E certe cose si ripetevano più rapidamente, altre invece a lunga scadenza. Non si poteva mai affermare con certezza: Bene, se questo succede ai Geezenstack, entro ventiquattr’ore succederà a noi. Qualche volta non passava neppure un’ora. Qualche volta una settimana intera.
— Oggi mamma e papà Geezenstack hanno litigato. — E Sam aveva cercato in tutti i modi di evitare quella lite con Edith, ma non cera riuscito. Era rincasato tardi, ma non per colpa sua. Era accaduto spesso in passato, ma questa volta Edith non aveva inteso ragioni. Lui le aveva risposto con calma, con pazienza, cercando di placarla, e alla fine aveva perso le staffe anche lui.
— Zio Geezenstack sta per partire. Va da certi amici. — La settimana seguente Richard, che da parecchi anni non lasciava la città, decise all’improvviso di partire per New York.
— Vado da Pete e Amy. Ho ricevuto una lettera, in cui mi chiedono di…
— Quando? — chiese Sam quasi bruscamente. — Quando hai ricevuto la lettera?
— Ieri.
— Sicché la settimana scorsa tu non… Sembra una domanda sciocca, Dick, ma tu la settimana scorsa pensavi di andare in qualche posto? Non hai detto per caso a qualcuno che avresti potuto andare a trovare degli amici?
— Dio mio, no. Sono mesi che non penso a Pete e ad Amy, finché ieri non ho ricevuto la loro lettera. Vogliono che, rimanga con loro una settimana.
— Tornerai fra tre giorni, probabilmente — aveva detto Sam. Non volle spiegarsi meglio, neppure quando tre giorni dopo Richard fu di ritorno. L’avrebbero preso per scemo se avesse detto che sapeva esattamente quanto tempo Richard sarebbe rimasto lontano solo in conseguenza del fatto che zio Geezenstack era stato via per tre giorni.
Sam Walters cominciò a sorvegliare la figlia. Era lei, naturalmente, che faceva fare ai Geezenstack quel che facevano. Era possibile che Aubrey avesse qualche potere soprannaturale che le permetteva di prevedere inconsciamente ciò che stava per accadere alla famiglia Walters e a Richard?
Naturalmente, lui non credeva nella chiaroveggenza. Ma Aubrey era chiaroveggente?
— La signora Geezenstack va a fare spese oggi. Vuole comprarsi un nuovo soprabito.
Questa volta sembrò quasi una mossa organizzata. Edith aveva sorriso ad Aubrey e poi aveva guardato Sam. — Questo mi ricorda, Sam, che domani dovrò andare in centro e che c’è una liquidazione da…
— Ma, Edith, questi sono tempi difficili, c’è la recessione. E tu non hai affatto bisogno di un soprabito.
Aveva discusso così a lungo e così accanitamente che arrivò tardi in ufficio. Fu una discussione difficile perché in realtà lui poteva benissimo permettersi quella spesa ed Edith non si comperava un soprabito da due anni. Ma Sam non poteva spiegare che la vera ragione per cui non voleva che Edith comperasse il soprabito era che la signora Geezenstack… No, era una cosa troppo idiota, non poteva ammetterla neppure con se stesso.
Edith ebbe il soprabito.
Strano, pensava Sam, che nessun altro notasse quelle coincidenze. Ma Richard non era sempre con loro, ed Edith… be’, Edith aveva il dono di ascoltare le chiacchiere di Aubrey con un orecchio solo, spesso nemmeno con quello.
— Oggi Aubrey Geezenstack ha portato a casa la pagella, papà. Ha preso nove in aritmetica e otto in dettato e in disegno…
Due giorni dopo Sam telefonò al direttore della scuola. Chiamò da una cabina pubblica, naturalmente, perché nessuno sentisse. — Signor Bradley, vorrei chiedervi una cosa. Lo faccio per un… ehm… per un motivo abbastanza strano, ma importante. È possibile che un alunno della vostra scuola sappia in anticipo e con esattezza i voti…
No, non era possibile. Gli insegnanti stessi li ignoravano, finché non calcolavano le medie, il che avveniva il mattino stesso in cui si compilavano e mandavano a casa le pagelle. Sì, ieri mattina esattamente, mentre i ragazzi facevano ricreazione.
