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Nella cantina di Marsember, affollata e pervasa di tensione, la Maga Reale di Cormyr si volse per fronteggiare la Simbul, tenendo le dita appoggiate alla spalla di Rhauligan per mantenere l’equilibrio; sollevando il volto segnato dalla sofferenza, Caladnei incontrò lo sguardo del famoso Flagello di Thay, Posta a confronto con la bellezza selvaggia e imponente della regina di Aglarond, Caladnei appariva giovane e insignificante… soltanto un’altra Arpista vestita di cuoio in mezzo a numerosi veterani dall’aspetto molto più minaccioso del suo. Snella e slanciata, con la pelle olivastra che aveva quasi la stessa tonalità del cuoio dei suoi abiti, Caladnei appuntò sulla Strega-Regina di Aglarond lo sguardo dei grandi occhi scuri… che in quel momento avevano la loro naturale tinta castano scuro invece del minaccioso color rosso rubino che assumevano quando lei era in preda all’ira.

«Mi associo al benvenuto di Rhauligan», disse con calma, «ma devo rispettosamente ricordare a entrambi, Elminster e Regina Alassra, che in questo luogo, in assenza della Principessa e Reggente Alusair e della Regina Madre Filfaeril, io rappresento la legge regia e sono quindi la voce di Cormyr.»

«Su questo non c’è nulla da ridire, ragazza», convenne Elminster, allargando le mani… un movimento che indusse parecchi Arpisti a sollevare nervosamente le balestre.

Cogliendo in parte quel movimento con la coda dell’occhio, Caladnei si girò di scatto verso la fila di Cormyriani carichi di tensione e segnalò loro con un gesto di abbassare le armi prima di tornare a voltarsi verso i due Prescelti.

«E in tale veste», dichiarò, ergendosi sulla persona, «nell’interesse del regno esigo che Narnra Shalace sia immediatamente affidata alla mia custodia… e che entrambi abbandoniate immediatamente la nostra terra, onorevoli Prescelti, fino a quando lo stato di cose a Cormyr non si sarà normalizzato».

Nel nome degli dei che vegliano su di noi, donna, hai davvero coraggio da vendere, pensò Rhauligan, con rabbiosa disperazione, adocchiando i due Prescelti in quelli che potevano benissimo essere gli ultimi momenti della sua vita. La tua spericolata idiozia mi riempie di disperazione, ma mi rende anche orgoglioso di te.

GRAZIE, fedelissimo commerciante in coperture di torrette e guglie, replicò Caladnei, il cui pensiero echeggiò nitido nella mente di Rhauligan, quasi come se lei gli avesse urlato nell’orecchio. Permettimi di ESSERE la Maga Reale, e non di limitarmi invece a portare addosso questo titolo quasi fosse un vestito degno di derisione, d’accordo? Ho due valide ragioni per questa particolare spericolata idiozia: in primo luogo, chiarire un punto fermo che ha bisogno di essere ribadito, e cioè che qui sono io a detenere l’autorità e che nessun Prescelto può pensare che il fatto di godere del favore divino lo autorizzi a fare ciò che preferisce; in secondo luogo, perché tutto ciò che ho sentito sul conto di questa Narnra e dalle sue stesse labbra mi ha convinta che lei deve essere molto più di ciò che sembra… e che comunque la sua mente potrebbe quanto meno fornire una QUANTITÀ di utili informazioni riguardo alle «attività oscure» attualmente in corso a Waterdeep. Non sto visitando la tua mente per giustificarmi, Rhauligan, ma per impartirti quest’ordine: qualsiasi cosa accada, dovrai catturare questa Narnra e portarla al Mago della Guerra superstite più anziano perché venga interrogata.

Signora, sono onorato di servirti, si affrettò a rispondere Rhauligan, sempre mentalmente. Ascolto e obbedisco.

«Non spetta a noi consegnare la donna di cui parli», osservò intanto Elminster, in tono gentile. «Io l’ho liberata dal mio stesso controllo e sono intenzionato a difendere tale libertà, se così lei vorrà. Inoltre, se ti prenderai la briga di consultare non meno di sei decreti reali e due trattati vincolanti di cui sono a conoscenza, conservati negli archivi reali di Cormyr, scoprirai che io… anche se non, lo ammetto, la sovrana di Aglarond… ho la libertà di circolare per il regno e che il mio rango a corte è superiore al tuo.»

