«E allora?» chiese uno di essi, in tono rude.
«E allora significa che lo hanno adescato, non ci sono dubbi al riguardo. Però la nostra vittima è l’usuraio Caethur.»
Dalle guardie si levò un generale ringhio di disgusto.
«È un peccato che il ladro non lo abbia ucciso», commentò qualcuno. «Oppure lo ha fatto?»
«Oh, Caethur vivrà, anche se dovranno passare lunghi anni prima che riacquisti la voce, sempre che gli sia possibile recuperarla. Però, a meno che l’Usuraio sappia chi lo ha assalito… e sia disposto a dircelo… credo che nell’interesse di Waterdeep sia meglio se noi…»
«Proprio così», intervenne una voce più matura e profonda. «Sono certo che nelle vicinanze della Porta del Fiume stia succedendo qualcosa che richiede la nostra immediata attenzione. Aiutate Caethur ad arrivare al Posto di Guardia e vedete se è disposto a spiegarci cosa è successo, anche se non mi sorprenderebbe affatto constatare che non intende farlo.»
Il vecchio barbuto ignorò il grande scalone d’ingresso fiancheggiato da colonne di pietra e si diresse invece verso una rampa di gradini incassata nel fianco coperto di muschio di un giardino ricavato nella roccia che si allargava sulla destra del vasto e splendido edificio di pietra noto come la Dimora di Mirt. Passando attraverso una conca chiazzata di luce lunare, il vecchio procedette indisturbato fino all’arco di un piccolo ponte di pietra che univa la spalla sempre più alta del Monte Waterdeep, su cui si trovavano i giardini dell’usuraio, a una balconata superiore della sua casa fortificata.
Mentre era ancora a metà del ponte, l’aria davanti a lui parve scintillare, e il vecchio si trovò di colpo di fronte a una donna silenziosa avvolta in un aderente abito dalle pieghe fluenti… un indumento dello stesso pallido colore della luce lunare che tingeva i brandelli di nubi sparsi nel cielo.
«Buona sera, Ieiridauna», salutò Elminster, con un sorriso e un cenno del capo. «Mirt e Asper sono in casa?»
Lo spettro di guardia sorrise in silenzio e protese un lungo braccio ben modellato per indicare la porta alle sue spalle, poi fluttuò con esitazione in avanti fino a toccare la guancia del Vecchio Mago con l’altra mano, mentre Elminster muoveva lentamente un passo verso di lei.
Il soffice contatto della punta delle dita dello spettro raggelò profondamente Elminster e gli sottrasse un frammento di energia vitale, ma lui girò comunque il capo per baciare quelle dita gelide e poi strinse gentilmente Ieiridauna contro di sé.
Il suo respiro era un gelido alito di vento ghiacciato e per un po’ le sue spalle e il suo seno parvero farsi sempre più solidi con il protrarsi dell’abbraccio, poi Elminster si ritrovò di colpo con le braccia vuote quando lo spettro da guardia lo oltrepassò e si portò alle sue spalle, piangendo sommessamente.
«Sei troppo gentile, grande signore, troppo gentile!» gli mormorò all’orecchio. «Non devi darmi così tanto.»
«Signora», replicò Elminster, in tono altrettanto sommesso, girandosi verso di lei, «è mia speranza che tu dimori in Faerûn per almeno un’altra era a venire, per essere testimone degli eventi e sussurrare saggi consigli… e l’energia vitale è mia, da dare a mio piacimento».
Lo spettro da guardia scosse il capo e gli si inginocchiò davanti, la testa e le spalle argentee e solide, ma il resto del corpo ridotto a un semplice fluttuare dell’aria notturna.
«Mi fai un onore troppo grande, Lord Prescelto.»
«Ah, così riuscirai a farmi arrossire, ragazza!» ridacchiò Elminster, assumendo una posa eroica con una smorfia e una strizzata d’occhio, poi rivolse allo spettro un cenno di saluto e si diresse verso la porta, seguito dal suono lieve dei singhiozzi di Ieiridauna.
La semplice porta di legno scuro si aprì prima che la sua mano potesse toccarla, e una faccia dagli ispidi baffi sbirciò verso di lui da una stanza immersa in un buio più fitto di quello notturno.
