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Darndreth indietreggiò con un grido d’allarme, quasi infilzandosi su una mezza dozzina di spade.

«Chi…?»

«Nessuno d’importante», rispose con calma la donna che si trovava all’esterno, gli occhi grandi e scuri al chiarore della daga e della spada-frusta che teneva in pugno. «Soltanto qualcuno che si stava annoiando a Candlekeep e che ha usato una pietra per evocare immagini per vedere cosa stesse succedendo a Marsember… non che abbia scoperto qualcosa di sorprendente.»

«Fatti indietro!» ingiunse un nobile.

«Fatti da parte o ti uccideremo!» aggiunse il più giovane dei Goldsword, in tono ringhiante.

La dama spinse di lato la sua spada con la propria, e quel contatto intorpidì il braccio del nobile, come se avesse toccato un fulmine.

«Ci potete provare», commentò in tono cordiale.

«Chi sei?»

«Lady Nouméa Cardellith di Sembia», rispose lei, mentre parava un furioso attacco. «Restate dentro, traditori, e affrontate la giustizia!»

«Giustizia! Non sei neppure di Cormyr!» ansimò furiosamente un nobile, cercando di oltrepassare Darndreth con la spada per trafiggere la donna.

«Non importa. Ogni volta che è possibile, sono dalla parte della pace e dell’onestà… massacrare i membri di un casato regnante getta sempre una nazione nella guerra, nella sofferenza e nell’illegalità, e i mostri e le cabale oscure si fanno subito avanti per approfittarne… avete dimenticato così in fretta cosa è successo in Tethyr?»

«Hah! Non puoi tenere testa a tutti noi… tu, una donna sola!»

«Non ne ho bisogno», ansimò Nouméa, mentre una spada spingeva da parte la sua e altre due la trafiggevano. «Devo soltanto trattenervi finché…»

Glarasteer Rhauligan investì il capannello di nobili alle spalle come una tempesta letale, accompagnato da altri quattro Sommi Cavalieri… e soltanto cinque di quei cospiratori ebbero il tempo di cominciare a supplicare, anche se i loro frenetici tentativi di fare accordi non ricevettero risposta.

* * *

Gentilmente, Vangerdahast allargò le braccia di Myrmeen e la costrinse a spostarsi.

«Signora», disse, «il nostro tempo insieme è finito. Stanno arrivando».

Nel parlare, accennò all’ampia distesa di terreno ora sgombro, dove Joysil aveva abbattuto così tanti alberi, e la Signora di Arabel si trovò a sollevare lo sguardo verso un cielo pieno di draghi.

Il drago del canto scese in picchiata con un agitarsi di ali e venne ad atterrare davanti alla finestra infranta, gli altri draghi che volavano in cerchio sopra di lei.

«Mago», affermò Joysil, «siamo scesi in guerra… e abbiamo posto fine alla minaccia che i Maghi Rossi e i nobili traditori costituivano per Cormyr».

«In cambio», replicò l’ex-Mago Reale, una rete di fuochi verde e argento che diventava visibile per un istante, inducendo più di un drago a ritrarsi con un sibilo, «guarda dentro di me e verifica la verità delle mie parole: ho legato gli incantesimi per vincolare i draghi alla mia vita. Se perirò, essi scompariranno con me».

«E allora?»

«Allora sono pronto», ribatté Vangerdahast, in tono rude, servendosi di una sedia per salire sul piano di lavoro della cucina, da dove uscì su quello che fino a poco tempo prima era stato il suo giardino, circondato da una gradevole radura. «Puoi anche uccidermi.»

Dietro di lui, Myrmeen serrò lo schienale di una sedia con tanta forza da far scricchiolare il legno, e lacrime silenziose le solcarono il volto mentre guardava Vangerdahast andare incontro alla morte.

Un drago dalle scaglie color ametista scese in picchiata, le fauci aperte per alitare il proprio gas incandescente su quel singolo uomo, ma Joysil protese un’ala a proteggere l’ex-Mago Reale.

«Fermati!» gridò.

Vangerdahast rimase assolutamente immobile sotto l’ala immensa, mentre i draghi scendevano a terra uno dopo l’altro, formando un grande cerchio intorno a Joysil.

«Abbiamo combattuto bene insieme», affermò lei, con voce che era un tuono gentile, «ma quest’umano ha posto fine alla minaccia che volevano distruggere, e non c’è bisogno che muoia. Vi offro il mio tesoro, da dividere fra voi, se adesso vi disperderete e non tornerete mai più a far del male a Vangerdahast».

