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Durante quel discorso Nouméa era impallidita visibilmente. Adesso deglutì a fatica, lentamente, poi sollevò la testa e fissò Lady Ambrur negli occhi.

«Sì, in ogni parola, che mi piaccia o meno», dichiarò con fermezza. «Per riempire alcuni vuoti presenti nella mia storia, riguardo ai quali ci sono state supposizioni, posso aggiungere che nessun uomo a parte Elmarr mi ha mai toccata, neppure Elminster o Lhaeo, e che non ho avviato nessuna storia sentimentale o di semplice rapporto fisico con alcuno, qui in Sembia. La portata delle tue informazioni può essere descritta solo con il termine “impressionante”, e non intendo chiederti come sei venuta a conoscenza di tanti particolari, tuttavia sono curiosa di capire perché ti prendi la briga di apprendere tante cose… sul mio conto, riguardo all’Arpista che è appena uscita e… su tutti quanti. Scommetto che sei informata riguardo a ciascuna delle ospiti che sono appena uscite nella stessa misura in cui lo sei sul mio conto.»

«Conoscere segreti… essere informata di quelle azioni poco legali e di quegli intrighi che sembrano essere il nucleo stesso della natura umana… è per me cibo e bevanda, il vino stesso della vita. Credimi, non potrei vivere in nessun altro modo, e… sì, avresti vinto quella scommessa.»

Un campanello trillò, da qualche parte dietro la sedia, inducendo Lady Ambrur a posare il calice.

«Allora, il nostro accordo è confermato? Mi hai rimandato il denaro che ti avevo offerto, ma hai detto di voler accettare.»

«L’accordo è valido, ma non ho bisogno di pagamenti. Ti considero un’amica.»

«Comunque sia, il nostro ospite… che stando al campanello di avvertimento è appena arrivato… è un Mago Rosso di Thay. Presenziare a questo incontro per proteggermi potrebbe quindi comportare un certo pericolo e far sì che tu venga d’ora in poi considerata una nemica da tutti i Thayani, anche se questa mattina non dovesse accadere nulla di spiacevole.»

«Comunque sia», ribadì Nouméa, annuendo. «Mi pareva però che in precedenza avessi parlato di tre ospiti.»

«Infatti, ma due di essi non sono che furfanti locali animati soltanto da disonestà e vuota ambizione. Peraltro, mi fa piacere che tu intenda rimanermi accanto, giusto per maggiore precauzione. Posso presentarti come una studiosa di architettura venuta a visitare Haelithorntowers per esaminarne le caratteristiche?»

«Certamente», assentì Nouméa Cardellith, con un sorriso improvviso. «Guglie e torrette sono cose su cui posso dissertare a piacimento per mezza giornata. Elmarr riteneva che quello fosse l’unico argomento di cui si potesse parlare con una donna… perfino la sua donna.»

«Chissà perché, la cosa non mi sorprende», ribatté Lady Ambrur, in tono asciutto, mentre tirava un cordone che pendeva vicino al bracciolo della sua sedia.

I doppi battenti si aprirono immediatamente e i servitori scortarono tre uomini nella stanza, due mercanti seguiti da una figura isolata.

Uno dei due Marsembani era alto e magro, con il volto duro, mentre l’altro era basso e massiccio, aveva l’aria un po’ malconcia e da come stringeva fra le mani un elegante cappello sembrava pensasse che farlo a pezzi gli avrebbe permesso di emergere in qualche modo incolume dall’imminente incontro. I due poi si separarono per lasciar passare il terzo uomo, un individuo giovane dotato di una cupa bellezza, vestito in nero e argento, che aveva in tutto e per tutto l’aspetto di un determinato e abile nobile di Suzail o di un principe mercante purosangue appartenente a una delle principali famiglie di Sembia.

«Signori, siate i benvenuti», li accolse con calore Lady Joysil. «Questo incontro avviene in assoluta riservatezza, e siamo in possesso delle informazioni che volevate.»

«Ah», replicò il mago, spostando lo sguardo da Nouméa a Joysil per poi riportarlo sulla prima nobildonna. «Questo è un bene. Piacere di incontrarvi, Lady Joysil e Lady…»

«Cardellith, signore», replicò la prima donna. «Nouméa Cardellith, ora di Marsember.»

