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«Sarà fatta la volontà di Mystra», sospirò la Simbul, poi si volse di scatto, afferrò Elminster per la barba e gli abbassò la testa in modo da poterlo baciare intensamente.

Come pareva sempre propensa a fare, gli si strinse contro con avidità, fondendosi con lui…

«Abbi cura di te», sussurrò, quando infine il fatto che fossero entrambi senza fiato la costrinse a trarsi indietro. «Ti ho aspettato così a lungo… non mi lasciare sola proprio adesso.»

«Cosa?» replicò Elminster, sconcertato. «Tu mi hai aspettato…?»

«Ho aspettato che ti accorgessi di me e mi amassi», spiegò lei, gli occhi quanto mai incupiti. «Per me stessa, e non in quanto una delle figlie di Mystra.»

Nel parlare, attivò davanti a sé un incantesimo che evocò un’oscurità punteggiata da una spruzzata di minuscole stelle.

«Ho amato la tua mente per secoli, prima che tu sapessi chi ero, Vecchio Mago, e ora amo anche il tuo carattere. Tuttavia», aggiunse, con una smorfia, «avresti potuto avere maggiore cura del tuo corpo, vecchio rottame».

Elminster inarcò le sopracciglia, sollevò le mani agitandole in una serie di movimenti elaborati, mormorò un rapido incantesimo… e si trasformò in un giovane alto e ampio di spalle, dotato di una rude avvenenza e di neri capelli corvini, rivolgendole un sorriso scintillante.

La Simbul sbuffò, poi si portò le mani alla bocca con finta eccitazione, come una ragazzina prossima a svenire per l’emozione, e abbandonò con altrettanta prontezza quell’atteggiamento per strizzargli l’occhio. Indietreggiando nell’oscurità da lei evocata, la Regina di Aglarond mormorò:

«Il mio vecchio rottame», e svanì, portando con sé la fenditura che aveva creato, completa delle sue stelle e di tutto il resto.

Il trasformato Elminster diresse un sorriso pieno di affetto verso il punto in cui lei si era trovata un attimo prima, poi scosse il capo e contrasse a sua volta la bocca in una smorfia.

«Mi chiedo se in tutti i secoli che ha passato amando la mia mente abbia anche visto dove andava il mio corpo girovago, e con chi», borbottò.

Ridacchiando, scrollò le spalle e si incamminò nel freddo e oscuro passaggio intasato di ragnatele.

* * *

L’umidità aveva trasformato le ragnatele in fitte tende costellate di gocce simili a gemme. Elminster passò in mezzo a esse senza preoccupazione, ricoprendosi le vesti di uno strato irregolare di setosa sporcizia, e svoltò a sinistra non appena raggiunto il bivio che ricordava.

Immediatamente, un freddo fuoco azzurro divampò nel vuoto davanti al suo naso, ma lui attraversò con passo tranquillo l’incantesimo di protezione… e anche quello successivo.

Poco dopo si trovò a fronteggiare un’assonnata Maga della Guerra che, a piedi scalzi, gli si parò davanti con rabbia, tenendo fra le braccia un’asta a cui erano attaccate una mezza dozzina di bacchette scintillanti di potere e puntandogliela dritta verso la faccia.

«Fermati, se non vuoi essere distrutto!» ingiunse, mentre le sue dita attivavano una magia che fece suonare dei campanelli in una dozzina di diverse camere, vicine e lontane.

Adesso, qualsiasi cosa fosse accaduta, ben presto quel passaggio, che non era poi così segreto, sarebbe stato invaso entro pochi minuti da numerosi Maghi della Guerra, e fino ad allora sarebbe stato suo dovere impedire a quello sconosciuto di…

L’uomo si fece avanti, e con un ringhio la Maga della Guerra attivò contemporaneamente tre bacchette.

Il bagliore e il ruggito che scaturirono da esse quasi accecarono la Maga della Guerra Belantra e la fecero barcollare all’indietro, mentre le pietre di pavimentazione del passaggio fluttuavano e sussultavano sotto i suoi piedi in reazione all’immane onda d’urto. In lontananza, al di là di quell’intruso, alcune pietre si staccarono dalla volta del passaggio, rotolando lontano in mezzo a nubi di polvere.

L’uomo continuò a venire avanti, come se quella devastante magia non lo avesse neppure sfiorato.

