Come corollario a quell’enfatica dichiarazione, la barba di Elminster tornò ad assumere la propria posizione controllata.
Immediatamente, la Simbul scoppiò a ridere nel vedere l’espressione così rivelata, e spettò quindi al paziente ex-Principe di Athalantar di osservare:
«Divina, non puoi certo averci trasportati fin qui soltanto per ascoltare i nostri battibecchi. Hai altri ordini da impartirci, vero?».
È OVVIO. ALASSRA SILVERHAND, ASCOLTAMI ATTENTAMENTE: OGNI VOLTA CHE TI SARÀ POSSIBILE DOVRAI CONVERTIRE I MAGHI ROSSI INVECE DI MASSACRARLI.
«Convertirli?» ripeté la Simbul, inarcando un sopracciglio.
INSERISCI IN PROFONDITÀ NELLA LORO MENTE INCANTESIMI DI SUGGESTIONE CHE INDUCANO GENTILMENTE I THAYANI AD AGIRE COME IO DESIDERO CHE FACCIANO. ALCUNI DOVRANNO COMUNQUE ESSERE UCCISI, MA FRA ESSI SONO TROPPI QUELLI CHE HANNO LA CAPACITÀ DI CREARE NUOVE MAGIE E DI ESPANDERE L’USO MORTALE DELLA TELA PERCHÉ LI SI POSSA PERDERE TUTTI.
«Ascolto e obbedisco», rispose formalmente la Simbul, chinando il capo. «A dire il vero, la mia… sete di sangue quando si tratta di Maghi Rossi mi spaventa sempre di più. Frenerò la mia mano, come tu comandi. Guidami nella scelta delle azioni che tu vuoi siano indotti a compiere.»
«Ascolto e obbedisco», ripeté Elminster, «e farò lo stesso. Comandaci e guidaci».
LO FARÒ. GRAZIE.
Il vento sempre più forte prese a fischiare intorno ai due, udibile ma non avvertibile, trascinando lontano le lunghe piume di vapore prodotte dal loro respiro mentre i Prescelti aspettavano, ritrovandosi ancora fermi in piedi sulla desolata cima montana, sotto un cielo di stelle indifferenti, anche dopo che una dozzina di quelle piume si fu allontanata verso est.
«C’è dell’altro, Divina», disse infine Elminster con calma, in un tono che non era interrogativo.
Tutt’intorno, le rocce parvero sospirare.
SÌ… SÌ, C’È DELL’ALTRO, replicò la dea, mentre il gemito del vento saliva di tono. MOMENTI COME QUELLO NELLA CANTINA MI FANNO SENTIRE DI NUOVO MOLTO… MOLTO MORTALE. INCERTA. DUBBIOSA.
Il vento rallentò la sua furia, e dopo qualche istante Mystra riprese a parlare.
COME… SECONDO IL PARERE ONESTO E SCHIETTO DI ENTRAMBI, PARLANDO LIBERAMENTE SENZA TIMORE DI… DI RAPPRESAGLIE… COME ME LA STO CAVANDO?
Elminster e la Simbul girarono la testa per scambiarsi un’occhiata, poi fu Elminster a rispondere, in tono gentile.
«In questo siamo d’accordo entrambi, Potentissima», disse, rivolto alla vuota aria sibilante che lo circondava. «Considerata la frequenza con cui combiniamo pasticci noi due, che pure utilizziamo da centinaia di anni una certa misura del potere che tu detieni, direi che te la stai cavando bene. Decisamente bene.»
La salvò una barca beccheggiante. Narnra spiccò un balzo, atterrò violentemente e scivolò lungo il tetto umido della sua cabina con una velocità che le permise di stretta misura di darsi una spinta verso l’alto… e verso l’esterno... in modo da raggiungere l’altezza di cui aveva bisogno per attraversare un tratto sempre più ampio di acqua nera come l’inchiostro e da atterrare a talloni in avanti sulla già malconcia murata di una chiatta ingombra di mucchi di catena arrugginita, di rifiuti, di gabbie per pescare granchi e di un groviglio di reti marce, svegliando con il suo passaggio tre sporchi mendicanti che dormivano là in mezzo e che la seguirono con le loro imprecazioni mentre lei oltrepassava con un volteggio il massiccio braccio di traino di cui la chiatta era dotata in modo da arrivare all’isola successiva.