«È una studiosa di architettura», interloquì con gentilezza Lady Ambrur. «È qui per vedere tutti gli intagli e le sculture di Haelithorntowers.»

«Architettura?» sorrise il Thayano.

«E altre cose», replicò la Signora di Haelithorntowers, con un sorriso quasi identico al suo.

«Ah», commentò ancora il mago, e si mise a sedere senza attendere di essere stato invitato a farlo, lasciando i due mercanti in piedi alle sue spalle, in preda all’incertezza.

«Questi sono i mercanti Aumun Tholant Bezrar e Malakar Surth», li presentò Lady Ambrur, invitando al tempo stesso i due a sedersi con un cenno. «Questi è invece Harnrim “Incantesimi Oscuri” Starangh, uno dei più diplomatici Maghi Rossi di Thay che abbia mai avuto il piacere di intrattenere.»

«E hai intrattenuto molti di noi, Lady Ambrur?»

«In effetti sì, Incantesimi Oscuri», confermò Lady Ambrur, con un altro sorriso. «In particolare, Szass e io siamo vecchi amici… molto vecchi.»

Per un istante, il Thayano parve immobilizzarsi, poi replicò, in tono ancor più sommesso:

«Prima o poi me ne dovrai parlare, ma sarà per un’altra volta».

«Certamente. Quando giungerà il momento adatto, come affermi tu stesso», fu la vellutata risposta.

Nouméa represse un brivido nel constatare come le parole della sua ospite e del Thayano fossero misurate e tuttavia dense di minaccia, poi scoccò un’occhiata in direzione dei due Marsembani e lesse sul loro volto la stessa paura rigidamente mascherata che sapeva essere presente sul proprio: quei due non sapevano tutto quello che stava succedendo in quel luogo, ma ne sapevano abbastanza da avere la certezza che qualsiasi cosa si celasse dietro quell’incontro era spiacevole, e pericolosa.

«Hai appreso ciò che desidero sapere, e per cui ho offerto dodicimila monete d’oro?» domandò infine il Thayano, allargando le mani.

«Docidimilaseicento», lo corresse con calma Lady Ambrur.

«Come vuoi tu, dodicimilaseicento», assentì il Mago Rosso.

«Sì. Vuoi sapere con esattezza cosa “stia combinando” Vangerdahast, il Mago di Corte di Cormyr che si è ritirato dalla sua carica, dove si trova e quali siano le sue difese magiche.»

«Se potrai darmi anche una risposta parziale a quegli interrogativi», affermò Starangh, con un sorriso, una luce dura e intensa nello sguardo, «Vangerdahast si verrà a trovare molto più vicino alla sua rovina… una sorte che si è abbondantemente guadagnato e che mi farà un estremo piacere infliggergli. Al più presto».

* * *

Quell’umida città puzzolente di pesce non era Waterdeep, ma se non altro aveva muri e tetti, e questo le permetteva di sentirsi un po’ più a suo agio in essa.

Narnra si concesse un sorriso privo di divertimento. Eccola là, a fuggire per salvarsi la vita, inseguita da una sorta di agente della legge deciso a ucciderla o a catturarla.

Oh, sì, era proprio come a casa.

* * *

La Regina di Aglarond arricciò il naso.

«Ah, Marsember! Come sempre, umida e fredda pietra, persone ancora più fredde e l’onnipresente fetore di pesce e di rifiuti umani. Come intrattenimenti, ci sono le tempeste che infuriano lungo la costa e gli intrighi che imperversano dietro le porte chiuse. Bene», continuò, con un sorriso, «se non altro serve a uno scopo eccellente: ricordarmi che non dovrò mai permettere che la mia capitale, Valprintalar, s’ingrandisca al punto da diventare un vasto regno di finzione!».

Elminster le accarezzò la spalla nuda, poi baciò la pelle morbida su cui stavano scorrendo le sue dita.

«Mi dispiace», replicò. «Anche per me, questo non è il posto che preferisco in tutta Faerûn, ma si dà il caso che attualmente Caladnei si trovi proprio qui.»