Выбрать главу

Entrò nell’ufficio interno.

Posò sul divano cartella e dossier, e si stirò le braccia; poi si avvicinò alla finestra, come faceva sempre al suo arrivo. Era un’ampia finestra d’angolo, che spaziava a est e a nord su una vasta parte del panorama: vicino, sotto le pendici delle montagne, la curva del Willamette e i suoi numerosi ponti; sulle due rive del fiume, le innumerevoli torri della città, alte e lattiginose nella foschia primaverile; la periferia che si stendeva fino al limite del campo visivo, finché le sue ultime propaggini lasciavano il posto alle alture; e le montagne. Il Monte Hood, immenso, eppure ritirato, dalla vetta cinta di nubi; a settentrione il lontano Monte Adam, simile a un dente molare; e poi il puro cono del St. Helens, dalla cui china lunga e grigia, più a nord, come un bambino che fa capolino dalla gonna della madre, spuntava una piccola vetta spoglia: Monte Rainier.

Era una vista tonificante. E non mancava mai di tonificare il dottor Haber. Inoltre, dopo una settimana di pioggia costante, la pressione barometrica stava risalendo ed era riapparso il sole, al di sopra della foschia del fiume. Ben cosciente, dopo migliaia di letture EEG, dei rapporti tra pressione atmosferica e pesantezza mentale, Haber poteva quasi sentire la propria somatopsiche innalzarsi sulle ali di quel vento asciutto e luminoso. Bisogna che continui a innalzarsi, bisogna che il tempo migliori ancora, pensò, quasi clandestinamente. In quel momento, varie catene di pensieri si svolgevano o si formavano contemporaneamente nel suo cervello, ma il suo appunto mentale non faceva parte di nessuna di esse. Si era formulato improvvisamente, e si era subito archiviato nella sua memoria, mentre accendeva il dittafono e cominciava a dettare una delle molte lettere che erano l’inevitabile corollario della posizione di direttore di un istituto di ricerche finanziato dallo Stato. Era lavoro da passacarte, naturalmente, ma occorreva farlo, e occorreva che lo facesse lui. Non se ne lamentava, anche se le formalità burocratiche finivano col ridurre drasticamente il tempo che poteva dedicare alle ricerche. Ormai, in generale, poteva passare nel laboratorio soltanto cinque o sei ore alla settimana, e aveva in cura soltanto un paziente, anche se, ovviamente, aveva la supervisione della terapia di numerosi altri.

Un paziente, comunque, lo aveva. In fin dei conti era pur sempre uno psichiatra. Il motivo fondamentale che lo aveva portato alle ricerche sul sonno e all’onirologia era il desiderio di trovare applicazioni terapeutiche. La conoscenza in assoluto, la scienza di per se stessa, non gli interessavano: a che serve imparare qualcosa, se la cosa imparata non serve a qualcosa? L’utilità era la sua pietra di paragone. E aveva l’abitudine di tenere sempre un paziente in terapia, per ricordarsi questo impegno fondamentale, per tenersi in contatto con la realtà umana della propria ricerca: una realtà umana che consiste della personalità disturbata di singole persone. Le persone, infatti, sono l’unica cosa che conti. Una persona è definita soltanto dall’estensione della sua influenza su altre persone, dalla sfera delle sue relazioni interpersonali; la parola «moralità» è un termine assolutamente privo di senso, se non lo si definisce come il bene che una persona fa alle altre, l’adempimento della propria funzione nella totalità sociopolitica.

Il suo attuale paziente, Orr, doveva venire alle quattro del pomeriggio: avevano rinunciato alle sedute notturne; inoltre, come gli ricordò Miss Crouch all’ora di colazione, alla odierna seduta avrebbe presenziato anche un osservatore della Sanità, per assicurarsi che non ci fosse nulla di illegale, di immorale, di insicuro, di ingiusto, di ineccetera, nel funzionamento dell’Aumentore. Maledetti curiosoni governativi.

