La ladra fluttuante nella nebbia si accigliò con aria riflessiva.
«Perché non rispondi tu a qualcuna delle mie domande?» suggerì poi.
«Come mi hai detto tu stessa», sorrise il mago dalla barba bianca, «fammi le tue domande, e io cercherò di attenermi alla verità».
«Quando hai incontrato per la prima volta mia madre, e perché?» chiese Narnra, con un accenno di sorriso.
«Se Maerjanthra Shalace la maga è anche Maerjanthra Shalace la gioielliera di Waterdeep, l’ho incontrata per la prima volta fra le rovine di un palazzo elfico sulla Costa delle Spade Settentrionale, circa settant’anni fa», rispose Elminster, «quando lei dimostrava più o meno la stessa età che tu hai adesso. Era con una banda di avventurieri in cerca di ricche tombe da depredare, e io ero là per impedire che lo facessero».
«Settanta inverni? Ma questo è impossibile! Mia madre…»
«Ti ha mai detto esattamente quanti anni aveva?»
«No, ma…»
«Ma giudicando dal suo aspetto, tu hai supposto che avesse al massimo venti o trenta stagioni più di te, giusto?»
Narnra annuì.
«Ma… ma se era una maga», esclamò poi, «non avrebbe potuto… farmi qualcosa, con la sua magia?»
«Ah, vedo che cominci a capire i motivi del mio interesse», commentò lentamente il Vecchio Mago. «Hai mai fatto… strani sogni? Hai mai sentito il potere levarsi dentro di te o scorrere in te? Quando la mia magia ti ha toccata, hai avuto qualche… qualche visione? Sensazioni di potere?»
L’Ombra di Seta abbassò lo sguardo su di lui e scosse il capo.
«No», rispose, con voce che era poco più di un sussurro.
Da un punto imprecisato, al di là delle nebbie, giunse un rabbioso crepitare di magia che poteva essere stato prodotto soltanto dagli sforzi di Caladnei per liberarsi o per operare la magia.
«Allora posso solo risponderti che non lo so», affermò Elminster.
«Se conoscevi tanto bene mia madre, sai chi era mio padre?» chiese Narnra traendo un profondo respiro.
Il mago scrollò le spalle.
La ladra fluttuò in silenzio per alcuni secondi, fissandolo con aria accigliata.
«Hai parlato della “prima volta” in cui hai incontrato mia madre», osservò poi. «Quante altre volte vi siete visti?»
«Dozzine. Ventine», rispose il Vecchio Mago, con un’altra scrollata di spalle. «Una primavera abbiamo abitato insieme a Waterdeep, in un periodo in cui avevo delle questioni da sbrigare con alcuni nobili di quella città. La casa era mia, e vi ho ospitato almeno una dozzina di avventuriere.»
«Una dozzina, con un solo uomo… un mago? Non ci sono state chiacchiere, al riguardo?»
«Chiacchiere?» ribatté Elminster, inarcando un sopracciglio. «Waterdeep deve essere cambiata più di quanto credessi.»
Poi la sua figura parve farsi indistinta, e di colpo Narnra si ritrovò a fissare una donna alta e sinuosa dal seno formoso, dotata di uno sguardo ferreo e di una grazia imperiosa che trascendevano le sformate e non troppo pulite vesti del vecchio mago che le calzavano malamente intorno al corpo.
«Inoltre, eravamo una casa di sole donne», spiegò una voce che era una versione più dolce e sommessa di quella di Elminster, poi la nebbia vorticò intorno alla donna, ci fu uno scoppio di scintille che indusse Narnra a sbattere le palpebre… e il vecchio mago tornò ad apparire sotto di lei.
«Sei stato una donna per tutto il tempo?» insistette Narnra. «Vivevi con le tue coinquiline, oppure ognuno di voi se ne stava nella sua stanza, confidando nella robustezza della serratura?»
«Adesso sembri un prete moralista, ragazza», ridacchiò Elminster. «A parte quelle sulle porte esterne, non c’erano serrature e le stanze erano in comune. Uomini… e donne… andavano e venivano nella maniera più normale, e c’erano scontri e incontri amorosi… e anche se ho trascorso gran parte del mio tempo in altre case più eleganti, utilizzando altre forme più importanti, ho anche vissuto con quelle dame.»
