«Fatto», annunciò in tono di trionfo la voce del proprietario del ginocchio, dal letto. «Impacchettato come un volatile da fare arrosto!»
«Allora lo sistemeremo qui per terra accanto alla sua vergognosa signora… se non altro, dovrebbe vergognarsi… guarda quel tatuaggio… e potremo dare inizio al divertimento.»
«Eh? Quale tatuaggio?»
«Più tardi, Bez. Prima provvediamo al ricollocamento del mercante condannato, d’accordo?»
Glarasteer Rhauligan sussultò nell’estrarre l’affilata lama della daga di Narnra dal cappuccio e da una delle dita che vi aveva infilato per tenerlo allargato, poi fasciò la ferita con una delle strisce di stoffa che teneva sempre a disposizione in una delle sacche che aveva alla cintura.
Dunque la sua piccola volpe in fuga aveva una daga in meno, ma era inevitabile che ne avesse a disposizione almeno altre due, se non probabilmente anche il doppio, e la prossima volta una di esse avrebbe potuto andare a conficcarsi davvero nella sua testa e non in un surrogato affrettatamente approntato. Adesso il cappuccio aveva un foro per gli occhi decisamente più largo dell’altro e avrebbe dovuto essere sostituito quando…
Rialzatosi in piedi, Rhauligan spiccò la corsa lungo il canale di scolo del tetto, ringraziando gli dei per l’orribile clima piovoso di Marsember, grazie al quale ogni casa era abbondantemente fornita di canali di scolo e di grondaie robuste, e balzò sul tetto successivo invece di superare il picco di quello su cui si trovava, con il rischio di essere accolto da una seconda daga.
Se Tymora lo avesse favorito, lei si sarebbe avviata nella direzione che aveva previsto, che era… sì! Là!
Un fianco snello vestito di cuoio scuro che stava scomparendo affrettatamente dietro il picco di un altro tetto… la ragazza era consapevole di averlo ancora alle calcagna, ma Rhauligan sapeva con esattezza quanto fosse ridotta la parte di città attraverso cui lei avrebbe ancora potuto proseguire la fuga in quella direzione prima che le mura cittadine le sbarrassero il passo e la costringessero a dirigersi a sud o a ovest, scendendo in strada… o a tornare indietro verso di lui.
Respirando pacatamente, Glarasteer Rhauligan si avviò a passo svelto attraverso le cortine di nebbia che sembravano ora minacciare di trasformarsi in pioggia, e sorrise: quello sì che era un divertimento, e… whoalaho! La ragazza stava già tornando indietro, come dimostrava la forma scura che stava saettando attraverso una strada, sotto di lui, appena al di sopra di un lampione, e pareva aver davvero messo le ali ai piedi!
Il sorriso dell’Arpista si accentuò. Ora la teneva…
Durexter e Starmara Dagohnlar giacevano fianco a fianco sul loro nuovo e morbido tappeto athkatlano… legati, furiosi e impotenti. I loro due assalitori, che brandivano due fra i più grossi e affilati coltelli marsembani che la coppia di mercanti avesse mai visto, portavano un cappuccio nero… ma ormai entrambi i Dagohnlar avevano capito benissimo con chi avessero a che fare.
A Marsember c’erano mercanti più spietati e disonesti di Lord Durexter Dagohnlar, ma lui stava ben attento a non fare nessun affare con loro e a non ostacolarli neppure in misura minima, arrivando perfino ad accettare di tanto in tanto di subire qualche piccola perdita pur di continuare a essere troppo utile per poter essere eliminato. C’erano anche molti mercanti marsembani che erano disonesti quasi quanto lui nei loro affari, e Durexter badava sempre di avere il modo di poterli tenere sotto controllo, proprio per prevenire quello che stava accedendo in quel momento, e cioè che due di essi si presentassero di notte per recuperare con la forza le monete che la coppia legata aveva sottratto loro con una truffa.
