Dopo tanti anni di interrogativi, adesso dunque sapeva: quello era suo padre.
Quel vecchio verme sorridente.
Elminster l’Impiccione, potente quanto una tempesta invernale, corrotto e cocciuto quanto un Signore di Waterdeep, un uomo che avrebbe potuto disprezzare o odiare con la massima facilità, lo stesso la cui magia la stava tenendo prigioniera, sondando la sincerità delle sue parole.
Lo stesso uomo, rifletté, spostando con riluttanza lo sguardo sul corpo rovesciato del Thayano, sulle braccia penzolanti e sugli occhi vacui e vuoti, la cui magia avrebbe potuto fenderle la mente come un rasoio, in qualsiasi momento lui lo avesse desiderato, nell’istante in cui avesse avuto il sospetto che gli stava nascondendo qualche informazione di valore.
L’Ombra di Seta serrò i pugni a tal punto che le unghie le ferirono il palmo, accentuando la stretta quando il sangue prese a filtrarle fra le dita.
Non doveva accennare alle parole di Goraun e doveva sperare che Khelben e la dea Mystra continuassero a mantenere il segreto che avevano ovviamente tenuto nascosto a Elminster di Shadowdale da prima che lei nascesse.
Altrimenti, Elminster avrebbe potuto distruggerla, o farla prigioniera per addestrarla e controllarla… e indipendentemente da qualsiasi cosa lui avesse tentato di fare, mezzo Faerûn avrebbe comunque cercato in ogni modo di toglierle la vita o la libertà.
Come bersaglio, Narnra Shalace avrebbe senza dubbio avuto una vita molto breve.
Aveva sempre temuto la magia, un sentimento comune a tutti i ladri, che la odiavano, la temevano e ne diffidavano… del resto, quelli erano sentimenti normali per qualcuno che non la possedeva. Oh, i giovani rimanevano a bocca aperta per la meraviglia quando i maghi dell’Ordine di Sorveglianza generavano esplosioni o creavano illusioni durante le feste, ma… tutto quel potere! Se mai fosse stato rivolto contro di loro…
E poi c’era un’altra cosa. Se pure un gesto della mano di Mystra l’avesse trasformata in una maga tanto potente da poter tenere testa allo stesso Elminster, lei avrebbe comunque odiato una vita del genere. Quello del ladro era un lavoro duro e rischioso… ma era il suo lavoro, erano battaglie che lei sceglieva di combattere, talenti che aveva sviluppato da sola, sfide sempre nuove che si imponeva di affrontare, eccitazione, indipendenza e… e ciò che era abituata a fare.
«Vecchio bastardo mentitore!» ringhiò, le parole che le sfuggivano di bocca prima che avesse il tempo di pensare a trattenerle. «Razza di rospo! Compiaciuto, libertino tiranno della magia!»
«Ho già avuto modo di sentire parole del genere», commentò Elminster, fissandola con aria interdetta, «e spesso le ho meritate… ma non da parte di qualcuno che, come te, mi conosce così poco, ragazza. Credevo che l’avessimo fatta finita con tutto questo ringhiare e imprecare, piccola, quindi perché adesso sei d’un tratto tanto ostile?»
«Se lo sapessi», sibilò Narnra, lottando per controllare il tremito che le scuoteva la voce. «Se solo lo sapessi!»
«Fra i tuoi pensieri c’è forse qualcosa che dovrei apprendere, figlia di Maerjanthra?» chiese Elminster, socchiudendo gli occhi azzurri.
Poi sollevò una mano, e Narnra si morse un labbro, imprecando contro la propria stupidità. La rovina e la disperazione incombevano su di lei… e se le era attirate addosso con la propria ira e la propria lingua troppo lunga.
Signore Mascherato, Tymora e Mystra, ascoltatemi tutti! Se solo posso implorare una minima misericordia, aiutatemi! Aiu…
Quasi che gli dei l’avessero sentita e avessero dato una risposta immediata, la cantina tremò, sfrigolanti scariche di energia solcarono il soffitto, artigliandolo e sfrigolando, poi la nebbia si dissolse… come un lenzuolo appeso a una corda per stendere che una volta Narnra aveva tagliato con il suo coltello. Con il suo svanire, il Mago Rosso crollò al suolo, accasciandosi inerte a faccia in avanti sul pavimento.
