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Non ho il coraggio né il desiderio di scrivere delle sofferenze di Demetrios, né delle mille indegnità che accompagnano una lunga morte, se non per dire: le sopportò, finché venne il momento in cui poté dire al suo amato che non voleva più sopportarle. Parlò una volta sola, placidamente ma con un certo disprezzo, delle abitudini agli eufemismi del Tempo Antico, quando ci si avvolgeva nel conforto per difendersi dalla realtà della morte e della sofferenza e della fine. E una volta, mentre Garth e Frankie e il Professore ed io eravamo con lui, disse: — Non ho niente di complicato da dirvi sulla morte. La morte è necessaria, come la nascita; morire è spiacevole, e non è importante. A parte questi truismi, questi piccoli commenti ovvi… oh, non c’è niente che valga la pena di dire; è la vita che parla. Suonaci un po’ di Mozart, Professore… era un brav’uomo gaio che sapeva piangere.

Venne un caldo giorno di marzo in cui, per tacito accordo, lasciammo Angus solo con lui, e indugiammo fuori di casa, talvolta guardando la nostra barca pronta, che tirava l’ancora, spinta da una brezza dall’est.

Forse vi chiederete alcune cose. Scrivo nell’anno in cui la bruna figlia di Demetrios, la figlia dì Eve, ha sette anni. La figlia di mia sorella nacque due giorni dopo: è bionda e vivace, e piccolina come Nod e me.

Come ho accennato molto più indietro, tomai a fare una visita alle nazioni orientali Viaggiai sicura, insieme a Garth e a Frankie, che era cresciuto parecchio. Passammo qualche giorno a Nuber. Madam Estelle era morta. Babette tornò con noi, portando il Diario, i quadri di Shawn, e qualche altra cosa preziosa. Fu bello ritornare; è bello scoprire la fine di questo libro, e volgere i miei pensieri ad altro. Fra poco sarà sera, e Miranda, la figlia di Eve, andrà a caccia di lucciole.

Là, mentre guardavamo il Mare Interno, non provammo la necessità di pronunciare un addio, perché ultimamente ogni volta che eravamo stati con Demetrios era stato un addio: ed egli lo sapeva. Dopo un’ora o due, Angus uscì dalla casa e sedette al suolo, e quando Eve andò da lui, raccolse una manciata di terra e se la lasciò scorrere tra le dita.

Poi mi disse che Demetrios aveva chiesto di noi, uno dopo l’altro, se eravamo di buon animo e in pace con noi stessi. — E poi mi ha detto, — raccontò Angus, — che il dolore aveva vinto sulla gioia di vivere, e quindi era il momento di fare quello che avevamo concordato. E ha detto… com’è possibile, Wynken?… ha detto che nel breve tempo che siamo stati insieme egli ha conosciuto più gioie del corpo e della mente di quante, a sua conoscenza, molti uomini avessero ammassato in una vita intera. Può essere vero, Wynken? — mi chiese, come se lo sapessi. Non so in quanti sensi può essere vero. Ma io penso, e lo dissi ad Angus, che era certamente l’aspetto della verità che Demetrios accettava.

Poi Angus aveva baciato il suo amico, e gli aveva messo un cuscino sulla faccia e l’aveva tenuto fermo fino a quando era finita, perché era quella la morte che aveva chiesto Demetrios, dicendo che non avrebbe sofferto, per mano di Angus, e augurandosi che in seguito Angus fosse libero di dirci tutta la verità o no, come riteneva opportuno.

Avevamo pensato di seppellirlo in mare. Ma la buona barca di Garth ci portò, più rapidamente di quanto avessimo previsto, all’isola che avevamo visto dalla terraferma. Era solitaria e piccola, una chiazza di foresta innocente. Non era un posto per fondarci la repubblica, ma potemmo fermarci lì, prima di ripartire e trovare l’isola che avremmo chiamato Peranelios, dove finisce questa parte della storia. E ci piacque seppellire là il corpo di Demetrios, presso una vite selvatica che lo avrebbe accettato e che ad ogni stagione avrebbe dato frutti al sole.

FINE

PRESENTAZIONE

Edgar Pangborn è morto improvvisamente lo scorso anno, il 1 febbraio 1976, per un attacco cardiaco. Era nato nel 1909 a New York e conduceva vita ritirata, senza prendere parte a quel “giro” di raduni e di incontri annuali che caratterizzano il mondo degli appassionati e degli scrittori americani di fantascienza. Abitava con la sorella in una casa di campagna, nello stato di New York, poco lontano dalla cittadina di Woodstock, e intratteneva rapporti con qualche altro scrittore, ma in un modo piuttosto schivo, senza farsi pubblicità: come dice egli stesso in questo romanzo, “negli americani c’è la tendenza a muoversi, anche senza sapere dove si vuole andare, come se il muoversi in se stesso fosse già una caratteristica positiva.Ebbene, Edgar Pangborn non ha mai condiviso questa tendenza.

Pangborn ha sempre svolto la professione di scrittore: oltre alle sue opere di fantascienza, ha scritto alcuni romanzi storici e numerosi romanzi gialli, sotto lo pseudonimo Bruce Harrison. Il suo primo giallo è del 1930, il più noto è The Trial of Callista Blake, pubblicato nel 1961. Nel campo della fantascienza, la sua prima opera apparve sulla rivista «Galaxy» nel 1951: il romanzo breve Angel’s Egg. Probabilmente, la persona che avvicinò Pangborn alla fantascienza fu il direttore di «Galaxy», H.L. Gold, che proveniva dall’ambiente dei romanzi gialli. Gold cercava per la sua rivista scrittori capaci di scrivere a un buon livello stilistico, e Angel’s Egg mostra tutte le caratteristiche delle opere scritte da autori provenienti dall’esterno della fantascienza: ha un tema molto semplice, e la sua attenzione è rivolta soprattutto ai personaggi, e non alle «trovate» spicciole. Il romanzo è la cronaca dell’incontro tra un uomo e una creatura aliena, ma non contiene nulla che lo riallacci alla fantascienza americana dei periodici specializzati (astronavi, meraviglie scientifiche ecc.): descrive dei personaggi, e non dei marchingegni, dei gadget.

Questa separazione tra Pangborn e la tradizione americana della fantascienza (il filone dei periodici specializzati) ricorda la posizione di altri scrittori che sono approdati alla fantascienza in modo autonomo: ad esempio Stapledon, C.S. Lewis, Lem. Il Pangborn di Angel’s Egg si collega ai «padri fondatori» della fantascienza, non a coloro che scrivevano fantascienza negli stessi anni. Angel’s Egg è più vicino a racconti di Wells come The Crystal Egg che non alle opere di Asimov o Heinlein, o anche alla fantascienza «sociologica» di quegli anni.

Negli anni successivi, Pangborn scrisse una mezza dozzina di racconti e due romanzi, West of the Sun (1953) e A Mirror for Observers (1954). In questi compaiono temi della fantascienza moderna (nel primo il viaggio nello spazio, nel secondo la presenza di colonie di marziani nascoste in mezzo a noi), ma sempre trattati alla maniera di Pangborn, cioè con attenzione ai personaggi e non alle macchine. A Mirror for Observers venne giudicato il miglior romanzo di fantascienza dell’anno: vinse il premio International Fantasy (un premio che precedette per alcuni anni il premio Hugo, e che spesso venne assegnato a opere collocate a metà tra la fantascienza e la letteratura). I racconti scritti da Pangborn in quegli anni sono raccolti in un volume che è stato anche tradotto in italiano: Dentelungo e altri estranei («Urania» N. 639).