«Idiota di un nobile», sibilò il Mago Rosso, il volto sudato e pallido quanto un teschio. «Sai a quale rischio stai esponendo la bella Cormyr con quest’azione avventata? O a quale sorte terribile stai condannando te stesso?»
L’alto uomo sfregiato che impugnava il grosso stocco sorrise.
«Sì», rispose con la massima gentilezza.
Intanto, il Mago Rosso riuscì finalmente a completare l’intricata serie di gesti che stava eseguendo di nascosto, dietro la schiena.
«Sssardamar!» esclamò in tono di trionfo, e si allontanò con una torsione dall’affilata punta della spada, gridando: «Muori, stolto. Osare di minacciare in questo modo un mago di Thay! Razza di cane contadino!».
La magia divampò con un ruggito intorno all’uomo che si faceva chiamare Khornandar, avide fiamme si protesero verso il nobile dai capelli corvini.
Questi però non ebbe la compiacenza di urlare, di carbonizzarsi e di ‘ morire; invece, perse spada, capelli corvini e volto rasato per pararsi sorridente in mezzo alle fiamme nei panni di un uomo in vecchie vesti sporche, con la barba bianca e un naso aquilino sovrastato da sopracciglia cespugliose… e con un fuoco ancora più intenso fra le mani.
«Ah, pare proprio che di questi tempi gli stolti osino proprio qualsiasi cosa, vero?» chiese in tono allegro. «Adesso mi riconosci, Thauvas Zlorn? In Thay, in mezzo a tutte le vanterie e all’allegro contare gatti non ancora messi nel sacco, mentre si trama di continuo per acquisire il dominio di Toril, menzionate ancora, di tanto in tanto, il nome di Elminster, anche solo per mettere in guardia i giovani maghi dai pericoli del mondo?»
Con il sangue che gli colava dalla gola, Zlorn venne sollevato in aria da una magia capace di annullare la sua come se fosse stata un semplice trucco da illusionista, e venne tenuto sospeso nel vuoto. Deglutendo a fatica, il Mago Rosso riuscì nell’impresa pressoché impossibile di impallidire ulteriormente, e svenne.
«Mystra mia», mormorò Elminster, in tono disgustato, «di questi tempi lasciano uscire proprio di tutto da Thay, non trovi?».
In fondo alla scala regnava il buio, in quanto le sole fonti di luce erano le lanterne e le torce che si muovevano avanti e indietro in mano a gruppi di individui dall’aria cupa intenti a perquisire le cantine, tutti uomini e donne umani che erano dotati di spade, balestre e spille d’argento a forma d’arpa o che brandivano bastoni magici ed esibivano l’espressione vacua di persone che stessero ascoltando una conversazione in corso nella loro mente e udibile soltanto per loro.
Narnra esitò, inizialmente incerta sulla direzione da prendere. Sapeva approssimativamente da quale parte si trovava l’arcata che le serviva, ma senza il mago essa era chiusa, e con ogni probabilità non sarebbe neppure riuscita a individuarne la posizione esatta. Inoltre, considerati tutti i cadaveri e il sangue versato che c’erano là sotto, sarebbe stato davvero orribile se gli altri se ne fossero andati tutti e l’avessero lasciata a cercare a tentoni la via d’uscita nel buio più assoluto, insieme ai topi. Per lei, l’alternativa migliore consisteva nell’unirsi a una banda di cercatori, farsi accettare come una di loro e raggiungere insieme a essi la città al di là del ponte infranto, A quel punto, supponeva, avrebbe dovuto cominciare una nuova vita, senza possedere quasi nulla e in un regno straniero dove era già stata giudicata una possibile traditrice da parte di un mago reale.
«Grazie, dei misericordiosi», borbottò in tono sardonico… poi s’irrigidì quando due cose si verificarono contemporaneamente: da un lato lei si ricordò della sagoma che aveva visto scendere le scale, presumibilmente al suo inseguimento, ma non ancora abbastanza vicina da raggiungerla, e dall’altro un Arpista si allontanò di colpo da un gruppo di passaggio per protendere verso di lei una torcia accesa.
