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— Io mi fermo qui, — disse Garth, a un angolo. — Allora devo chiedere a mia zia di guardare il libro per il tuo sogno, Demetrios?

— Sì, Garth, — disse Demetrios, riconoscente. — E riferiscimelo.

— Tu stavi andando a ovest su un… un treno della ferrovia.

— Sì, sì, e può darsi che sia passato da Aberedo, ma quel pensiero mi ha soltanto sfiorato, come l’ombra di un gufo sotto la luna.

— Ci vediamo.

— Sì, Garth. Pace.

— Pace, Demetrios, Mister Bridgeman. — Garth se ne andò, e i passi aspri del suo cavallo si allontanarono con un rumore secco per Franklin Street, dove i mattoni avevano sostituito l’asfalto rovinato del Tempo Antico. Harrow Street, dove c’era pochissimo traffico di carri tirati da buoi e da cavalli, conservava ancora diversi tratti dell’antica pavimentazione, e di tanto in tanto le buche sgretolate dal gelo venivano riparate, per ordine del Comune, con qualche badilata di terra. Mentre camminava insieme al giovane silenzioso e al suo grosso cane grigio, Demetrios pensò alla parola Pace. Oggi la si diceva come un tempo «Arrivederci» o «Ciao»… per la verità l’abitudine era incominciata molto tempo addietro, prima del 1993, ma nel secolo ventesimo sembrava avere avuto sfumature pie, la convinzione che soltanto le persone religiose potessero conoscere il significato della pace. Ma adesso nessuno ci pensava, come per secoli nessuno aveva ricordato che «Addio» derivava da «Ti raccomando a Dio»! Ma che cos’è la pace? È qualcosa di più dell’assenza di lotte e confusione?

— Sei davvero narratore da quindici anni? È più di tre quarti della mia vita.

— Debbono essere circa quindici, Angus Bridgeman. Tu hai diciannove anni, Angus?

— Il mese prossimo.

— Vivi in salute. Sì, qui a Nuber, si può proprio dire che abbia inventato io la professione di narratore. Gli imitatori mi lusingano… no, effettivamente ce ne sono di migliori di me, lo so.

— Non è falsa modestia, questa? Non credo che ce ne siano di migliori.

— Forse. — L’osservazione severa del ragazzo era stata come uno strattone al braccio. — C’è una vanità che accompagna inevitabilmente la professione di narratore. Mio padre mi diede un esempio di umiltà intellettuale, rara in un’dottore, e che non si trova affatto nei ciarlatani di oggi. Ma io ho quella vanità. Un pomeriggio, oziavo all’angolo d’una strada, con la testa piena dei miti del mondo, e successe così. Dissi: «Ascoltate me che vi parlo…» La mia voce suonava bene, e cominciai a raccontare la storia degli Argonauti, con le mie invenzioni… Tu sei parente di quel Simon Bridgeman che fu il vero fondatore di Nuber?

— Simon era mio zio, di sedici anni più vecchio di mio padre che… che è morto l’anno scorso. Mio padre aveva solo quattordici anni quando suo fratello fu assassinato, e Simon governò solo poco più di due anni… non è esatto?… prima dell’assassinio.

— Sì, circa due anni. Quando io arrivai qui con il gruppo di Judd, Simon Bridgeman aveva già organizzato la nuova comunità e accettava i profughi. La voce si era sparsa, anche in quella confusione.

— Ti ho sentito raccontare storie, per la prima volta, quattro anni fa. All’angolo di Broad e di Dover Street, e avevo quindici anni. Anche allora era un pomeriggio di luglio, ma molto caldo; sudavamo tutti e tu avevi attirato una folla piuttosto rumorosa. Io ero con mio padre e quindi non ero libero di… non ero libero. — La voce di Angus era accesa dai toni acuti della tarda adolescenza. Demetrios si chiese se il ragazzo non avesse fatto apposta a distoglierlo, con molto tatto, dal parlare dei Bridgeman… troppo importanti nella Città Interna, si diceva, perché Brian II e la sua amministrazione volessero entrare in conflitto con loro. — Anche quella volta era la storia degli Argonauti. Mi avevi incantato. Io ero Giasone.