Là, l’Ombra di Seta s’infilò in un vicolo e continuò a correre, tenendosi bassa e arrestandosi con cautela all’estremità opposta che, come lei aveva giustamente supposto, corrispondeva anche al lato opposto dell’isola. Il ponte successivo, che le avrebbe permesso di accedere a un’altra isola molto più grande dove avrebbe potuto disporre di un maggiore assortimento di percorsi mediante i quali raggiungere la terraferma vera e propria, era adesso solo a pochi passi di distanza, ma doveva essere senza dubbio sorvegliato. Se si fosse trattato soltanto di uno o due guerrieri, forse avrebbe potuto superarli con una rapida corsa, ma se le guardie fossero state più numerose, o se fossero state munite di balestre o di incantesimi, le cose sarebbero state del tutto diverse.
Narnra si accoccolò nell’ombra, piena di tensione, consapevole di non avere a disposizione molto tempo prima che gli inseguitori la raggiungessero. Per il Mantello di Mystra, non avrebbe neppure saputo dire quanti Maghi della Guerra capaci di teleportarsi e quanto Arpisti abili quanto lei e probabilmente anche di più c’erano stati in quella cantina… e cosa sarebbe successo se la Maga Reale li avesse mandati tutti al suo inseguimento?
Per ironia della sorte, fu lo stesso Glarasteer Rhauligan a salvarla, in quanto arrivò in cima ai gradini di corsa, ansimando un poco e si rivolse a una delle guardie, chiedendo se avesse visto passare di corsa una ragazza vestita di cuoio scuro e mascherata. Sorpresa, la guardia si fece avanti per rispondere, e Narnra ne approfittò per saettare alle sue spalle come una freccia, arrivando a metà del ponte prima che Rhauligan la vedesse e desse l’allarme.
Una lanterna scintillò nel venire sollevata all’estremità opposta del ponte… un semplice arco di pietra umido di nebbia… sorretta dalla mano guantata di una guardia dotata di armatura che pareva aver portato con sé parecchie dozzine di compagni. Imprecando, Narnra balzò oltre il lato del ponte senza rallentare la corsa.
L’acqua era ghiacciata quanto era sporca e lei riaffiorò facendosi largo freneticamente fra detriti galleggianti di cui era meglio non poter vedere la natura, issandosi sulla prua di una chiatta rimasta all’ancora per così tanto tempo che le alghe erano cresciute in veri e propri festoni intorno alle catene di ancoraggio. Sott’acqua, qualcosa l’urtò e cercò di mordicchiarle uno stivale. Narnra scalciò in preda al timore e al disgusto, sentì qualcosa di solido ritrarsi con un sussulto e si issò su un altro pontile come se avesse avuto gli dei stessi alle calcagna.
Da qualche parte nelle vicinanze, nell’oscurità pervasa di nebbia, una guardia lanciò un richiamo ai compagni. Imprecando selvaggiamente, ma in silenzio, Narnra si arrampicò sul più vicino muro pericolante appena pochi istanti prima che una punta di lancia si protendesse a trafiggerla.
Tegole rotte e smosse scivolarono sotto i suoi piedi, provocandole uno strappo alla coscia che le causò un nauseante sussulto di dolore, poi si ritrovò lontano dagli inseguitori e nel bel mezzo di un labirinto all’apparenza infinito di tetti scivolosi, di nebbia, di altri tetti, di altri muri diroccati e di balzi disperati per superare stretti canali puzzolenti.
Quando un salto particolarmente lungo le tolse il respiro e la lasciò raggomitolata e ansimante intorno a un pinnacolo ornamentale in pietra che qualcuno era stato tanto previdente da applicare al bordo di un tetto, Narnra Shalace si concesse un po’ di tempo per riprendere fiato, massaggiarsi la gamba offesa, sussultare e girarsi, cosa che le permise di notare due cose.
A un certo punto della sua frenetica fuga aveva effettivamente raggiunto la terraferma, attraversando parecchie strade di quella che doveva essere la città di Marsember, ma la cosa più importante era che quell’Arpista che aveva osato discutere con la temibile Regina di Aglarond… Glar-qualcosa Rhauligan, così si chiamava… l’aveva seguita nella sua serie di folli balzi e di corse sui tetti ed era adesso nel suo campo visivo, intento a superare con un facile salto un vicolo distante appena tre tetti da lei!
«Signore Mascherato e Tymora, aiutatemi!» ringhiò, scagliando quella preghiera verso le poche stelle che poteva veder scintillare attraverso la gelida coltre di nebbia sempre più fitta, poi ricominciò a correre, scalciando con la gamba offesa per sciogliere i muscoli che le stavano causando dolore. Adesso la gamba le dava un po’ meno fastidio, però…