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4.

Verità taglienti come rasoi

Nulla ferisce profondamente quanto una verità nuda e indesiderata.

Thauloamur Reerist, Menestrello
Intelligenti parole di un buffone fallito
Anno del Principe

«Non offri molte alternative… né a me né a chiunque altro, vero?» ribatté con voce amara Narnra, sentendo l’ira insorgere dentro di lei a soffocare la paura… almeno un poco. «“Fa’ quello che dico, altrimenti ti riduco in cenere oppure ti trasformo in un idiota”. Come puoi fidarti di qualsiasi “verità” ottenuta con queste minacce?»

«È la stessa scelta crudele che la maggior parte delle persone di potere di questo mondo offre a chiunque altro», rispose il vecchio mago, scrollando le spalle. «Ragazza, tu mi sembri un po’ troppo matura… soprattutto se si considera il tuo tipo di attività notturna… per poter credere che Faerûn sia un mondo giusto. Se davvero lo credi, sei già un’idiota, che tu voglia ammetterlo o meno. Semplicemente, io espongo le alternative in maniera più chiara e diretta di quanto facciano molti altri, almeno quando non ho voglia di sprecare troppo tempo in duelli verbali e altre frivolezze del genere. Mi piace Cormyr, e ho visto nascere così tante di queste stupide ribellioni, la cui «nascita» sembra sempre richiedere la morte di molte persone buone e spesso innocenti. Quanto a come io possa fidarmi della verità contenuta nelle tue parole, la mia magia mi dirà se stai mentendo o se stai dicendo la verità».

«E ci si aspetta che questo mi renda obbediente e disposta a collaborare?» ringhiò Narnra.

«No, ma dovrebbe farlo la speranza di sopravvivere a questa notte… ritengo la si definisca “prudenza”. Sei tornata quaggiù per cercare il mio portale e un modo per uscire da tutto questo, vero? E sai che io sono il solo mezzo che hai per poterlo riattraversare, giusto? Io potrei essere un pochino più disposto ad aiutare qualcuno che non molto tempo fa ha cercato di derubarmi e di assassinarmi in un vicolo senza uscita se almeno questo qualcuno provasse a parlare con me in maniera civile, non credi?»

Sconfitta, la ragazza trasse un profondo respiro. Disperata e al tempo stesso furente, sospirò, trasse un altro respiro tremante e infine ringhiò: «Avanti, fammi le tue domande, e io cercherò di attenermi alla verità».

«Una scelta prudente», approvò con calma il mago, «se desideri che mi limiti a verificare la tua sincerità ed eviti di sondare la tua mente, come avevo cominciato a fare con Thauvas. Lui ha imparato molto presto quale fosse la scelta più saggia».

Sospesa a mezz’aria, Narnra scosse il capo con impotenza.

«Fammi le tue domande», ripeté.

Le nebbie che l’avviluppavano si accesero di una luminosità improvvisa, un bagliore che si spense bruscamente com’era apparso, poi il suo catturatore girò di scatto la testa per scrutare l’oscurità alle sue spalle.

«Caladnei, per favore, limitati a guardare, ad ascoltare e per un po’, fingi di non essere qui, d’accordo? Vangerdahast si irriterebbe enormemente con me se dovessi distruggere la sua sostituta senza un valido motivo… e comunque è bene che tu sappia che il tuo sconsiderato sondaggio dei miei incantesimi di schermatura è destinato a fallire.»

Dall’oscurità non giunse risposta, e dopo essere rimasto in silenzio per un lungo minuto, il vecchio mago aggiunse, in tono più pacato:

«Grazie. Dunque», riprese poi, tornando a sollevare lo sguardo su Narnra, «il tuo nome completo, ragazza, è…».

Dei, il suo naso aquilino è ancora più marcato del mio, pensò Narnra, nel fissare quegli occhi luminosi, che apparivano più azzurri che grigi adesso che la magia li stava pervadendo, poi rispose con voce salda.

«Mi chiamo Narnra Shalace. Mia madre era Maerjanthra Shalace, una gioielliera di Waterdeep. Non ho mai conosciuto mio padre.»

