«Le tue conclusioni sono esatte, per quello che è possibile determinare dall’esterno», replicò la testa nelle fiamme, dando l’impressione di annuire appena. «Tuttavia, lascia che ti dia questo avvertimento: a me sembra che in Lady Joysil ci sia qualcosa di più di una semplice nobildonna ricca, sofisticata e annoiata. Certo, per lei gli intrighi sono come una droga, ma… in lei c’è anche qualcosa di più…»
«Profondità nascoste?» sorrise Starangh. «Ne abbiamo tutti, signore.»
Rhauligan sbatté le palpebre per la sorpresa, scoccò una serie di rapide occhiate in giro per la camera da letto per essere certo che nessun nemico si stesse avvicinando di soppiatto con una lama pronta a essere lanciata o con qualche altro mezzo di offesa e adagiò con delicatezza al suolo la donna che reggeva fra le braccia, mentre uno dei due prigionieri legati rotolava su se stesso per osservarlo.
Per gli dei, come poteva una creatura così esile avere tanto sangue da perdere? D’altro canto, se voleva catturarla viva, non aveva tempo da sprecare in riflessioni del genere.
Inginocchiatosi su di lei, Rhauligan protese una mano oltre il cerchio umido e appiccicoso di sangue scuro che si andava allargando sempre di più e tirò fuori dallo stivale sinistro la fiala d’acciaio che vi teneva riposta. Sul fondo, essa era dotata di una punta che permetteva di piantarla nel terreno, pronta all’uso, e lui si servì di quella punta e delle proprie dita per forzare i denti serrati della ragazza, premendole poi una nocca contro l’articolazione della mascella per tenerle la bocca aperta mentre strappava con i denti il tappo della fiala.
Le palpebre di Narnra ebbero un fremito, e mentre lui sputava lontano il tappo della fiala i suoi occhi si spalancarono… e lei si contorse debolmente, emettendo un flebile sibilo di dolore. Una mano si sollevò per cercare di colpirlo al volto, tremò e ricadde al suolo accompagnata da un gemito. Tappando la fiala con il pollice, l’Arpista la capovolse e l’infilò fra i denti della ragazza, tenendola ben salda e gravando con il proprio peso sul corpo di lei per evitare che si muovesse.
Come sempre, il consueto accesso di tosse soffocata giunse quasi subito, ma Narnra risultò troppo debole per fare qualcosa di più che tremare… almeno nei primi momenti.
Rhauligan sopportò il suo dibattersi con cupa determinazione, inarcandosi per meglio controllare le convulsioni più violente che giunsero qualche momento più tardi, perché sapeva fin troppo bene quanto fosse acuta la sofferenza che accompagnava quel genere di risanamento, poi rigirò brutalmente la ragazza in posizione prona e tirò fuori ciò che teneva nell’altro stivale: un lungo tratto di corda scura cerata.
Nel tempo che lui impiegò a legarle entrambi i polsi e ad assicurarli alla parte posteriore della sua stessa cintura, Narnra si risanò completamente e prese a contorcersi con una tale energia da far affiorare un asciutto sorriso sul volto del suo catturatore.
«Ora smettila, ragazza», le ingiunse in tono allegro, prendendola per i gomiti per farla girare e issandola in piedi. «Ora ti porterò dalla Maga Reale per essere interrogata… e naturalmente più tardi mi potrai ringraziare per averti salvato la vita.»
La sola risposta di Narnra fu girare la testa con il gesto più secco di cui era capace per sputargli contro, scalciando al tempo stesso con violenza verso il punto in cui riteneva dovesse trovarsi la sua gamba più vicina. La sua supposizione risultò esatta, ma in passato Glarasteer Rhauligan aveva sopportato cose molto peggiori del vedersi sputare contro o dell’essere preso a calci, e si limitò a cambiare posizione con una risatina.
«Suvvia, ragazza», ringhiò poi. «L’inseguimento è finito, e Caladnei non è cattiva come tu… auuooo!»