Caladnei lo fissò con volto inespressivo, il colore degli occhi che s’incupiva e tendeva sempre più al rosso.

«Può darsi che sia così, ma le mie richieste continuano a essere le stesse», ribatté con calma, poi sollevò lo sguardo sulla famosa massacratrice di centinaia di maghi thayani, che ancora si librava nell’aria sopra di lei, e aggiunse: «Per quanto continui a essere mio desiderio non offendere nessuno di voi due, Regina di Aglarond, devo chiederti quale sia la tua risposta alle richieste da me esposte».

«Tu vorresti sfidarci, bambina?» domandò la Simbul, in tono incredulo e divertito.

Elminster sollevò lo sguardo su di lei e la Simbul si volse a incontrare il suo sguardo, avviando con lui un evidente, rapido scambio di pensieri.

«Grandi signori», insistette Caladnei in tono secco, l’ira che per la prima volta cominciava a trapelarle dalla voce. «Esigo che non conversiate privatamente e che facciate sentire anche a noi ciò che avete da dirci.»

«Un tipo esigente, non trovi anche tu?» commentò Elminster, senza girarsi a guardare verso la Maga Reale. «Eppure non ha esteso a noi questa stessa cortesia, quando ha impartito a Rhauligan il suo ordine.»

«È ancora giovane», replicò con fare tollerante la Simbul, poi entrambi si volsero all’unisono verso Caladnei con un identico sorriso… e fecero esattamente ciò che lei aveva richiesto.

HAI FATTO BENE A RIVOLGERTI DIRETTAMENTE A ME… E SÌ, CONDIVIDERE LA NOSTRA CONVERSAZIONE È LA COSA MIGLIORE.

Una voce gentile e tuttavia tonante echeggiò nella cantina e fece barcollare all’indietro i Cormyriani, pallidi in volto e con le mani che tremavano per il timore. Nessuno di essi ebbe il bisogno che qualcuno gli dicesse a chi apparteneva quella voce mentale che echeggiava dentro di loro, luminosa, azzurra e bianca, pervasa di stelle dirompenti generate da un potere puro che fece rimbombare in ogni mente un solo nome: Mystra.

* * *

Il campanello che stava aspettando intonò il suo strano motivo appena fuori dalla porta e Bezrar si alzò di scatto dalla scrivania ingombra. Il suo corpo era madido di sudore, ma del resto Aumun Tholant Bezrar era sempre sudato, in parte perché… sì, doveva ammetterlo davanti agli dei… lui era grasso, e in parte perché qualcuno il cui lavoro quotidiano di importatore e rivenditore all’ingrosso di merci assortite includeva la rivendita di carrettate di merci di contrabbando e spesso anche rubate, com’era il suo caso, aveva ogni motivo di sudare abbondantemente.

Il mercante armeggiò con la sbarra, le tre catene e i due chiavistelli che bloccavano la porta e ne spalancò il battente.

«Per gli dei, sei arrivato finalmente!» esclamò.

«Fatti da parte e lasciami entrare, invece di annunciare il mio arrivo a tutto il vicinato, razza di incredibile idiota», ribatté la voce di Surth, scaturendo fredda e secca dal buio.

Bezrar sbatté le palpebre, ridacchiò e si affrettò a indietreggiare per fare spazio al suo socio. Naturalmente, Surth aveva ragione, come sempre.

«Hai portato i cappucci?» chiese.

«No, ovviamente ho attraversato a piedi tutta Marsember per pagare un ordine speciale e poi mi sono dimenticato di portare la merce con me!», ribatté Malakar, con il consueto tono acido e sarcastico. «Dovrai provvedere a tagliare da solo i buchi per gli occhi… hai un paio di forbici in questo porcile, vero?»

Bezrar ridacchiò, invece di irrigidirsi, come avrebbe fatto nell’improbabile eventualità che chiunque altro, a Marsember, avesse osato apostrofarlo in quel modo. Surth era Surth: Malakar Surth, freddo, sinistro e pervaso di gelida superiorità in ogni singolo centimetro del suo essere. Surth era alto e magro laddove Bezrar era basso e grasso, ed era acido e sarcastico mentre Bezrar era gioviale e allegramente malvagio.