«Che ne è stato della bottega di tua madre, della casa, delle merci?»
«Sottratte, afferrate e portate via nel momento in cui in città si è saputo che lei era morta», rispose con freddezza Narnra. «Qualche nobile a caccia di schiavi ha perfino mandato i suoi servi a inseguire me.» «La cosa non mi sorprende», annuì il mago.
La nebbia ribollì di colpo, trasformandosi in una gigantesca testa di serpente coperta di scaglie, le cui grandi fauci si stavano aprendo per inghiottirla…
Narnra urlò… e altrettanto fece la Maga Reale, poi il mondo parve esplodere in una grande onda ruggente di energia che spazzò via la testa di drago e con essa anche l’Ombra di Seta, che rotolò alla cieca su se stessa nell’aria… e verso ondate crescenti di potere che l’afferrarono e la trattennero, trascinandola fuori da quel caos ribollente fino a farla ritrovare nuovamente sospesa nell’aria in posizione eretta.
Le nebbie vorticavano e ribollivano intorno a lei con violenza ancora maggiore, lasciandosi dietro qua e là scie di scintille, ma a parte questo la cantina era praticamente identica a prima, tranne per il fatto che il Mago Rosso privo di sensi stava ora fluttuando a testa in giù.
Anche il vecchio mago era fermo in piedi nello stesso punto di prima, però adesso il suo sguardo era appuntato sull’arcata d’ingresso della cantina.
«Ti avevo avvertita, Maga Reale», ammonì in tono pacato. «Non sai riconoscere un’illusione, quando la vedi?»
Constatando che era in grado di muovere la testa, Narnra si volse e vide che Caladnei era in ginocchio e stava cercando di liberarsi di quelle che sembravano funi di fuoco fluido che le bloccavano i polsi in basso e lontano dal corpo, le cingevano il collo e scendevano ad avvilupparle le ginocchia e le caviglie.
«Sei disposta a restare in disparte senza operare magie?» domandò il vecchio mago.
«No», ribatté in tono secco la Maga Reale di Cormyr, fissandolo con occhi roventi al di sopra delle fiamme crepitanti.
Scrollando le spalle, il mago tornò a voltarsi verso Narnra… e per un singolo, agghiacciante momento, la testa di drago tornò a incombere davanti a lei.
Poiché adesso sapeva di cosa si trattava, la ragazza riuscì a trattenersi dall’urlare, ma non poté fare a meno di tremare nel vedere quelle grandi fauci che si aprivano nuovamente.
«Ragazza, hai mai visto una cosa del genere, prima d’ora?», domandò con voce gentile il mago dalla barba bianca.
«No… no», balbettò a fatica Narnra. «Falla sparire!»
La testa di drago prese a rimpicciolire e a indietreggiare davanti a lei, riducendosi fino a diventare grande quanto una testa umana… poi tornò a farsi spaventosa, simile alla testa di un grande serpente che la stesse osservando in mezzo a veli di nebbia, un serpente che avrebbe potuto ucciderla mentre era immobilizzata dall’incantesimo del mago.
«Hai mai visto prima d’ora una bestia vivente simile a questa?» insistette il mago, in tono ora tagliente; nel frattempo, la testa più piccola si girò di qua e di là, mettendosi in mostra per lei come avrebbe potuto fare una modella alle dipendenze di un mercante di abiti… poi arretrò fra la nebbia e scomparve.
«No… no», riuscì a rispondere Narnra, mentre un sospetto cominciava a prendere forma dentro di lei, cupo, rovente e soffocante. Possibile che quel vecchio bruto…
«Ma?» fu pronto a incalzarla il mago.
«Ma niente», ribatté Narnra, con un bagliore d’ira nello sguardo.
«La verità, ragazza. Menti male come un prete ubriaco. Di’ la verità!»
«Io… gli apprendisti di mia madre erano soliti parlare di draghi… e quello era un drago, vero?»
«Quanti erano quegli apprendisti?» domandò il mago. «Come si chiamavano?»