Erano i guai del successo, con il suo appannaggio di fama, curiosità del pubblico, gelosie professionali, rivalità dei colleghi. Se egli fosse stato ancora oggi un ricercatore privato, occupato soltanto nel laboratorio del sonno dell’Università e in un ufficetto alla buona della East Tower Willamette, nessuno avrebbe messo l’occhio sul suo Aumentore prima della sua decisione che fosse pronto per la produzione, ed egli avrebbe avuto piena libertà di mettere a punto nel modo più soddisfacente l’apparecchio e le sue applicazioni. Invece, ora, siccome egli stava svolgendo la parte più privata e delicata della sua attività — la psicoterapia di un paziente disturbato — il governo si sentiva in dovere di inviargli un avvocato impiccione, che probabilmente non avrebbe capito neppure la metà di ciò che vedeva e ne avrebbe capito in modo sbagliato l’altra metà.

L’avvocato arrivò alle 15 e 45, e Haber uscì a grandi passi dall’ufficio per accoglierlo — accoglierla, anzi, perché risultò essere una donna — e dare subito fin dall’inizio un’impressione calda e amichevole. In questo tipo di controlli era meglio mostrare di non avere paura, cooperare e trattarli in modo cordiale. Un mucchio di medici lasciano trasparire un certo risentimento, quando hanno in ufficio un ispettore della Sanità; questi medici ricevono poche assegnazioni di fondi dal governo.

Non era molto facile mostrare calore e cordialità con questa avvocatessa. Era una donna che scattava e schioccava, Una massiccia chiusura a scatto, di rame, sulla borsa; pesanti gioielli di rame e ottone che sbattevano; zatteroni ortopedici ai piedi; un grosso anello d’argento con un disegno di maschera africana, inverosimilmente brutto; sopracciglia aggrottate, voce secca: schiocchi, scatti, strappi… Dieci secondi dopo, Haber cominciò a sospettare che tutta la faccenda fosse effettivamente una maschera, come denunciava l’anello: un mucchio di chiasso e di ferocia per nascondere la timidezza. La cosa, tuttavia, non era assolutamente affar suo. Non avrebbe mai conosciuto la donna dietro la maschera, né essa aveva importanza: l’importante era riuscire a fare la giusta impressione su Miss Lelache l’avvocatessa.

Il contatto iniziale, pur non svolgendosi cordialmente, andò abbastanza bene; la donna era competente, aveva già svolto in passato lo stesso tipo di indagini, e si era preparata per questo lavoro. Sapeva cosa chiedere e come ascoltare.

— Questo paziente, George Orr — disse lei, — non è un intossicato, vero? La diagnosi, dopo tre settimane di terapia, è che sia psicotico oppure che sia soltanto disturbato?

— Disturbato, secondo la definizione dell’Ufficio Sanitario. Profondamente disturbato, e con orientamento verso una realtà artificiale; ma sta migliorando, grazie alla terapia attualmente seguita.

La donna aveva un registratore tascabile, e stava mettendo tutto su nastro; ogni cinque secondi, come prescritto dalla legge, l’apparecchio faceva tip.

— Potrebbe descrivere la terapia da lei impiegata, tip, e spiegare l’importanza del suo nuovo strumento? Non stia a spiegarmi come tip funziona, perché la cosa compare già nel rapporto; mi dica soltanto cosa fa. Tip per esempio, in che modo il suo uso è diverso da quello dell’Elektroson o della cuffia?

— Be’, questi strumenti, come lei sa, generano vari tipi di impulsi a bassa frequenza che stimolano cellule nervose della corteccia cerebrale. Questi segnali hanno la caratteristica di essere, come diciamo noi, generalizzati: ottengono il loro effetto sul cervello in un modo fondamentalmente simile a quello di una luce stroboscopica di una data frequenza, o di uno stimolo uditivo, come un suono ritmico di tamburo. L’Aumentore, invece, trasmette un segnale specifico, che può essere raccolto da un’area specifica. Ad esempio, come lei sa, si può addestrare un soggetto a produrre a volontà ritmi alfa; ma l’Aumentore può indurli senza addestramento, anche quando il paziente è in una condizione che non contribuirebbe normalmente a fargli produrre ritmi alfa. L’Aumentore, per mezzo di elettrodi opportunamente sistemati, trasmette un ritmo alfa a nove cicli, ed entro pochi secondi il cervello accoglierà quel ritmo e comincerà a produrre onde alfa con la regolarità di un buddista Zen in trance. In modo simile, e molto più utile, si può indurre nel paziente ogni altro stadio del sonno, con i suoi cicli tipici e le sue attività locali.