Quello grasso, sudato e gioviale doveva essere il contrabbandiere e ricettatore Bezrar, i cui piani erano sempre semplici e brutali quanto lui, mentre quello più alto e più magro era quello che costituiva il vero pericolo: Malakar Surth, commerciante in veleni e droghe, fra le altre cose, un uomo che aveva rapporti di affari con i locali preti di Shar e con certi stranieri capaci di usare incantesimi… e perfino, se le ultime informazioni che Durexter aveva pagato a caro prezzo erano esatte, con almeno uno dei Maghi Rossi di Thay.
Durexter non sapeva che la sua signora, distesa accanto a lui, avrebbe potuto fornirgli il nome di quel mago thayano perché… grazie alle camere private affittate presso una locale casa di bellezza e alla mente intraprendente delle matrone che le frequentavano, le sue fonti d’informazione erano ancora più costose e aggiornate. Di recente, Malakar Surth era entrato per un periodo di tempo limitato al servizio di un certo Harnrim «Incantesimi Oscuri» Starangh, un accordo il cui scopo era di trarne entrambi profitti e benefici.
Nessuna di queste cose era tale da poter offrire il minimo conforto al mercante, considerato che aveva apertamente e beffardamente truffato Bezrar e Surth di una notevole somma di denaro, consigliando loro con trionfante sarcasmo di «appellarsi agli dei» o di «rivolgersi alla Corona» per ovviare alla perdita subita… e dal momento che si era trattato di somme che nessuna delle parti interessate, se aveva un minimo di buon senso, aveva registrato in nessun documento contabile, in quanto riguardavano affari assolutamente illegali, chiunque si fosse rivolto alle autorità per un risarcimento si sarebbe ritrovato a trascorrere lunghe stagioni in una cella o ai lavori forzati.
Naturalmente, fu Surth a parlare per primo.
«Ci conoscete entrambi», esordì, in tono vellutato, «e sapete perché siamo qui. Siamo intenzionati a uscire da questa vostra splendida casa in possesso di quello che ci dovete… Bezrar, la corda!… e starà a voi determinare se per ottenerlo dovremo ricorrere a mezzi di persuasione gentili oppure dolorosi».
«Oh! Ah!» rispose Bezrar, slacciandosi la fibbia dei pantaloni.
Starmara emise un suono soffocato che avrebbe potuto essere un gemito allarmato o semplicemente un verso di disgusto, ma ciò che venne rivelato fu soltanto un’appendice maschile avvizzita dagli anni e in misera condizione, sovrastata da un lungo rotolo di corda grezza che era stato avvolto intorno ai fianchi del mercante in modo da allargare di parecchio la sua già notevole circonferenza, che ora si ridusse rapidamente quando Bezrar assestò uno strattone all’estremità della corda e cominciò poi una elefantesca imitazione di una danzatrice che eseguisse la danza del ventre su un piedistallo durante una festa, facendosi scivolare la corda intorno ai piedi con una goffaggine che strappò un sospiro a Surth e destò in Starmara l’improvviso desiderio di scoppiare a ridere. Quel Bezrar somigliava così tanto a Durexter quando cercava di essere affascinante…
«Le colonnine del vostro letto serviranno egregiamente come ancoraggio per le due corde che abbiamo qui», spiegò con indifferenza Surth, «poi legheremo l’altra estremità intorno ai vostri piedi… spero saldamente… e vi caleremo entrambi dalla finestra e nel canale sottostante, a testa in avanti».
Starmara non avvertì più il minimo desiderio di ridere.
«Vi faremo dondolare per un po’ sott’acqua in modo che le anguille possano avere qualcosa da mangiare, poi vi tireremo su e vi chiederemo del denaro. Bez è forte e vi potrà tirare su molte volte, anche se è ovvio che quanto più ci irriteremo e stancheremo, tanto più lungo sarà il tempo che voi passerete a respirare acqua e a nutrire i pesci. Semplice, vero?»