«Stai di nuovo seducendo il mio spettro da guardia, El? Non c’è proprio limite alla tua lascivia?»
«Sembrerebbe di no, Lord Tricheco», ribatté Elminster, allargando le mani. «E neppure alle mie interferenze e alla mia curiosità, quando si tratta degli affari degli altri… come quelli delle persone troppo ricche di Waterdeep».
Grugnendo, Mirt gli segnalò di entrare.
«È meglio che tu abbia una valida ragione per questa visita… ci hai interrotti nel bel mezzo di una danza di Asper.»
«Ah!» esclamò Elminster, mentre entrambi passavano fra due orrori immobili dal capo coperto da un elmo per entrare in una camera da letto rischiarata da lampade e dominata da un massiccio letto a baldacchino dalle numerose colonne. «Prego, continuate pure!»
Sul letto, l’amante di Mirt si districò da una posa all’apparenza impossibile. La donna era bilanciata in equilibrio sulle spalle, la testa che guardava all’indietro e le gambe che s’inarcavano sopra di lei in modo da farle pendere davanti al naso una gemma che teneva stretta fra le dita dei piedi. Asper ripiegò le gambe all’indietro in un fluido movimento aggraziato, lanciando la gemma verso l’alto in uno scintillio di riflessi luccicanti, e l’afferrò al volo con abilità.
«Più tardi, così sentirò meno commenti lascivi», rispose. «Cosa sta succedendo?»
«In questo modo ti procurerai uno strappo», ammonì il Vecchio Mago, guardando Asper catapultarsi in avanti e da un lato in un abile movimento sinuoso fino a venirsi a trovare distesa sul bordo del letto, rivolta verso di lui.
«Come no… mi procurerò l’attenzione assoluta di un usuraio e di un Prescelto di Mystra», ribatté la ragazza, con un sorriso pieno di affetto. «Bevi un po’ di quel vino e parla».
Inarcando le sopracciglia, Elminster protese una mano, e una bottiglia si sollevò da una selva di altri recipienti simili disposti su un’alta cassapanca adorna di incisioni, fluttuando fino alle sue dita.
«Non mi meraviglia che i maghi siano simili ubriaconi», borbottò Mirt. «Se anch’io potessi fare una cosa del genere…»
«Non saresti mai costretto ad alzarti dal letto», commentò Asper. «El?»
«Vengo da Cormyr», spiegò il Vecchio Mago, stappando la bottiglia e annusandone il contenuto con apprezzamento. «Laggiù, una quantità di denaro tale da poter essere meglio descritta come “enormi mucchi di ricchezze” sta venendo spesa per finanziare una campagna segreta che mira a rovesciare gli Obarskyr e a porre un nuovo re sul trono di Cormyr».
«E cosa ci sarebbe di nuovo in questo?» grugnì Mirt. «I nostri cosiddetti nobili spendono il loro denaro in maniera simile anche qui, cercando di scoprire l’identità nascosta di ciascun Signore, in modo da poterci far assassinare e da poter corrompere i superstiti perché li scelgano per sostituirci. A quanto pare, non riflettono mai sul fatto che in questo modo si esporrebbero al rischio di essere a loro volta assassinati, ma del resto capita di rado che un nobile abbia anche solo l’intelligenza necessaria per riuscire a vestirsi da solo. Allora», continuò, protendendo la mano, «hai intenzione di bere o pensi di continuare soltanto a reggere quella bottiglia?».
Elminster trangugiò un sorso con un sospiro di apprezzamento.
«Eccellente!» commentò, consegnando la bottiglia al vecchio usuraio. «Dunque», proseguì, accostandosi al letto per sfilare la grossa gemma dalle dita di Asper e usarla per accarezzarle distrattamente le lunghe gambe snelle, «queste monete provengono da tasche ben fornite che si trovano da qualche parte qui a Waterdeep, ma non so a chi appartengano e non so neppure con precisione in mano a chi vadano a finire questi fondi quando arrivano nel Regno della Foresta. Tuttavia, sto aspettando a intervenire nella speranza che voi…».
«Lo scopriamo per tuo conto, signore?» sorrise Asper. «Certamente».