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Era stato un movimento di uno di quei bastoni a spingere indietro una densa cortina di nebbia in modo da rivelare alla vista quegli uomini… e donne, come Narnra constatò a una seconda occhiata… e adesso essi stavano avanzando con aria decisa, tenendosi uniti a formare una banda minacciosa.

Alle proprie spalle, la ragazza sentì altre risate, nuovi sciacquii… poi un grido d’allarme.

A bordo di una chiatta echeggiò un improvviso clangore di metallo, il suono di lame incrociate con ira, poi nell’aria echeggiò un grido improvviso:

«Siamo traditi! I Maghi della Guerra sono qui!»

Quel grido si spense in un orribile, umido gorgoglio, seguito da un nuovo clangore di spade e da un urlo.

Uno degli uomini che stavano avanzando lungo il molo in direzione di Narnra stava tenendo la testa inclinata da un lato, come se fosse stato intento ad ascoltare qualcuno che non era lì, e mentre camminava stava borbottando un flusso costante di ordini.

«Horngentle, Lord Blackwater è stato visto qui: arrestalo. Thoaburr: uno di noi, il novizio Beltrar Morgrin… sì, è un Mago della Guerra, quindi tutti gli altri ne stiano alla larga… ha tradito ed è ancora giù nelle cantine… non deve vivere abbastanza a lungo da vedere l’alba, ma va eliminato senza chiasso. Constai? A quanto pare, la Regale Lady Mistwind ha scelto questa sede per la sua caccia all’uomo notturna. Spaventala a dovere, ma lascia che se ne vada libera. Bereldyn, ho bisogno che rintracci quel mago che qualcuno ha visto arrivare… si fa chiamare Khornandar di Westgate, ma Laspeera ritiene che possa essere un mago molto più potente che si fa passare per un ambizioso principiante a corto di incantesimi. Lui è…»

Quel gruppo di uomini dall’aspetto cupo e deciso era ormai solo a pochi passi di distanza, e Narnra constatò con sgomento che sembravano essere Arpisti, anzi, lo erano, visto che uno di essi portava una piccola spilla a forma d’arpa d’argento appuntata vicino alla gola e che un altro ne sfoggiava una identica su una benda che gli copriva un occhio; per di più, lei si trovava proprio sulla loro strada ed era quindi impossibile che non l’avessero notata, anche se nessuno l’aveva ancora presa di mira con una balestra o aveva sollevato la spada per minacciarla.

L’Ombra di Seta si costrinse a rimanere immobile, perché a quel punto voltarsi e darsi alla fuga sarebbe probabilmente servito soltanto a procurarle una rapida morte sotto forma di una raffica di quadrelle di balestra.

«Pare che i Cormaeril siano tutti presenti», annunciò, con voce calma. «Attenti anche a Mathanter di Sembia.»

In realtà non avrebbe saputo riconoscere un Cormaeril neppure se ci fosse andata a sbattere contro e non aveva mai visto o sentito nominare quel Mathanter prima di quella notte, ma l’aveva colpita per il fatto che aveva portato con sé una scorta di oltre una dozzina di guardie del corpo in armatura completa.

L’Arpista più vicino le scoccò un’occhiata penetrante.

«Armeld?» chiamò, senza voltare la testa o distogliere lo sguardo da lei.

L’uomo impegnato a impartire ordini volse appena lo sguardo per esaminare la ragazza mascherata mentre la oltrepassava… adesso le stavano scorrendo tutt’intorno, su entrambi i lati, con la sola eccezione di quell’unico Arpista che era fermo davanti a lei… e replicò:

«Mai vista prima. Non è dei tuoi?».

«Ricorda», stava dicendo un uomo dall’aria seriosa e dalle vesti nere, rivolto a un anziano individuo che impugnava due bastoni magici, mentre entrambi passavano accanto a Narnra, sul lato opposto, «alcuni sono da arrestare, altri da eliminare nel modo più discreto possibile, e altri ancora vanno soltanto spaventati… quindi per favore non incenerire tutti quelli che vedi. Almeno per questa volta, controllati. Fallo per favore».

«No», replicò intanto l’Arpista, scuotendo il capo e sollevando la spada fino a quando la sua punta nera si venne a trovare appena sotto il seno di Narnra, che deglutì a fatica e si sforzò di non guardare verso di essa.

