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Quindi non ero così svuotato come credevo. La mia capacità di sentirmi sconvolto era superiore a quella che avevo immaginato, molto superiore. Scoprii che potevo sentirmi infelice per giorni interi; che l’infelicità e il senso di vuoto potevano occupare ogni ora di ogni giorno. E così fu, giorno dopo giorno. Era una sorpresa, per me, e nemmeno piacevole: ma non potevo farci niente. Il nostro stato d’animo non dipende da noi.

Cominciai a trascorrere sulla spiaggia un mucchio di tempo. Non sopportavo la compagnia. Un giorno tentai di unirmi di nuovo ai pescatori, ma fu un errore: erano troppo duri. Un’altra volta girellai dalle parti dei forni, ma andai via subito: la povera Kristen aveva un aspetto che mi trafisse. Anche a mangiare con Pa’ mi sentivo male. E non potevo fare visita al vecchio, era troppo malato, perdevo ogni speranza. Gli occhi di tutti m’interrogavano, o mi condannavano, o mi fissavano, quando la gente non pensava che me ne sarei accorto. Cercavano di consolarmi, o di fingere che niente fosse cambiato, e questa era una menzogna. Era cambiato tutto. Così non volevo avere niente a che fare con loro. La spiaggia era un buon posto per starmene da solo. La nostra spiaggia è così ampia, dalla scogliera all’acqua, e così lunga, dalla sabbia grossolana della foce alla confusione di massi bianchi alla rinfusa di Concrete Bay, che ci si può girare per giorni senza mai calpestare le proprie tracce. Lunghi solchi lasciati da vecchie maree, pieni d’acqua salmastra; grovigli di legna gettata a riva dal mare, compresi vecchi tronchi che puntano in ogni direzione radici da piovra; alghe infestate di pulci marine, simili a montagnole di concime nero; conchiglie intere e a pezzi; granchi della sabbia e le loro bollicine rivelatrici nella rena bagnata; piccoli e tondi piovanelli bianchi, con le zampe articolate al contrario, che vanno alla carica su e giù per i ciottoli per evitare tutti insieme l’acqua torbida; ogni cosa meritava di essere studiata per ore, per giorni. Così gironzolai avanti e indietro sulla spiaggia; ed ero infelice, o vuoto come una zucca secca.

Capite, avrei potuto non dire niente. Certo, avrei anche potuto rifiutare fin dall’inizio di partecipare al piano. Anzi, avrei dovuto fare proprio questo. Ma, anche partecipando al progetto, avrei potuto tenere per me la scoperta del luogo dello sbarco: e non sarebbe accaduto niente. Invece no. Avevo preso la decisione; e tutto quel che era accaduto in seguito… la morte di Mando, la fuga di Steve… era solo la conseguenza. Perciò era tutta colpa mia. Ero io da biasimare, per la fuga di un amico, per la morte di un altro amico. E per chissà quante altre morti di quella notte, gente che mi era sconosciuta, ma che senza dubbio aveva famiglia e amici che piangevano per loro come noi per Mando. Tutto derivava dalla mia testa, dalla mia decisione. Quanto ne soffrivo! Quanto rimpiangevo di non avere preso una decisione migliore, contraria! Avrei dato qualsiasi cosa per cambiarla. Ma niente è immutabile quanto il passato. Nel percorrere verso casa il sentiero del fiume, ricordai le parole del vecchio: siamo come cunei infilati dalla storia in una spaccatura, per cui le decisioni ci sono imposte. Ma ora sapevo che, a confronto di come è fisso il passato, il presente è libero come l’aria. Nel presente hai possibilità di scelta, ma nel passato hai fatto una sola cosa; per quanto la rimpiangi, non cambierà mai. Lo sapevo, o iniziavo a impararlo, ma questo non m’impediva di rimpiangere il passato, né di desiderare che fosse diverso.

