— Vero. Eri spaventosamente magra, la prima volta che ti ho vista. Nel tuo ufficio.
— E tu? Eri pelle e ossa. Solo che lo erano tutti, e uno non ci badava. Adesso invece hai un aspetto abbastanza decente, salvo il bisogno di dormile.
Lui non rispose.
— Tutta la gente ha un aspetto molto migliore, se solo ci pensi. Senti. Se non puoi proprio farne a meno, e se quel che fai serve un poco a migliorare il mondo, allora non dovresti sentirti colpevole. Magari i tuoi sogni sono soltanto una nuova forma di evoluzione, qualcosa di simile. La linea vittoriosa. Sopravvivenza del più adatto eccetera.
— Oh, molto peggio — rispose lui, con lo stesso tono triste di prima; andò a sedere sulla branda. — Non ricordi… — continuò, incespicando sulle parole, — non ricordi niente dell’aprile del ’98… quattro anni fa?
— Aprile? No, niente di particolare.
— È la data della fine del mondo — disse Orr. Uno spasmo muscolare gli torse la bocca; trangugiò come se soffocasse. — Nessun altro lo ricorda.
— Cosa vuoi dire? — chiese lei, spaventata in modo oscuro. Aprile, pensò; aprile 1998; ricordo l’aprile del 1998? Le pareva di no, ma sapeva anche che avrebbe dovuto ricordarlo; ed era spaventata… da lui? con lui? per lui?
— Non si tratta di evoluzione. È soltanto autoconservazione. Io non posso… Be’, era molto peggio. Peggio di quello che ricordi. Era un mondo uguale a quello che ricordi, con una popolazione di sette miliardi, solo che… era peggio. Soltanto alcuni Paesi europei avevano cominciato abbastanza in tempo a razionare i beni, a limitare l’inquinamento e a controllare le nascite, negli anni ’70. e così, quando noi cercammo di controllare la produzione del cibo, era troppo tardi, non ce n’era abbastanza, la Mafia controllava il mercato nero, tutti dovevano ricorrere al mercato nero per trovare qualcosa da mangiare, e un mucchio di gente non trovava nulla. Nel 1984 riscrissero la Costituzione, come ricordi anche tu, ma ormai le cose stavano talmente male che il risultato fu molto peggio, l’America non fingeva neppure più di essere una democrazìa, era una specie di stato poliziesco; ma non funzionò neppure quello, crollò subito. Quando avevo quindici anni, le scuole vennero chiuse. Non ci fu la Peste, ma ci furono grandi epidemie, una dopo l’altra: dissenteria, epatite, colera. E la gente moriva soprattutto di fame. E poi nel ’93 cominciò la guerra in Medio Oriente, con una differenza. Era Israele contro gli arabi e l’Egitto. Tutte le grandi nazioni vi presero parte. Uno degli Stati africani si alleò agli arabi, e gettò bombe atomiche su due città israeliane, e così noi li aiutammo a restituire il colpo, e… — Tacque per qualche istante: poi continuò, senza evidentemente accorgersi di avere interrotto il racconto. — Io cercavo di uscire dalla città. Volevo raggiungere Forest Park. Avevo la nausea, non riuscivo a camminare e mi sedetti sui gradini di una casa, ai piedi delle colline occidentali; le case erano bruciate tutte, ma i gradini erano di cemento, ricordo che c’erano alcuni denti di leone fioriti, in una spaccatura del cemento. Ero lì seduto e non potevo alzarmi, non ne avevo la forza. Continuavo a pensare che ero in piedi e camminavo, uscivo dalla città, ma era soltanto il delirio: quando ripresi i sensi, vidi di nuovo i denti di leone, e capii che stavo per morire. E che tutto il resto stava per morire. E allora feci il… feci quel sogno. — La sua voce era diventata roca; ora si spezzò.