«Per te», disse, laconico. «Ordine di Caladnei.»
Narnra lo fissò a bocca aperta, poi accettò passivamente la torcia, perché non riusciva a pensare a niente altro da fare. Essa schizzava pece, come facevano tutte, e bruciava con un’intensità tale da scaldarle una guancia… decisamente reale, e avvolta in tanti strati di tela oleata da poter durare per ore. Naturalmente, il suo chiarore spiccava nitido nelle cantine buie… ma del resto, con la Maga Reale che stava proiettando incantesimi su di lei, doveva già essere visibile quanto un faro nella notte.
L’Ombra di Seta emise un profondo sospiro e allargò le mani in un gesto di esasperazione… per essere una ladra di Waterdeep dotata di tanto talento, non si poteva dire che fosse anche un’abile stratega… prima di avviarsi con passo deciso attraverso le cantine, diretta verso il punto in cui si era trovata l’arcata. Esisteva infatti la possibilità, per quanto minima, che il vecchio mago fosse tornato là o decidesse in seguito di farlo, e lei sentiva di dover almeno dare un’occhiata, se non voleva tormentarsi per sempre all’idea di non averlo fatto.
Il suo tragitto la portò attraverso quasi una dozzina di cantine, nelle quali vide una ventina di cadaveri e molti, molti più prigionieri stretti gli uni agli altri con aria cupa. A quanto pareva, le file della Legittima Cospirazione erano state ridotte ai suoi misteriosi organizzatori e forse a ma manciata di fuggiaschi che erano riusciti a eclissarsi.
Sì quello era il posto giusto, quello doveva essere il passaggio da cui era arrivata, e…
Un improvviso, freddo bagliore magico divampò sulla sinistra, attraverso un’altra arcata. Protendendo il più possibile la torcia accesa alle proprie spalle, Narnra si avvicinò con cautela per vedere chi stesse usando la magia là sotto, molto lontano dai gruppi di perquisitori dall’aria cupa.
L’istante successivo tornò a irrigidirsi e si volse con estrema lentezza, chiedendosi perché tutti si fossero tenuti alla larga da quell’area, e perché adesso alle sue spalle ci fosse il silenzio più assoluto.
La luce della sua torcia le mostrava tutt’intorno soltanto colonne e vuota oscurità…
Con un ringhio improvviso, Narnra scagliò la torcia quanto più in alto e lontano le era possibile, nella direzione da cui era giunta.
Dal momento che la volta era alta, la torcia ruotò su se stessa più volte con notevole energia, lasciandosi alle spalle una scia di scintille e di fiamme prima di atterrare con una vampata che si ridusse immediatamente a poche, incerte lingue di fiamma… peraltro sufficienti a illuminare le gambe ben modellate e rivestite di cuoio di una figura isolata che la stava seguendo.
La persona in questione abbassò una mano per indicare la torcia, che si sollevò nell’aria riprendendo a bruciare e fluttuò verso Narnra rimanendo diritta ed emanando una luce più che sufficiente a rivelare alla giovane ladra il volto sorridente della Maga Reale di Cormyr.
Deglutendo a fatica, Narnra sollevò una mano in un gesto di saluto e protese l’altra ad afferrare la torcia, augurandosi che Caladnei non fosse tanto crudele nel suo esercizio dell’Arte da trasformarla in un inferno di fuoco che la incenerisse o in qualche altro simile strumento di morte.
La torcia rimase quella che era, e con un sospiro che era un misto di sollievo e di rassegnazione, Narnra tornò a girarsi verso quegli strani bagliori prodotti dalla magia, ma dopo aver mosso appena pochi passi si volse di scatto per verificare se Caladnei la stesse seguendo. Nel buio totale le fu impossibile vedere qualcosa, ma una voce asciutta le sussurro all’orecchio, all’apparenza tanto vicina da renderle impossibile trattenere un sussulto.