«La mia amica Sue s’è fatta la moto, una Suzuki 185GT che era del fratello, prima, ma poi se l’è presa lei e adesso si sta mettendo da parte i soldi che si vuole fare una Gold Wing.»
Stavano tirando su le sedie e sistemando il casino e i bicchieri rotti e le buste infradiciate delle patatine, e io ancora non mi sentivo tanto bene. La ragazza più la sentivo parlare peggio mi pareva. Aveva un accento terribile: veniva da qualche parte della costa occidentale. Glasgow, forse. Non me ne meraviglierei.
«Io una di quelle lì non la vorrei proprio, sono troppo pesanti. Una cinquecento, che ne so. Mi piacerebbe un casino una Moto Guzzi, ma mica sono tanto sicura, cioè, dell’albero motore…»
Cristo. Stavo per fare una vomitata bella colorata sul giubbotto della ragazza, le avrei arrugginito le cerniere e le avrei riempito le tasche e gli strappi, e forse Jamie al primo spaventoso conato sarebbe finito dall’altra parte della sala, sopra alle casse di birra vicino agli altoparlanti. Ecco cosa ne sarebbe stato delle fantasticherie motociclistiche di quei due.
«La vuoi una paglia?» disse la ragazza, sbattendomi in faccia il pacchetto per offrirlo a Jamie. Vidi la stria azzurra e lucente lasciata dal pacchetto che mi passava davanti, e continuai a vederla anche dopo. Jamie doveva aver preso una sigaretta anche se sapevo che non fumava, perché vidi l’accendino salire verso l’alto e accendersi davanti ai miei occhi con una pioggia di scintille, come un fuoco d’artificio. Sentivo che il mio lobo occipitale era sul punto di fondere. Pensai di fare qualche battuta a Jamie dicendogli che gli si sarebbe arrestata la crescita, ma tutto ciò che proveniva dal mio cervello sembrava comprimersi sotto la spinta dei messaggi urgenti che le budella mi inviavano. Sentivo un immondo tramestio su e giù nello stomaco, e ormai non avevo più dubbi su come sarebbe andata a finire, ma non riuscivo a muovermi. Me ne stavo immobile a fare da piedistallo tra il pavimento e la colonna, e Jamie era rimasto a parlottare con la ragazza del rumore che faceva una Triumph e delle corse che lei si era fatta di notte lungo le coste del Loch Lomond.
«Sei qui in vacanza, o cosa?»
«Sì, insieme alle mie amiche e c’ho pure il moroso, ma sta alla piattaforma petrolifera.»
«Mmm…»
Respiravo sempre profondamente, cercando di snebbiarmi il cervello con l’ossigeno. Non riuscivo proprio a capire come facesse Jamie. Era alto la metà di me, pesava la metà o anche meno, ma qualunque cosa ci bevessimo insieme, lui rimaneva sempre tranquillo. Di sicuro non le rovesciava per terra di nascosto, le sue birre: gli schizzi sarebbero arrivati addosso a me se lo avesse fatto. Mi resi conto che la ragazza si era finalmente accorta di me. Mi diede uno scossone alla spalla, e mi accorsi gradualmente che non era la prima volta che lo faceva.
«Ehi!» mi disse.
«Che c’è?» dissi io barcollando.
«Tutto bene?»
«Sì» annuii lentamente, sperando che si accontentasse di quella risposta, poi mi guardai attorno e mi voltai da una parte con lo sguardo rivolto verso l’alto, come se tutt’a un tratto avessi trovato sul soffitto qualcosa di molto interessante e importante a cui rivolgere la mia attenzione. Jamie mi diede un colpetto col piede. «Che c’è?» ripetei, senza cercare di guardarlo in faccia.
«Hai intenzione di startene qua tutta la notte?»
«Che? No. Di’, siete pronti voi due? Okay.» Allungai le mani all’indietro per cercare il muro, lo trovai e mi tirai su, con la speranza di non scivolare sul pavimento fradicio di birra.
«Forse faresti meglio a mettermi giù, amico» disse Jamie, continuando a darmi dei calci. Guardai verso l’alto e poi di nuovo di lato, come se volessi voltarmi verso di lui, poi annuii. Mi lasciai scivolare con la schiena attaccata alla colonna fino a ritrovarmi praticamente con le chiappe per terra. La ragazza aiutò Jamie a saltare giù. Da quell’angolazione, nella sala illuminata a giorno, i capelli rossi di lui e quelli biondi di lei si fecero improvvisamente abbaglianti. Duncan si stava avvicinando con lo spazzolone e il secchio, e intanto vuotava i posacenere e dava una pulita intorno. Mi alzai a stento, poi mi accorsi che Jamie e la ragazza mi stavano afferrando da sotto alle braccia per aiutarmi. Stavo cominciando a vedere triplo, chiedendomi come fosse possibile, visto che gli occhi erano due. Non capivo se mi stavano dicendo qualcosa oppure no.