«Maerjanthra, eh?» commentò il mago, inarcando le sopracciglia cespugliose. «Alcuni anni fa conoscevo una Maerjanthra Shalace di Waterdeep, ma era una maga che vendeva i propri servigi, e non una gioielliera. Il suo non è però un nome comune», continuò, contemplando con aria pensosa la sua prigioniera fluttuante nell’aria. «Descrivimela, così com’è adesso.»

«Una manciata di ossa, un po’ di polvere e probabilmente il groviglio di quello che resta dei suoi capelli… in una fossa fuori dalle mura di Waterdeep», ringhiò Narnra, lasciando trasparire la propria rabbia. «Lei è morta, mago.»

«Capisco», commentò il vecchio, un’espressione indecifrabile dipinta sul volto. «In vita, però, aveva i capelli neri e gli occhi scuri come i tuoi?»

«Sì», confermò Narnra in tono piatto, senza aggiungere altro.

«Com’è morta?»

«Non lo so. Credo sia stata assassinata con la magia, ma non ho idea di chi possa essere stato a ucciderla… altrimenti adesso sarebbe morto».

«Capisco. Hai altri parenti?»

«No, a meno che mio padre sia ancora vivo.»

«Cosa sai di lui?»

«Che era un uomo», ribatté la ladra, scrollando le spalle, «e che era un mago potente, stando a quanto mi hanno detto».

«Chi te lo ha detto?

«Gli apprendisti di mia madre… tagliatori di gemme, tutti fuggiti da tempo. Quando lo hanno detto, erano ubriachi.»

«La madre morta, gli apprendisti fuggiti… dove vivi, adesso?»

«Sui tetti», spiegò Narnra, con un’altra scrollata di spalle. «Vicino ai camini più caldi d’inverno e per lo più nella Città dei Morti durante l’estate».

«Sola?»

«Sola.»

«E come riesci a guadagnare abbastanza da mantenerti…?»

«Rubando, come ben sai.»

«Per o con qualcuno?»

«Da sola.»

«Hai qualche amico?»

«No.»

«Ci sono persone a cui vendi le cose che rubi?»

«Molte.»

«Dimmi il nome di qualcuna di esse.»

«Nel Rione dei Moli ci sono molti uomini che non fanno domande riguardo alla provenienza di un oggetto… e che stanno bene attenti a non apprendere nulla riguardo a chi lo sta vendendo loro», rispose Narnra in tono piatto, fissando il mago negli occhi. «Se la Guardia Cittadina li dovesse interrogare, potrebbero sempre dire di aver trovato quell’oggetto la mattina, gettato da qualcuno nel loro cortile, o attraverso la loro finestra. Quanto a me, sto bene attenta a non chiedere e a non apprendere in altro modo il loro nome, perché questo è il metodo consolidato per condurre affari del genere.»

Il mago annuì, come se stesse ricordando cose remote, di molto tempo prima.

«La verità si addice alla tua lingua», commentò.

«Allora ricompensami.»

«Come?»

«La mia libertà. La via per tornare indietro.»

«Chiedi molto in cambio di poche risposte cortesi», sorrise il vecchio mago. «Dovrò sapere qualcosa di più, prima che cominciamo a parlare di ricompense, d’accordo?»

«Il potere di imporre condizioni rimane tuo», replicò Narnra.

In basso, il sorriso del mago si accentuò improvvisamente e dall’oscurità al di là delle nebbie giunse un debole suono subito soffocato che avrebbe potuto essere una risatina della Maga Reale.

«Fai parte di qualche corporazione?»

«No.»

«Sei sul libro paga di qualcuno?»

«No.»

«Paghi le tasse?»

La risposta di Narnra fu un verso di incredulità che indusse il vecchio mago a sorridere ancora.

«Sai chi sono?» chiese poi?

«No. In base a quanto vedo e sento, so che sei un vecchio e un mago potente, ma niente di più.»

Il vecchio mago annuì, si allontanò di qualche passo poi si girò di scatto.

«Come trascorri le giornate?» domandò.

«Rubo, dormo, spio le persone da derubare, rubo, vendo la refurtiva e uso il ricavato per comprare cibo, mangio, evito la Guardia Cittadina e rubo ancora.»