— Sam — disse Richard — hai l’aria preoccupata. Il lavoro, forse? Guarda che le cose continuano a migliorare, e in ogni caso non hai proprio nulla da temere con la tua società.
— Non è questo, Dick. È che… voglio dire, non c’è nulla che mi preoccupi. Non esattamente. Insomma il fatto è che… — E per sfuggire all’interrogatorio aveva dovuto inventare uno o due problemi di cui discutere con Richard.
Pensava ai Geezenstack continuamente. Troppo. Se solo fosse stato una persona credula o superstiziosa, non sarebbe stato così grave. Ma non lo era. Ecco perché ogni coincidenza lo colpiva più duramente della precedente.
Edith e suo fratello notarono la cosa e ne discussero mentre Sam non era in casa.
— È da qualche tempo che lo trovo un po’ strano, Dick. Sono… sono un po’ preoccupata, ti confesso. Lo trovo così… Bisognerebbe convincerlo a farsi visitare da un medico o da uno…
— Uno psichiatra? Sì, potrebbe servire forse. Ma lui non accetterà mai. Ha qualcosa che lo rode, e io ho tentato di farlo parlare, ma non vuole confidarsi. Ti dirò, ho l’impressione che ci siano di mezzo quelle maledette bambole.
— Le bambole? Le bambole di Aubrey, vuoi dire? Quelle che le hai regalato tu?
— Sì, la famiglia Geezenstack. Si mette a sedere davanti alla loro casetta, e sta lì a guardarla con gli occhi fuori dalla testa. L’ho sentito che faceva alla bambina delle domande su di loro, e parlava sul serio. Può darsi che soffra di allucinazioni o di qualcosa del genere collegato con le bambole. O che ha origine dalle bambole.
— Ma, Dick è… è una cosa spaventosa!
— Stammi a sentire, Edith. Aubrey non è più matta per quelle bambole come all’inizio, e… Non c’è una cosa che le stia molto a cuore?
— Le lezioni di ballo. Ma sta studiando violino e non mi sembra il caso di…
— E se tu le permettessi le lezioni di ballo, credi che accetterebbe di rinunciare alle bambole? Sono sicuro che è meglio togliercele definitivamente di torno; e d’altra parte non è il caso di dare un dispiacere ad Aubrey, così…
— Giusto… ma ad Aubrey cosa diciamo?
— Dille che io conosco una famiglia poverissima, con tante bambine che non hanno neppure una bambola. E vedrai che sarà d’accordo, se tieni duro.
— Ma, Dick, cosa racconteremo a Sam? Bisognerà trovare una scusa migliore, per lui.
— Digli, mentre Aubrey non sente, che sta diventando troppo grande per giocare con le bambole, e che… digli che ha per loro un interesse morboso e che il medico consiglia… Qualcosa del genere, insomma.
Aubrey non fu entusiasta dell’idea. Non era più affezionata alle bambole come all’inizio, ma non avrebbe potuto seguire le lezioni di ballo e tenersi anche le bambole?
— Ma non hai tempo per tutto, cara. E ci sono quelle povere bambine che non hanno neppure una bambola per giocare, e che fanno tanta pena.
Ed Aubrey cedette, finalmente. La scuola di danza si sarebbe aperta soltanto dopo dieci giorni, e lei avrebbe tenuto le bambole fino all’inizio delle lezioni. Naturalmente si discusse, ma fu inutile.
— Non importa, Edith — la rassicurò Richard. — Dieci giorni di proroga sono meglio di un no, e poi, se lei non rinuncia di sua volontà, ne nasce un putiferio e Sam scoprirebbe tutto. Non gli hai detto niente, spero?
— No. Ma forse si sentirebbe meglio se sapesse che quelle stanno per…
— No, non credo. Noi non sappiamo con esattezza che cosa lo affascini o lo disgusti in quei pupazzi. Glielo diremo a cose fatte. Aubrey le ha già date via, gli diremo. Altrimenti potrebbe essere lui ad opporsi, a volerle tenere a tutti i costi. Una volta che non ci siano più, non potrà far niente.
— Hai ragione, Dick. Ed Aubrey non gli dirà nulla. Le ho spiegato che le lezioni di ballo devono essere una sorpresa per papà, e lei non può raccontargli quello che sta per succedere alle bambole senza dirgli l’altra parte del contratto.