«Ehi» dissi, nel caso mi stessero parlando davvero, poi mi resi conto che mi portavano fuori, all’aria fresca, attraverso l’uscita di sicurezza. Avevo bisogno del bagno, e a ogni passo mi pareva che le budella mi si contorcessero sempre di più. Avevo una sensazione orribile: il mio corpo sembrava diviso in due parti uguali, una parte tratteneva la piscia, l’altra tratteneva la birra non digerita, il whisky, le patatine, le arachidi tostate, la saliva, il moccio, la bile e uno o due bocconi di pesce con patate. Qualche anfratto malato del mio cervello si mise a pensare improvvisamente alle uova fritte belle unte adagiate su di un piatto, circondate da riccioli incavati di pancetta in mezzo a una pozza di grasso, col bordo del piatto incrostato di grumi coagulati. Lottai contro il bisogno impellente e agghiacciante che mi saliva dallo stomaco. Cercai di pensare a qualcosa di carino; poi, quando non mi venne in mente niente, decisi di concentrarmi su quello che succedeva intorno a me. Stavamo fuori dal Cauldhame Arms, e camminavamo sui marciapiede davanti alla banca, con Jamie che mi teneva da una parte e la ragazza dall’altra. Era una serata fredda e nuvolosa, accesa da luci al sodio. Ci lasciammo alle spalle l’odore del pub, e io cercai di farmi entrare in testa un po’ d’aria fresca. Ero consapevole del mio equilibrio instabile, e di tanto in tanto crollavo addosso a Jamie o alla ragazza, ma non potevo farci niente. Mi sentivo come uno di quei dinosauri preistorici, talmente grossi che avevano un cervello a parte per controllare le zampe posteriori. Mi sembrava di avere un cervello per ogni organo del corpo, solo che tutti questi cervelli avevano interrotto le relazioni diplomatiche. Barcollavo e inciampavo di continuo cercando di fare del mio meglio, fidando nella fortuna e nelle due persone che erano con me. A dire il vero, non è che avessi una gran fiducia in quei due, visto che Jamie era troppo basso per tenermi nel caso in cui avessi rischiato seriamente di cadere, e la ragazza era una ragazza. Forse troppo debole; e anche se così non fosse stato, di sicuro avrebbe lasciato che mi spaccassi il cranio sul marciapiede, perché alle donne piace vedere gli uomini in difficoltà.
«T’attacchi sempre addosso a ’sto modo, cioè così, insomma?» disse la ragazza.
«Così come?» disse Jamie, senza, pensai, la giusta dose di indignazione preventiva.
«Che ti metti sopra alle spalle.»
«Oh, no, è solo che così i concerti li vedo meglio.»
«Graziaddio. Mi credevo che pure al cesso c’andavi così.»
«E sì. Ci ficchiamo dentro a un cesso e Frank piscia nel vaso e io nella cassetta dello scarico.»
«Non sfottere!»
«Veramente!» disse Jamie con una voce distorta da una smorfia. Io cercavo di andare avanti come meglio potevo, e intanto mi sorbivo tutte quelle stronzate. Mi dava un certo fastidio quello che diceva Jamie a proposito di come andavo al cesso, anche se scherzava. Lo sa quanto sono sensibile riguardo a quella cosa. Soltanto una volta o due mi ha rinfacciato di non aver mai partecipato a un’attività molto interessante, quella di andare nel bagno dei maschi del Cauldhame (o di qualunque altro posto) ad attaccare le cicche di sigarette negli orinatoi con torrenti di piscio.
Ammetto di aver guardato Jamie che lo faceva e di averne ricevuta una certa impressione. Il Cauldhame Arms si presenta particolarmente adatto a quell’attività, avendo un unico lunghissimo orinatoio che si estende per tutta una parete e arriva alla metà di quella successiva, con un solo buco di scolo. Secondo Jamie lo scopo del gioco è quello di spingere una cicca inzuppata, da qualunque parte del canale si trovi, su e giù dal buco scoperto, cercando di separare gli strati del filtro quanto più è possibile. I punti si segnano dal numero di scanalature nella ceramica oltre le quali si riesce a mandare il mozzicone (con aggiunta di punti in caso il buco venisse centrato o il percorso venisse completato dall’estremità del canale fino al buco) oppure dal grado di distrazione che si riesce a causare — a ben vedere è molto difficile disintegrare il cilindretto scuro dalla parte bruciata — e, a fine serata, dal numero di cicche totalizzate.