Se fossi stato più intelligente, Mando non sarebbe morto. Non solo più intelligente: più onesto, anche. Avevo mentito, avevo tradito Kathryn, Tom, Pa’… tutta la valle, a causa del voto. Tutti, tranne Steve: e lui era a Catalina. Che stupido ero stato! Avevo creduto d’essere furbo, a farmi dire da Add l’ora e il luogo dello sbarco, e avevo guidato quelli di San Diego a tendere l’imboscata.

Ma eravamo stati noi a caderci. Bastava pensarci, era evidente. Quelli non avevano improvvisato la difesa: erano pronti ad accoglierci. E chi li aveva avvertiti, se non Addison Shanks? Lui sapeva che eravamo a conoscenza dello sbarco, doveva solo dire agli sciacalli che sapevamo e loro avrebbero potuto prepararsi. Tenderci un’imboscata.

Bastava pensarci, era chiaro come il sole nel cielo, ma non mi era proprio venuto in mente, fino a ora, mentre risalivo il sentiero del fiume e riflettevo sull’accaduto. Avevamo teso la rete e ci eravamo finiti dentro noi.

E quelli di San Diego ci avevano assegnato una posizione più a nord della loro, perché se qualcosa fosse andato storto, saremmo stati gli ultimi a traversare il ponte e avremmo attirato l’attenzione, mentre loro fuggivano. Ci avevano gettati fra i piedi del nemico per farlo inciampare.

Eravamo stati traditi due volte. E io mi ero dimostrato d’una stupidità incredibile.

E la mia stupidità era costata a Mando la vita. Rimpiansi ferocemente (ora che il funerale era passato) di non essere morto io al posto suo. Ma sapevo che rimpiangere il passato è come tirare sassi alla luna (così ero salvo).

Un paio di giorni più tardi, girando sulla spiaggia e continuando a riflettere, divenni curioso e risalii il Basilone fino alla casa degli Shanks. Non volevo parlare con loro, volevo solo vederli. Se li avessi visti in faccia, avrei capito subito se avevo torto o ragione a pensare che fosse stato Add a mettere in guardia gli sciacalli; e allora li avrei lasciati perdere per sempre.

La casa era bruciata. Non c’era nessuno, lì intorno. Scavalcai le assi carbonizzate, i soli resti della parete meridionale; per un po’ presi a calci il mucchio di tizzoni, sollevando cenere e polvere. Erano andati via da un pezzo. Mi fermai al centro di quello che era stato il magazzino, a guardare i mucchietti neri per terra. Nessun oggetto metallico. A quanto sembrava, avevano svuotato il locale di ogni cosa utile, prima di dargli fuoco. Senza dubbio erano stati aiutati a trasferirsi a nord. Visto che avevo scoperto i suoi traffici e che ero sopravvissuto, Add aveva certo preferito trasferirsi a nord e unirsi totalmente agli sciacalli. Ed era logico che non ci lasciasse una casa come la sua.

La parete nord esisteva ancora: assi annerite e consunte dal fuoco, pronte a crollare; il resto era cenere, o tizzoni sparsi qua e là. I pali metallici del traliccio elettrico, di nuovo visibili, sporchi di nero, si alzavano fino alla piattaforma metallica che un tempo sorreggeva i cavi. Mi sentii vuoto come sempre. Era stata una buona casa. Loro non erano brave persone, ma la casa era buona. E in qualche modo, fermo fra i resti carbonizzati, non riuscivo a provare risentimento contro Add e Melissa, anche se un attimo prima ci sarei riuscito facilmente. Non era divertente appiccare il fuoco a una buona casa come quella e fuggire. Erano davvero in una situazione così brutta? Lavoravano con gli sciacalli, certo. Ma tutti noi, in un modo o nell’altro, facevamo affari con loro. Anche aiutare i giapponesi a sbarcare era poi una cosa così brutta? Glen Baum l’aveva fatto, in quel suo libro (se c’era qualcosa di vero); e nessuno gli aveva dato del traditore. Add e Melissa volevano solo qualcosa di diverso da quel che volevo io. Per certi aspetti, erano migliori di me. Almeno, mantenevano le promesse; conservavano intatta la lealtà.