disse Angus, vanamente angosciato perché il mondo non sì armonizzava con l’indole di quella donna.

— Solitaire lo sa, — disse lei. — Anche la gente. La carne è buona. Bestie tutti, tutti bestie, — disse Solitaire. E udendo la sua risatella turbata, Demetrios temette i momenti successivi, perché ella avrebbe pianto irrefrenabilmente, quasi in silenzio, con le mani in grembo rivolte a palmo in su, come in attesa di elemosine che nessuno sapeva donarle.

Anche il Professore udì quella risata e prima che cominciasse il diluvio di lacrime la prese leggermente tra le braccia, come una bambina angosciata. Angus guardò Demetrios, teso e stupito. Ma non si poteva parlare, perché lei aveva già la crisi, e se lui si fosse appartato con Angus per spiegare cosa succedeva, e come bisognava accettarlo se si accettava Solitaire, lei li avrebbe visti allontanarsi, e forse avrebbe avuto una crisi di furore. Perché lei aveva anche quegli attacchi di furia, anche se non ferivano nessuno, se non spiritualmente: Angus l’avrebbe ancora venerata, dopo aver assistito a una di quelle scene?

Garth e Bosco guardavano altrove, imbarazzati, ma Frankie, dopo un primo istante d’allarme, si frugò alla svelta nella borsa. Estrasse un’ammirevole scultura: in legno di melo, pensò Demetrios. Un cerbiatto giaceva acciambellato come un gattino, ma ad occhi aperti. Quel tesoro non era più grande del netsuke giapponese, una vecchia ridente, che era stato una delle meraviglie sulla scrivania del dottor Isaac Freeman, tanto tempo prima. Frankie mise il cerbiatto sul palmo aperto di Solitaire. — L’ha fatto Garth, — disse. — Forse ti piacerà. Io non sono molto bravo a fare queste cose.

Le lagrime cessarono, le dita si chiusero. — Frankie… oh, che occhi!

— Puoi tenerlo, se vuoi, — disse Frankie. — Io ne ho ancora un migliaio. Mio fratello ne fa sempre…

Verso sera, la Compagnia arrivò a un punto in cui la strada toccava i resti di una superficie asfaltata del Tempo Antico. Oltre l’incrocio, vagamente, la strada proseguiva. L’altra, la strada del Tempo Antico, era così desolata, così lontana da ogni senso di creazione intelligente: sembrava meno una testimonianza umana di quanto lo fosse il sentiero che avevano percorso. Su quello potevano trovare almeno, sia pure di tanto in tanto, le tracce delle ruote di carri passati di lì una o due settimane prima, ma la strada del Tempo Antico non presentava altro che una lunga corsia sotto la vegetazione fitta, una superficie di chiazze nere e opache quasi nascoste dalle erbacce che prorompevano da minuscole crepe aperte dalle gelate o dal terremoto o dal tempo, e le allargavano. Qua e là spuntavano alcuni alberelli, che in pochi anni avrebbero cancellato anche il ricordo della strada. E nel manto verde la Compagnia non trovò alcuna traccia umana. Gli animali potevano attraversarlo ripetutamente, e l’erba elastica si rialzava dopo il loro passaggio; ma non avevano formato una pista nel senso della lunghezza. Forse le creature umane che avevano guardato per quella via desolata si erano sentite agghiacciare per il timore dei fantasmi e non avevano voluto percorrerla. Ma Angus disse: — Ho una specie di bussola nella mente, e credo di potermi fidare. Fatemi girare su me stesso, e io so ancora dov’è l’ovest, se c’è un po’ di luce del sole o della luna… nel buio fondo non serve. Da bambino, sbalordivo sempre i miei familiari. Ebbene, la mia bussola dice che durante l’ultima ora questa strada si è diretta un po’ più verso est, come per tornare verso la Grande Strada del Sud, dove noi non osiamo farci vedere. Ma la strada del Tempo Antico è chiaramente diretta a ovest. — Scrollò sulle spalle i capelli scuri. Uno dei suoi rari sorrisi sfiorò Demetrios. — Sento l’odore del Pacifico di fronte al mio naso, a tremila miglia di distanza.

