Ma Donli era morto e nessuno era in grado di sostituirlo… Si distolse da quell’idea e dal pensiero di quello che l’aspettava.
Cercò di convincersi che almeno un membro del gruppo di Uden aveva certamente cercato di usare il metodo di Donli. Era fuori discussione che lui, se fosse stato ancora vivo, avrebbe trovato la strada per scoprire importanti risposte… ammesso che ce ne fossero. Lo aveva detto anche Jonafer. Uden e gli altri erano meno intuitivi, banali. A loro non era neppure venuto in mente di controllare il calcolatore di Donli alla ricerca di notizie pertinenti. Avevano affrontato la questione solo dal punto di vista medico e in più il terrore dei prigionieri li aveva dissuasi dal continuare le ricerche. Donli si sarebbe comportato in modo del tutto diverso.
Improvvisamente l’oscurità aumentò. Evalyth faceva fatica a respirare, oppressa dal caldo e dal silenzio. L’attesa si protraeva troppo. Se non faceva qualcosa non sarebbe più stata in grado di premere il grilletto.
Barcollando si recò nel laboratorio. Il fluoropannello la accecò per un istante mentre si avvicinava al calcolatore di Donli: — Attivazione.
L’unico segno di vita era la luce della spia gialla. Le finestre erano completamente buie e la luna e le stelle erano state cancellate dalle nuvole.
— Quali… — gracchiò. Fu invasa da un’ondata di amarezza: Controllati, stupida, o non sarai degna di tuo figlio! Riformulò la domanda: — C’è una spiegazione biologica per il comportamento degli indigeni di questa terra?
— Questi argomenti sono trattati meglio dall’antropologia e psicologia culturale — rispose la voce.
— Può essere, o forse no. — Cercò di fissare alcune fra le migliaia di idee che le affollavano la mente. — Può darsi che gli abitanti siano regrediti, che non siano del tutto umani? — Voglio che Moru non sia umano. — Analizza tutti i dati a disposizione, comprese le osservazioni cliniche eseguite su quattro soggetti nei giorni scorsi. Confrontali con tutte le informazioni terrestri che possediamo e riporta tutte le teorie razionali… — esitò — …volevo dire possibili, che non siano in contraddizione con l’accaduto. Le ipotesi ragionevoli ormai sono esaurite.
Il calcolatore ronzò. A occhi chiusi Evalyth si aggrappò al bordo della scrivania. Donli aiutami, ti prego.
Dal fondo dell’eternità le arrivò la risposta: — L’unico elemento difficile da spiegare è il rito cannibalico della pubertà. Il calcolatore antropologico ritiene che potrebbe essersi originato come sacrificio umano, ma evidenzia alcuni elementi illogici.
“Sulla Vecchia Terra i sacrifici umani erano presenti nelle società agricole, strettamente dipendenti dalla fertilità e dalle condizioni atmosferiche. Col tempo, però, questi riti si rivelarono sfavorevoli, come dimostrano gli Aztechi. Lokon ha cercato di ridurre tali conseguenze negative razionalizzando questa consuetudine e inserendola nel suo sistema schiavistico. Per gli abitanti dei pianori, invece, è una costante fonte di pericolo e dirotta continuamente risorse necessarie alla sopravvivenza. Non è razionale che questa consuetudine permanga in tutte le tribù, eppure è così, perciò deve esserci dell’altro, che non si riesce a scoprire.
“Mentre i sistemi per procacciarsi le vittime sono molteplici, le esigenze di fondo sono sempre le stesse. I lokonesi ci hanno detto che il corpo di un adulto serve per la maturazione di quattro giovani. Chi ha ucciso Donli Sairn non era in grado di portarsi via il cadavere e ciò che ne ha estratto è significativo.
“A questo punto si può presumere la presenza nell’uomo di questo pianeta di un fenomeno ditteroide sconosciuto altrove ma possibile. Esso sarebbe dovuto alla modificazione del cromosoma Y. È facile verificare tale ipotesi.”
Evalyth si sentì ribollire il sangue nelle vene.
— Di cosa stai parlando?