«Indietro, demone!» ingiunse Belantra, sentendo crescere dentro di sé un’improvvisa paura. Nessuno avrebbe dovuto essere in grado di sopravvivere a una scarica del genere! Anche ammesso che quell’uomo avvenente che aveva davanti fosse stato un’illusione, la magia che la creava avrebbe dovuto essere distrutta, e…

Una mano dalle dita lunghe si chiuse intorno alla punta di una delle bacchette impugnate dalla maga, proprio nel momento in cui lei l’attivava di nuovo con rabbia disperata. Ignorando con calma la maga, l’intruso sollevò la bacchetta in modo che il raggio color smeraldo di energia tale da fondere la carne non fosse diretto contro il suo petto ma addirittura negli occhi…

Occhi scintillanti di un azzurro intenso, che fissarono per un momento quelli della maga, ammiccarono e abbassarono lo sguardo a esaminare di nuovo la bacchetta.

«Ah, sì, ho aiutato Vangey a permearla del suo incantesimo, e adesso, dopo tutti questi anni, lui la spreca come una sorta di “potente” giocattolo multiplo, alla maniera di Lantanna? Credevo di averlo istruito meglio di così», affermò l’avvenente intruso, scuotendo il capo, poi sollevò di nuovo lo sguardo e spinse con gentilezza la bacchetta da un lato con la punta di un dito, domandando: «Come ti chiami, ragazza?».

«Sono una Maga della Guerra di Cormyr», rispose in tono secco Belantra, «e qui sono io quella che deve fare le domande!».

«Ma certo», convenne con disinvoltura lo sconosciuto, prendendola per un gomito con una mano e spostandola di lato in modo da poter passare.

Quando la maga si girò con rabbia per sbatterlo contro il muro, assecondò con agilità il suo movimento come se stessero danzando insieme e finì per trovarsi alle sue spalle, stringendole il polso in una morsa che la donna non fu in grado di infrangere. Sospingendola, si avviò poi nella direzione da cui era giunta la maga.

«Sono qui per vedere Caladnei», spiegò, «ma mentre andiamo a prenderla sei libera di farmi tutte le domande che vuoi, d’accordo?».

«Come fai a sa… la Maga Reale non può vedere nessuno! Sta dormendo, dopo una notte molto lunga e faticosa, in cui è stata impegnata a difendere il regno.»

«Lo so, è stata una notte davvero lunga», sorrise l’avvenente sconosciuto, «e io ho contribuito a renderla tale. D’altro canto, far rientrare ciò che abbiamo fatto in una notte più breve avrebbe potuto benissimo trasformare Caladnei in un cadavere».

«Chi sei… lasciami andare! Lasciami, fermati immediatamente e dimmi il tuo nome!» urlò Belantra, spingendo il fascio di bacchette e l’asta a cui erano attaccate contro la faccia dell’intruso, pronta a sacrificare la propria vita per difendere la Maga Reale.

«Siamo esigenti, vero?» ribatté l’intruso, inarcando le sopracciglia brune. «Devo dire che una volta i Maghi della Guerra non erano così vociferanti. Avevo avvertito Amedahast che stava modellando qualcosa che sarebbe senza dubbio sfuggito al suo controllo… ma del resto, chi sono io per negare agli altri maghi i loro piani grandiosi e i loro giocattoli, quando simili sforzi da parte loro ci hanno fruttato tante meraviglie? No, ragazza, non cercare di attivarle tutte contemporaneamente, perché scaglieresti questa cantina attraverso tutto il grandioso edificio che la sovrasta, trasformando Caladnei in una poltiglia d’ossa, sorte che condividereste anche tu e chiunque altro si trovi in quest’area, inclusi tutti i fedeli colleghi maghi che hai convocato!»

Nel parlare, l’intruso indicò verso il passaggio, dove alcuni uomini e donne dalle lunghe vesti si stavano avvicinando di corsa, muniti di bacchette e accompagnati da svariati bagliori prodotti dal destarsi della loro magia.

Ridacchiando e scuotendo il capo, lo sconosciuto spinse davanti a sé Belantra e il suo fascio di bacchette perché gli servissero da scudo e la trasportò più o meno di peso giù per i pochi gradini del passaggio, fino all’entrata da cui lei era sbucata, posando una mano sulla porta chiusa che la bloccava.