Forse, pensò Demetrios, sarebbe stato così per tutto il viaggio, e così sarebbe dovuto essere: Angus, il più saggio dei giovani, avrebbe preso le decisioni e avrebbe impartito le direttive, ma avrebbe fatto ricorso al suo straordinario tatto e avrebbe chiesto il parere del vecchio. In simili condizioni, forse sarebbe stato possibile far funzionare la piccola democrazia di sette anime senza fare troppa violenza a sette diverse esigenze. Una democrazia di sette persone più Brand, che di tanto in tanto avrebbe avuto la possibilità di votare, a modo suo.

(Fu quello probabilmente il momento, ritiene la vostra narratrice, in cui Demetrios sacro alla Terra decise di fondare la sua repubblica, se fosse stato possibile. Una repubblica ha bisogno di madri per generare i suoi figli e le sue figlie. Egli lo sapeva.)

La Compagnia percorse più di un miglio sulla strada del Tempo Antico, senza notare cambiamenti sensibili, e si accampò comodamente sul bordo, prima che facesse buio. Sembrava che niente impedisse di accendere un bel fuoco. In quel silenzio, in quella solitudine… la nebbia era ancora con loro, lieve nell’aria, ma triste come tutti i ricordi dell’antichità, il pensiero di un inseguimento da parte delle forze di Nuber appariva ridicolo, persino ad Angus.

— I potenti della Città Interna, — disse, — non hanno niente contro di me, salvo il fatto che esisto. Tra l’altro, stanno cambiando la storia, ve l’ho detto? Mio zio Simon risulta essere stato un uomo malvagio, un Anticristo anziché un santo. I santi possono essere scomodi, per una Repubblica del Re… prima o poi qualche eccentrico finisce per intestardirsi a imitarli, e questo significa lavoro per la polizia. — Posò delicatamente sul fuoco ardente il ramoscello che gli era servito per attizzarlo. — La mia scomparsa dovrebbe andar bene quasi come… diciamo, una malattia improvvisa e fatale o una pugnalata alla schiena. Naturalmente si preoccuperanno un po’, è inevitabile.

— Angus ci tornerà, là, qualche volta?

Il giovane guardò a lungo Solitaire, attraverso il fuoco. — No, non credo. La vendetta non è altro che una malattia, e quale altra ragione avrei? Salvare gli abramiti dalla persecuzione? Sono già stati travolti, e io non ho potere.

— Un giorno, — disse Demetrios, — saranno gli abramiti, gli oppressori. Un altro antico ritmo della storia, un’altra punizione della natura per coloro i quali sono troppo occupati a riscrivere la storia e dimenticano di leggerla.

— Credo di capirti, — disse Angus. — No… no, non tornerò indietro. — Si tese verso il fuoco, cercando di avvicinare gli occhi al viso di Solitaire. — Non desidero andare in nessun posto in cui non potrei avere questa compagnia. — Dalle sue parole sommesse nessuno poté capire se si riferiva a Solitaire o a tutti; ma il liuto del Professore proruppe in una musica improvvisa, e Frankie girò svelto intorno al fuoco per inginocchiarsi accanto a lui e per osservare il gioco delle sue dita magistrali sulle corde. Traevano dalle ombre una melodia magistrale, e la lasciavano giocare giochi beati con se stessa. Al momento esatto, quando il Professore gli rivolse un cenno, Frankie cantò, dapprima timido; ma poi con la sicurezza di un angelo: si diceva che quell’aria fosse stata composta da un musicista ambulante di Brakabin in tempi recenti, dal nome non più famoso di quello di Demetrios; e certamente non era una musica del Tempo Antico:

Prima che scenda la sera La tua carne è un fuoco d’ambra Per riscaldar la mia notte.
Prima che spunti la luce La tua bocca mi dà conforto Per rinfrescare il mio giorno.
E non mi ha mai stupito Che fiamma e frescura periscano: L’amore è mortale.