«E hai dormito con loro?» lo incalzò Narnra, in tono tagliente. «In particolare con Maerjanthra Shalace?»
«La risposta è sì, a tutte e due le domande», sorrise il Vecchio Mago. «Tutto questo deve essere successo una quarantina di estati fa.»
«E non l’hai più rivista, dopo di allora?»
«Le nostre strade si sono incrociate ancora di tanto in tanto, nel corso degli anni, quando mi recavo a Waterdeep per questo o quel motivo».
«Mia madre era la tua amante?»
«No, non mi esprimerei in questo modo… e non lo avrebbe fatto neppure lei. Tua madre aveva i suoi amanti, io avevo le mie, ma ci piaceva parlare e passare una serata a metterci a vicenda al corrente degli eventi, quando gli dei ce ne concedevano il tempo».
«Quando è stata l’ultima volta… che avete passato la notte insieme?» volle sapere Narnra, fissandolo con occhi roventi.
«Venti o ventidue anni fa», rispose Elminster, scrutandola in volto con aria pensosa, poi un fugace sorriso gli attraversò il volto, mentre aggiungeva: «Sembra che tu stia cominciando a pensare che possa essere stato io a generarti, ma questo non è possibile».
«Davvero? E come mai?»
«I maghi sono dei bersagli ambulanti per tutta la loro vita, ragazza… e per la maggior parte del tempo sono fin troppo vulnerabili. Generare un figlio non è una decisione da poco, per chi opera la magia, e ritrovarsi incinta involontariamente può risultare letale… non soltanto per il neonato e per sua madre. La magia può deformare i bambini non ancora nati, facendone dei mostri.»
«Per cui?»
«Per cui la maggior parte dei maghi ricorre alla magia per prevenire eventi indesiderati o per sapere quando non si corra il rischio di incorrere in problemi del genere.»
«E voi rientravate entrambi nella “maggior parte dei maghi”?»
«Vi rientrava Maerjanthra. Io sono sottoposto a vincoli ancora più rigidi.»
«Vincoli più rigidi? Quali vincoli?»
«È Mystra, la dea che io servo, a decidere quando il suo Prescelto debba…»
Narnra si sentì girare la testa.
Prescelto? Allora quell’uomo poteva essere un Elminster soltanto!
La cosa peggiore, tuttavia, era che nel momento stesso in cui Elminster aveva pronunciato il nome divino di Mystra, un fuoco fra il bianco e l’azzurro aveva preso a divamparle nella mente, una conflagrazione che si divise in sette stelle vorticanti prima ancora che lei riuscisse a capire cosa stava succedendo.
E mentre le stelle ruotavano in cerchio, lei ebbe l’impressione di un immenso, invisibile sorriso femminile, in seguito al quale nel cuore del cerchio di stelle una porta oscura e da tempo nascosta parve aprirsi nella sua mente. Attraverso essa, Narnra sentì di nuovo Goraun ridacchiare nel parlare con Jonczer.
«Ah, questa volta Maerj ha proprio raggirato il Vecchio Barbuto! Mi piacerà moltissimo vedere la sua espressione, quando lo scoprirà! L’Onnipotente Lord Blackstaff dava l’impressione di stare abbondantemente male per conto di entrambi, quando si è presentato alla porta. Già, era proprio lui… per una volta, le ragazze della taverna ti hanno detto la verità! Pare che Maerj sia andata da lui per chiedergli un incantesimo che le permettesse di avere un figlio dal Vecchio Impiccione senza che lui lo sapesse, e che Khelben l’abbia buttata fuori dalla sua torre… solo per presentarsi il giorno dopo alla nostra porta come un mendicante, con la faccia lunga come l’inverno e una pergamena in mano. Ha detto che la Divina Mystra ha dato di persona il permesso… anzi, ha ordinato che accadesse!»
Le sette stelle emisero un bagliore, e riapparve quel caldo sorriso sfrontato, destando in Narnra un senso di eccitazione che ebbe in qualche modo l’effetto di lasciarla tremante. Poi si ritrovò a fluttuare ancora nella nebbia, lo sguardo cupo fisso sui luminosi occhi azzurri e sull’asciutto sorriso compiaciuto del mago dalla barba bianca.