«Non sono un membro di questa “Legittima Cospirazione”», dichiarò, con fare quasi severo. «Io aborro le cospirazioni», continuò cercando di imitare il tono che aveva sentito usare una volta a una vecchia matriarca di nobile lignaggio impegnata a dare una strigliata a un capitano della Guardia, un insieme di imperiosità e di disgusto, uniti a un pizzico di commiserazione.

«Caladnei?» domandò a bassa voce l’Arpista, mentre un bagliore gli attraversava fugace lo sguardo.

«No», ribatté Narnra, sempre con lo stesso tono, non sapendo che altro dire. «Non sono lei.»

«Questo è un bene», commentò una voce asciutta, proveniente da un punto alle spalle dell’Arpista, «dato che l’ultima volta che mi sono guardata in uno specchio ne ho derivato l’assoluta certezza di essere io Caladnei».

Poi un volto bruno illuminato da un accenno di sorriso apparve sopra la spalla dell’Arpista e due occhi scuri esaminarono freddamente Narnra da sotto sopracciglia nerissime. «Allora… possiedi un nome che puoi definire tuo… Incappucciata?»

Un formicolio di magia si riversò su Narnra prima ancora che Caladnei avesse finito di parlare, e senza neppure soffermarsi a riflettere la ladra di Waterdeep si incurvò in avanti con aria tesa, quasi stesse affrontando un combattimento.

«Io sono la Maga Reale di Cormyr», continuò con gentilezza la donna alle spalle dell’Arpista, «e quello era un incantesimo della verità… nulla di più. Qui la mia parola è legge… ed è un crimine essere evasivi con me oppure oppormi un rifiuto, quindi ti prego di darmi una risposta esauriente».

Tremando, Narnra adocchiò la lama impugnata con decisione dall’Arpista e prese nota dell’espressione determinata dello sguardo di Caladnei, poi La Maga Reale si spostò da un lato e segnalò a Narnra di continuare a guardarla, in modo da costringerla a distogliere lo sguardo dall’Arpista che la stava minacciando.

Sospirando, Narnra si erse sulla persona e si girò per fare quello che le era stato chiesto. La Maga Reale era vestita di cuoio e calzata di stivali come un guerriero, con i lunghi capelli neri legati sulla nuca con un nastro; la sua cintura era carica di un assortimento di sacche e di daghe e lei non sfoggiava nessuno stemma né portava indosso gioielli.

«Guardami», ripeté in tono sempre gentile.

Comprendendo quale fosse il suo intento, Narnra incontrò il suo sguardo con il proprio e si trovò intrappolata a fissare due fiamme oscure.

Un urlo fendette l’aria, seguito da un pesante rumore di stivali in corsa e da un altro sciacquio, ma nessuno dei tre fermi a quell’estremità del molo prestò alla cosa la minima attenzione.

«Ti ho fatto una domanda. Forniscimi il tuo nome completo.»

«Io… io mi chiamo Narnra. Narnra Shalace, di Waterdeep.»

«Stai cospirando contro la Corona di Cormyr?»

«Signora, non so neppure chi porti la Corona di Cormyr… e finché non me lo hai detto tu, non ero neppure certa di trovarmi in Cormyr.

Io… io non ero mai stata nella tua terra, prima di stanotte.»

«Allora com’è che ti sei venuta a trovare su quest’isola?»

Narnra sospirò.

«Ecco, c’era un mago…» cominciò, poi esitò, non sapendo quale fosse il modo migliore per spiegare l’accaduto, perché a Waterdeep ammettere apertamente di essere un ladro significava essere puniti indipendentemente da quello che si aveva o non si aveva fatto.

In quel momento, l’Arpista fermo accanto a lei emise uno strano grugnito e andò improvvisamente a sbattere contro una lontana colonna, il corpo avvolto dalle fiamme, mentre Caladnei barcollava e si serrava il capo come se qualcuno le avesse urlato negli orecchi, e le pietre del molo sotto gli stivali di Narnra sussultarono e si sollevarono, quasi che una massa gigantesca stesse nuotando sotto di esse. La ragazza vide le pietre schizzare in alto e ricadere lungo tutto il molo, poi si girò di scatto e si allontanò di corsa dai due che la stavano interrogando, prima che il soffitto che la sovrastava si crepasse, che una colonna crollasse molto più avanti e che il ponte di collegamento con l’isola successiva, affollato di uomini che urlavano e che si spintonavano, s’infrangesse in una dozzina di punti, sprofondando nelle acque del porto con uno schianto che fece riversare sul molo un muro di acqua fetida. Lanciandosi verso una colonna, Narnra si aggrappò saldamente a essa per evitare di essere spazzata via.