— Sognai che stavo bene — infine disse. — Sognai di essere a casa. Mi svegliai e stavo bene. Ero a casa, nel letto. Solo, non era una casa che conoscessi, l’altra volta, la prima volta. La volta brutta. Oh, Dio!, preferirei non ricordare. E spesso non ricordo. Non posso. Da allora mi sono sempre detto che era un sogno. Che quello era un sogno! Ma non lo era. Questo è un sogno. Questo mondo non è reale. Non è neppure probabile. Quell’altro era vero. Era ciò che è successo. Siamo morti tutti, e abbiamo rovinato il mondo prima di morire. Non resta nulla. Soltanto i sogni.
Lei gli credeva, e negava ferocemente di credergli. — E allora? Forse sono le uniche cose reali! E poi, qualunque sia la cosa che è successa, è giusto che lo sia. Non crederai di poter fare qualcosa che non dovresti fare, no? Chi ti credi di essere? Non c’è niente che non abbia il suo posto, non succede niente che non debba succedere. Mai! Che importanza ha il fatto che tu la chiami realtà o sogno? Sono tutt’uno… no?
— Non so — rispose Orr con estrema sofferenza; e lei gli si avvicinò e lo strinse come avrebbe fatto con un bambino ferito, o con un agonizzante.
La testa sulla sua spalla era pesante, la mano sul suo ginocchio era rilassata.
— Ti sei addormentato — gli disse. Lui non lo negò. Dovette scuoterlo per farglielo negare. — No, sono sveglio — disse, trasalendo e raddrizzandosi. — No. — E cadde in avanti.
— George! — Era vero: l’uso del nome faceva effetto. Aprì gli occhi quel tanto che bastava per fissarla. — Rimani sveglio; rimani sveglio ancora un poco. Voglio provare con l’ipnosi. Così potrai dormire. — Avrebbe voluto chiedergli cosa desiderava sognare, cosa doveva imprimergli ipnoticamente nei riguardi di Haber, ma ormai era troppo assonnato. — Su, siediti sulla branda. Fissa… fissa la fiamma della lampada; dovrebbe bastare. Ma non addormentarti. — Portò sulla tavola la lampada a petrolio, tra i gusci d’uovo e i rimasugli. — Basta che tu la guardi fisso, e che non ti addormenti! Ti rilasserai e ti sentirai comodo, ma non ti addormenterai finché non ti dirò: «Dormi». Tutto qui. Adesso sei rilassato e comodo… — Con la sensazione di recitare una commedia, continuò a ripetere le istruzioni dell’ipnotizzatore. Orr cadde quasi immediatamente nella trance. Lei non riusciva a crederlo, e fece alcune prove. — Non riesci ad alzare la mano sinistra — disse. — Provi, ma è troppo pesante, non si alza… Adesso è di nuovo leggera, puoi alzarla. Così… bene. Tra un minuto ti addormenterai. Farai dei sogni, ma saranno soltanto dei sogni normali e ordinari, come quelli che fanno tutti, non saranno dei sogni speciali… dei sogni efficaci. Eccetto che uno. Tu farai un singolo sogno efficace. In esso… — Si arrestò. D’improvviso aveva provato paura; un sudore freddo s’era impadronito di lei. Cosa stava facendo? Non si trattava di un gioco o di uno scherzo; non era una cosa da maneggiare senza riflettere. Orr era in suo potere; e la forza di Orr era incalcolabile. Che tremenda responsabilità si era presa sulle spalle?
Una persona che credeva, come lei, che le cose avessero una certa armonia; che ci fosse una totalità di cui si era parte; e che nell’essere parte si era completi; una persona come questa non prova alcun desiderio, mai. di giocare a fare il demiurgo. Soltanto coloro che rifiutano la propria essenza sono attirati da questo gioco.
Ma era costretta a interpretare quel ruolo, e ormai non poteva uscirne. — In questo singolo sogno, tu sognerai che… che il dottor Haber è una persona benevola, che non intende farti del male e che sarà onesto con te. — Non sapeva cosa dire, come dirlo; sapeva che ogni cosa da lei detta poteva andare a rovescio. — E sognerai che gli Alieni non sono più sulla luna — si affrettò ad aggiungere; poteva togliersi dalle spalle quel peso, almeno. — E domattina ti sveglierai riposato, e tutto sarà a posto. Ora, dormi.
Oh, cacca!, si era dimenticata di dirgli di sdraiarsi.