Già una volta, in passato, Myrmeen aveva sentito il rombo prodotto da un drago che stava riflettendo, ma lo stesso suono generato da una dozzina di gole possenti fece addirittura tremare il campo. Alla fine, Aegyl Dreadclaw annuì lentamente.

«Il combattimento è stato… soddisfacente», ringhiò. «Sì, sono contento.»

Questo indusse gli altri ad annuire a loro volta, tutti in rapida successione.

«Cercate la guglia della fortezza in rovina in cima al Picco dell’Artiglio e infrangetela», disse a tutti loro il drago del canto. «All’interno, c’è una caverna piena di gemme parlanti.»

«Gemme parlanti!» ripeterono con entusiasmo numerosi draghi… poi si affrettarono tutti a levarsi in volo.

«Cosa sono le gemme parlanti?» chiese Vangerdahast, osservando gli altri draghi che rimpicciolivano fino a diventare minuscoli punti neri fra le nubi lontane.

«Oggetti magici, mago», sbuffò Joysil, «ma nulla con cui tu dovresti armeggiare. Ne ho ricevute circa quattromila dalla Chiesa di Shar, anni fa… quando vedevo il mondo in maniera alquanto differente». Gli occhi turchesi fissarono il mago per un momento ancora, prima che lei aggiungesse: «Cos’è che mi vuoi chiedere, realmente?».

«La mia vita», sospirò Vangerdahast. «Perché l’hai risparmiata?»

«Sono andata a conferire con il drago più vecchio e saggio della mia razza, che mi ha accompagnata da qualcuno che tu conosci fin troppo bene: Elminster di Shadowdale. Lui ha suggerito una soluzione.»

«Avrei dovuto saperlo», sospirò a sua volta Vangerdahast. «E di cosa si tratta?»

Notando qualcosa con la coda dell’occhio, Myrmeen lanciò un grido d’allarme e si girò di scatto, allungando la mano verso la spada… che le venne cortesemente porta dal Vecchio Mago in persona, che si stava alzando dalla poltrona preferita di Vangerdahast, vuota fino a un attimo prima.

«Vecchio amico», disse Elminster, rivolto all’ex-Mago Reale, oltrepassando Myrmeen, «perché non usi i tuoi incantesimi per vincolare te stesso come custode del regno? Diventa un drago. Noi Prescelti possiamo aiutarti a tal fine con incantesimi in grado di trasformarti, di prolungare la tua vita e di potenziare le tue forze».

«Un solo drago a difendere il regno?» obiettò Vangerdahast, accigliandosi. «Neppure il Drago Diabolico ha potuto tenere testa a…»

«No, non uno», lo interruppe Joysil. «Ho cercato a lungo uno scopo per continuare a vivere, e credo di averlo trovato. Sono disposta a unirmi a te nella stasi, come tua consorte.»

Vangerdahast la fissò a bocca aperta, poi si girò con estrema lentezza a guardare la donna in lacrime che si trovava nella cucina distrutta del suo rifugio.

«No», sussurrò Myrmeen, pallida in volto. «No, non posso rinunciare alla mia natura umana. Io… io… Vangey, perdonami!»

«Non c’è nulla da perdonare, ragazza», replicarono all’unisono i due vecchi maghi, poi s’interruppero scambiandosi un sorriso carico di disagio.

Accecata dalle lacrime, Myrmeen cercò a tentoni il braccio di Elminster, e quando lui gliel’offrì si aggrappò a esso, ergendosi a fatica sulla persona e lottando per controllare il pianto.

«Tuttavia», riuscì infine a dire, fra i singhiozzi, «sarei estremamente felice e orgogliosa di generare e allevare il tuo erede, Lord Vangerdahast, perché venga addestrato come mago, fedele a Cormyr».

«Per il sorriso di Mystra, sei più svelto di me, Vangey», commentò Elminster, inarcando un sopracciglio.

Dall’altra parte della distesa di erba calpestata, Vangerdahast rispose con un gesto rude quanto antico.

* * *

Una figura malconcia e coperta di sangue si sollevò da un mucchio di cadaveri, in mezzo alle rovine devastate del Palazzo Thundaeryl, spinse da parte alcune schegge della balconata, carbonizzate e ancora fumanti, e avanzò zoppicando sul pavimento cosparso di macerie, una spada piegata e scheggiata stretta in pugno.