Anche Narnra stava scendendo verso il suolo, sebbene non le paresse di cadere, ma piuttosto di planare attraverso una sostanza morbida e densa. Era ancora lontana dal pavimento quando Elminster si girò di scatto verso l’arco di accesso alla cantina… e ciò che stava apparendo sotto di esso.
In realtà si trattava di quattro qualcosa, quattro colonne di scintille vorticanti che si materializzarono di colpo dal nulla, racchiudendo in mezzo a loro la forma di Caladnei di Cormyr, che continuava a dibattersi. Figure scure emersero poi dalle scintille, eseguendo all’unisono uno stesso gesto in reazione al quale i legami di fuoco che trattenevano la Maga Reale si trasformarono in quattro lacci che la bloccarono, impotente, in mezzo ai nuovi venuti, quattro uomini calvi dalla pelle scura e dalla testa coperta di intricati tatuaggi neri, che avanzarono badando a continuare a muoversi all’unisono.
Tutti e quattro indossavano vesti marrone, sfoggiavano abbondanza di gioielli, il volto duro e spietato illuminato dal bagliore d’ira… e di soddisfazione… che ardeva loro nello sguardo.
Elminster allargò le mani e agitò le dita, a occhi socchiusi, dando l’impressione che stesse percependo qualcosa nell’aria.
«Fatti da parte, vecchio stolto», ingiunse uno dei quattro. «Devi essere un membro della cospirazione, per aver legato in questo modo la Maga Reale di Cormyr, ma la tua vita è perduta, come pure la sua e quella di questa ragazza mascherata. Nessuno può maltrattare un Mago Rosso e continuare a vivere!»
Dando l’impressione di essere ancora in trance, il Vecchio Mago mormorò qualcosa… e Thauvas Zlorn si alzò in piedi, avviandosi verso il più vicino dei suoi connazionali.
«Ti ringrazio per questo salvataggio, Naerzil», disse, con un sorriso che gli si allargava sul volto, «però non devi uccidere nessuno di costoro, bensì farli prigionieri, perché le loro menti contengono…».
«Taci, Zlorn», ingiunse il Mago Rosso da lui apostrofato. «Il tuo fato deve ancora essere stabilito da coloro a cui entrambi dobbiamo rispondere del nostro operato, e da te non sono graditi né ordini né suggerimenti.»
«Ah. È un vero peccato», ribatté Zlorn, con voce stranamente diversa… e si lanciò in avanti per strozzare l’altro Thayano.
Colto di sorpresa, il Mago Rosso crollò al suolo con uno schianto, lottando per impedire a quelle dita dure come il ferro di raggiungergli la gola o gli occhi, ma quando infine riuscì a spingere di lato il braccio di Zlorn, questi gli infilò due dita nelle narici e gli spinse la testa all’indietro, sbattendola contro la pietra del pavimento.
La fune di fuoco che portava a Caladnei si ritrasse di scatto, sussultando e contraendosi, e gli altri tre Maghi Rossi si affrettarono a trascinare lontano la prigioniera, urlando in tono allarmato le parole di alcuni incantesimi.
Intanto i due uomini continuarono a dibattersi e a lottare sul pavimento, grugnendo e imprecando… finché Naerzil, che si trovava sotto l’avversario, scoppiò in una risata di trionfo quando uno dei tatuaggi che aveva sulla fronte eruppe in una vampata di fiamme azzurre che vorticarono, assunsero la forma di artigli e aggredirono la faccia di Thauvas Zlorn.
Ci fu uno spruzzo di sangue, un occhio esplose e il Thayano urlante s’inarcò all’indietro, mentre Naerzil spingeva e scalciava per liberarsi dal suo peso. Le fiamme azzurre continuarono ad aggredire la faccia e la gola di Zlorn finché questi non ebbe più nulla con cui urlare, ma nel momento stesso in cui il suo assassino si alzava per allontanarsi, il Thayano morente formò una sfera con le mani vuote… imitando movimenti che erano appena stati fatti da Elminster… che a poca distanza oscillava lentamente con aria assorta. Subito le fiamme azzurre si staccarono dalla sua faccia devastata per confluire vorticando fra le sue dita… e poi scagliarsi con la repentinità di un serpente verso il volto sorpreso di Naerzil.
Thauvas Zlorn si accasciò sulle ginocchia con una serie di inarticolati gemiti di dolore, e intanto intorno alla testa di Naerzil fiorì un accecante vortice di fiamme azzurre, che prese a ruotare intorno a essa in una sfera così rapida da rendere impossibile udire le eventuali urla del Mago Rosso.