— Il suddetto fenomeno è già stato riscontrato fra gli animali inferiori di diversi mondi. Non è molto conosciuto perché assai limitato. Prende il nome da una mosca del letame della Vecchia Terra.
Un lampo squarciò le tenebre.
— Ah! Sì! La mosca del letame!
Il calcolatore continuò la sua spiegazione.
Jonafer sopraggiunse con Moru, che aveva le mani legate dietro la schiena. Nonostante questo e nonostante le ferite che si era procurato da solo, Moru procedeva sicuro. La luna, squarciate le nubi, splendeva come il ghiaccio.
Evalyth attendeva davanti alla porta e intanto osservava gli edifici che si allargavano fino alla palizzata. Li sovrastava una gru che pareva una forca. L’aria, ormai autunnale, stava diventando fredda e si era levato un venticello che uggiolava dietro i mulinelli di polvere generati dal suolo. I passi di Jonafer echeggiavano nel silenzio.
Si fermò di fronte a lei e Moru fece altrettanto.
— Allora, cos’hanno trovato? — chiese Evalyth.
— Uden si è messo al lavoro dopo che vi siete parlati. L’analisi si è rivelata più complessa del previsto e… sarebbe stato compito di Donli, non di Uden, che da solo non ci sarebbe mai arrivato. Insomma, è vero.
— Cosa?
Moru aspettava, mentre gli altri due parlavano in un linguaggio a lui sconosciuto.
— Non sono un medico — disse Jonafer con tono volutamente incolore — ma da quanto ho capito, questa modificazione del cromosoma Y fa sì che le gonadi non riescano a maturare da sole. Affinché ciò avvenga, è necessaria una dose extra di ormoni… Uden ha citato il testosterone e l’androsterone. Non ricordo altro. Questo per loro è l’unico modo di evitare l’eunuchismo. Secondo Uden i coloni sopravvissuti ai bombardamenti, prima della Lunga Notte, furono assai pochi e così poveri da dover ricorrere al cannibalismo per andare avanti, almeno per due generazioni. In tali circostanze quella che avrebbe potuto essere solo una mutazione temporanea si perpetuò e si diffuse in tutti i discendenti.
Evalyth annuì.
— Comprendo.
— Penso che lei capisca cosa voglia dire tutto questo. Non sarà difficile porre fine a questa usanza. Basterà offrire agli indigeni un nuovo Cibo Sacro, assai migliore, sotto forma di qualche pillola. Si potranno poi reinserire gli animali in grado di fornire gli elementi necessari e così, col tempo, i nostri genetisti rimedieranno all’anomalia del cromosoma Y.
Jonafer non riuscì più a mantenere l’indifferenza che si era imposto. Aprì la bocca, appena visibile nell’oscurità, e disse con voce roca: — Dovrei ringraziarla per aver salvato un’intera stirpe, ma non riesco. Faccia in fretta ciò che deve, per favore.
Evalyth si mise davanti a Moru. Il selvaggio tremava ma non distolse lo sguardo.
— Non è drogato — esclamò allibita.
— No — rispose Jonafer — non ce n’era motivo. — Sputò.
— Bene, sono d’accordo. — Poi si rivolse a Moru nella sua lingua. — Hai ucciso il mio uomo. È giusto che ora io ammazzi te?
— Sì — rispose con calma. — Ti sono grato per aver concesso la libertà alla mia famiglia. — Esitò. — So che potete conservare il cibo per anni. Mi piacerebbe se tu tenessi in serbo il mio corpo per i tuoi figli.
— A mio figlio non servirà. E neppure ai tuoi.
Moru si eccitò.
— Vuoi sapere perché ho ucciso il tuo uomo? È vero, era buono con me ed era simile a un dio. Ma io sono zoppo e non potevo procurarmi altrimenti il Cibo Sacro per i miei figli. Non potevo neanche attendere ancora, perché sarebbe stato troppo tardi e non sarebbero più diventati uomini.
— Donli mi aveva spiegato cosa vuol dire essere uomo.
Si rivolse a Jonafer nella lingua del marito: — Ho già avuto la mia vendetta.