«Uh, sono stati quasi sempre cinque: Goraun, Rivrel, Jonczer e i due più giovani, Tantheld e Silen… Rorgel, soprannominato “Silenzioso” perché non parlava quasi mai. Loro… Rivrel è morto, accoltellato da qualcuno che stava depredando la bottega dopo la morte di mia madre. Credo che anche Jonczer sia stato ucciso, però non ho visto il suo corpo, solo una grande quantità di sangue. Quanto agli altri… sono scomparsi, e può darsi che siano morti o che abbiano rubato delle cose e siano fuggiti… io non lo so.»
«Hai mai visto uno qualsiasi di loro operare la magia?»
«No.»
«Cosa ti hanno detto riguardo ai draghi, esattamente?»
Narnra fissò il vecchio mago con occhi roventi, sentendo radicarsi sempre più i propri sospetti.
«Quando avevano bevuto», spiegò, a fatica, «borbottavano riguardo ai lavori più pesanti che venivano loro assegnati, poi desideravano di poter essere audaci avventurieri e cominciavano a raccontare storie avventurose. In alcune di esse figuravano i draghi, che divoravano la gente, abbattevano castelli e appiattivano interi villaggi… del resto, sono certa che tu ne sai molto di più al riguardo. In seguito, mi avvertivano sempre che non avrei dovuto fare parola con mia madre di quello che avevano detto.»
«E lo hai mai fatto?»
«Fatto cosa?»
«Hai mai parlato con lei di draghi?»
«No. Ascoltami bene, ser mago, lei è morta. Ti ho detto il mio nome e anche quello di mia madre, e perfino quello dei suoi cinque apprendisti tagliatori di gemme… mentre il tuo nome rimane tuttora un mistero per me. Si può sapere chi sei?»
«Elminster Aumar, anche se la maggior parte della gente mi conosce meglio come “Elminster di Shadowdale”. Mi chiamano anche Vecchio’ Mago, Vecchio Saggio e una quantità di altri titoli e appellativi molto meno lusinghieri. Ne sai di più, adesso?»
«Ho sentito parlare di Elminster il Grande, l’Impiccione di Mystra, che operava a Waterdeep secoli fa. Immagino che ti abbiano dato il suo nome.»
«Sì, si potrebbe dire così», ribatté il vecchio mago, con un freddo sorriso. «Adesso che ci conosciamo un po’ meglio a vicenda, ragazza, che ne dici di accantonare la tua rabbia e di dirmi sinceramente: sei vincolata a qualcuno? Lavori con qualcuno? Fai la spia per qualcuno? Ti hanno assoldata per svolgere un incarico di qualche tipo?»
«No», replicò Narnra, cedendo di nuovo all’ira. «No, no e ancora no!»
Dunque il vecchio non credeva a una sola parola di quello che gli aveva detto.
«Non sei capace di riconoscere la verità quando la senti? O forse non vuoi sentire cose che non corrispondono al giudizio che hai già formato sul mio conto? Non hai avuto molta misericordia per quel Mago Rosso!»
«Non ne merita, credimi».
«Hah!» ringhiò Narnra, dall’alto della posizione in cui la nebbia magica la stava tenendo inchiodata. «E se io non ti credessi? Perché dovrei farlo? Lasci sottintendere astutamente che io starei mentendo, e che tu sai sul conto di mia madre molte più cose di me, e che i maghi devono agire come ritengono di dover fare. Ebbene, riguardo a questo, tutto quello che io vedo e sento è che i maghi fanno esattamente quello che vogliono e che nascondono l’interesse personale sotto un manto di grandi parole e di insinuazioni secondo cui starebbero compiendo azioni importanti per proteggere tutto Faerûn, e noi con esso! E tuttavia, mostrano mai qualche prova di questo?»
Il sorriso che stava affiorando sul volto del Vecchio Mago acquisì una sfumatura di tristezza, mentre lui replicava:
«A quale prova crederesti, Narnra?»
«Io… io…»
«Hai visto?» commentò Elminster, allargando le mani. «Hai in te rabbia in abbondanza, cosa che non mi meraviglia, perché ti ho spaventata e fatta infuriare, e il mio potere si stende fra noi affilato come una lama. Ciò che ti fa infuriare è l’idea che io non mi fidi di te… ma tu ti fidi di me?»
«No», sussurrò Narnra in un filo di voce, abbassando lo sguardo su di lui. «Non ancora.»
«Ah, però vuoi farlo, come io mi voglio fidare di te. Allora, come facciamo a creare fra noi una fiducia reciproca?»