— I greci difficilmente la riconoscerebbero.

— Peggio per loro. Hai fretta di ritornare a casa, Demetrios?

— Ah, è un posto piacevole, e c’è una cara donna, e io sono stanco. Sono portinaio da Madam Estelle, a Redcurtain Street… l’arte è una nobile professione, ma bisogna pur mangiare. Avrei sempre tempo per te, Angus Bridgeman.

— Sei molto gentile. Ti chiedo un favore: posso guardarti da vicino? Mi spiego. Sono miope. Non riesco a vedere la faccia della luna, anche se la gente mi dice che ce l’ha… beh, non è niente di male, posso immaginarla secondo la mia fantasia. È stata una fortuna che abbia sentito la tua voce quando ho svoltato per Harrow Street. Lascia che ti guardi bene, proprio te… ti dispiace? — Le sue mani si posarono leggermente sulle spalle di Demetrios; una teneva il guinzaglio di Brand con un dito agganciato all’impugnatura. Brand osservava con intransigente attenzione, lui che era capace di amare o di odiare nel bagliore di un secondo. Demetrios sentì l’alito pulito di Angus a poche dita dal suo viso e vide la fronte ampia aggrottarsi in uno sforzo di concentrazione. La faccia di Angus era offerta all’attenzione del vecchio, se ci teneva a scrutarla a sua volta.

Sebbene non fosse ancora intaccata dall’esperienza, la faccia di Angus non aveva nulla d’amorfo o d’incompiuto; i lineamenti erano impeccabili, la carnagione chiara e sana. Tutti i Bridgeman avevano grossi nasi diritti e mascelle sporgenti; ma in Angus quell’aria di severità era addolcita da una bocca tenera e gaia. Le mani erano ammirevoli, cariche di forza latente; i capelli di un bruno scuro sfumato di rosso cadevano pesanti, all’altezza delle spalle, sulla tunica bianca come la panna. Demetrios non ricordava dì averlo mai visto prima, insieme a Steven Bridgeman, la cui morte, ricordava, era stata circondata da sommesse voci di avvelenamento; ma la morte di un aristocratico famoso suscitava inevitabilmente dicerie del genere, nella Città Esterna. A quindici anni, Angus doveva essere stato già bello quanto adesso; forse era stato un giorno in cui Demetrios si era sentito acido, senza amore per la folla, e aveva desiderato che gli ascoltatori se ne andassero già nell’istante in cui aveva cominciato a parlare… e tuttavia doveva aver parlato abbastanza bene, perché Angus lo ricordasse. — Siamo amici.

— Così sia, Angus. — Angus ritrasse le mani.

— Dovevi essere già qui, allora, quando mio zio fu assassinato. Nell’Anno Tre… venticinque anni prima della mia nascita. La politica… è uno schifo.

— L’Anno Tre, sì. Non ero sulla piazza del mercato, quando accadde. La comunità, qui, considerava Simon Bridgeman il suo capo… Eravamo un migliaio, allora, e molti altri continuavano ad arrivare. Rimanemmo molto demoralizzati. C’erano stati, vedi, tutti i sogni e le speranze che gli esseri umani nutrono dopo essere sopravvissuti a un errore atroce. Avremmo fatto finalmente tesoro dell’esperienza, avremmo costruito un nuovo mondo alla luce della ragione e della giustizia, e così via. E poi il capo che ammiriamo e amiamo viene massacrato sulla piazza del mercato da tre sicari armati di coltelli, e non sappiamo più cosa fare. Non sapevamo, e meno ancora potevamo provarlo, chi avesse assoldato gli assassini, se pure qualcuno l’aveva fatto. Avevano agito di loro iniziativa, disse Brian, che era stato un oscuro collaboratore di Simon, e prima della guerra era stato il suo avvocato. Erano fanatici pieni di rancore, disse Brian.

— C’era folla, no?

— Sì, una piccola folla s’era raccolta sulla piazza del mercato per ascoltare Simon che spiegava un nuovo sistema di tasse L’assassinio fu commesso in modo esperto, Angus. Prima che la gente avesse capito quello che era successo, i tre uomini erano già in periferia, e poi si perdettero nei boschi. Ma tutto questo devi già saperlo.