Narnra si era seduta improvvisamente, protendendo in fuori il posteriore in modo da assestare una spinta decisa; sbilanciato, l’Arpista protese un piede all’indietro per puntellarsi, lo posò sul bordo dell’armadio rovesciato, si storse la caviglia e crollò al suolo, impotente ad arrestare la caduta. Contemporaneamente, l’Ombra di Seta scattò in avanti, colpì con un gomito e si contorse disperatamente per liberarsi dalla sua stretta, finendo per rimbalzare addosso a lui e lontano dalle sue mani, quando Rhauligan si abbatté sullo schienale già malconcio dell’armadio.
«I miei vestiti!» gemette Starmara Dagohnlar, mentre Narnra Shalace si rialzava di scatto per allontanarsi dall’uomo che le aveva salvato la vita e si dirigeva alla finestra come un vortice scuro.
Ruggendo di dolore e di irritazione, Rhauligan rotolò su se stesso fino a rialzarsi, ignorando le grida improvvise che stavano giungendo dal pavimento, tutte a base di:
«Salvaci! Signore, soccorrici! Siamo ricchi, possiamo pagare! Aiutaci, per favore!»
Rhauligan si raddrizzò in tempo per vedere il tenue rettangolo di luce della finestra oscurarsi per l’avvicinarsi del corpo in corsa di Narnra… e poi tornare ad apparire. Un momento più tardi, dal basso giunse un sonoro sciacquio.
Il canale. Si sarebbe annegata in quel maledetto canale.
Con un ringhio di rabbia assordante, Glarasteer Rhauligan attraversò di corsa tutta la stanza, spiccò un salto e attraversò d’un solo balzo la finestra, generando così un secondo sciacquio ancora più risonante.
Durexter e Starmara Dagohnlar si scambiarono un’occhiata interdetta. Trascorsero lunghi momenti interminabili, ma nella loro camera da letto non si verificarono altre improvvise apparizioni, non ci furono ulteriori irruzioni di assalitori incappucciati e muniti di coltello né altri nuovi arrivi inattesi.
I due tornarono a fissarsi a vicenda… e per tacito accordo entrarono in azione all’unisono, rotolando e contorcendosi per avvicinarsi maggiormente l’uno all’altro.
«Il cordone del gong!» ringhiò il mercante, quando ebbe ripreso fiato. «Puoi alzarti e raggiungerlo?»
«Non riesco neppure ad avvertire i piedi!» ribatté in tono secco la sua signora, «e se credi che intenda convocare i servitori qui dentro mentre siamo entrambi nudi e legati come polli pronti per lo spiedo… Per gli dei, Durr, ma non ti rendi conto che probabilmente sarebbero lieti di tagliarci la gola? Adesso rotola su te stesso e girati, in modo che possa avvicinare i denti ai tuoi polsi».
Un gemito improvviso proveniente dall’armadio indusse entrambi a immobilizzarsi per la paura, poi la testa incappucciata che sporgeva fra le schegge di legno si girò con fare stordito e gemette ancora.
«Fa’ presto!» ringhiò Lord Durexter Dagohnlar, sbattendo la fronte contro quella della moglie nella frenesia di muoversi… e causandole così la peggiore emicrania di cui avesse sofferto da anni. Il suo alito era… più pestilenziale che mai.
Mentre rotolava lontano da lui e si sollevava, scalciando con i piedi legati fino a riuscire a sedersi sul tappeto arruffato, Starmara concepì una serie di pensieri omicidi.
Per questo, marito mio, tu morirai. Non subito… non prima che noi si sia al sicuro a Westgate…. Ma tu… tu… razza di maiale, Durr.
«Fa’ presto!» ripeté Lord Dagohnlar, quasi in tono di supplica. «Se riusciremo ad uccidere Surth saremo salvi, perché senza di lui quel grasso idiota di Bezrar non oserà tentare nulla. Se Surth dovesse svegliarsi e arrivarci addosso prima che ci siamo liberati, saremo noi a finire in pasto alle anguille! Avanti, comincia a rosicchiare!»
«Da come parli, sembra che io sia un topo!» sibilò Starmara, cominciando a lavorare di denti.
Saggiamente, Durexter si astenne dal replicare.
Instancabile, il vento continuava a sferzare il Tharbost, sollevando la veste della Simbul fin quasi sopra la testa.