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L’uomo avanzò lentamente di un passo, e Narnra sollevò il coltello con fare minaccioso ma con mano tremante.

«Mi dici di andarmene», ringhiò, spaventata, «e tuttavia mi nascondi la via d’uscita! Che scherzo è questo, mago?».

«Ah, già, quell’incantesimo ha questo effetto su alcuni. Resta immobile.»

Poi sollevò una mano e mormorò qualcosa, indicando verso di lei. In preda alla disperazione, Narnra cercò di schivare e di allontanarsi, solo che non aveva dove nascondersi, dove fuggire.

L’aria prese a risplendere di un colore diverso e lei si sentì pervadere da una sensazione formicolante. Impotente, debole e svuotata per il terrore, fissò il vecchio con occhi roventi e…

La sensazione svanì, ma il vicolo continuò ad avere l’aspetto di una gabbia cinta da mura. Davanti a lei, il mago emise un improvviso, breve sussulto di sorpresa, poi avanzò a grandi passi, cosa che indusse Narnra a indietreggiare fino a sbattere con la schiena contro una rozza parete di pietra.

«Sta’ lontano da me!» stridette. «Io… mi metterò a urlare e farò accorrere la Guardia».

Nel momento stesso in cui la pronunciava, si rese conto che quella era una minaccia ridicola, ma il mago non accennò neppure a ridere.

«Signora della notte», disse invece, a bassa voce, «gira la mano destra in modo che possa vedere le tue nocche».

Narnra gli scoccò un’occhiata rabbiosa poi obbedì, incuriosita. La caduta fra i rifiuti le aveva prodotto sul dorso della mano un graffio che stava sanguinando abbondantemente, e nel vederlo lei accennò d’istinto a portarsi la mano alla bocca per succhiare via il sangue.

«Sta’ ferma!» scattò il mago.

La sua voce echeggiò come un tuono, l’aria intorno a Narnra prese di colpo fuoco e una nuova magia le paralizzò completamente gli arti! Lei… adesso il vecchio avrebbe… non poteva…

I suoi occhi erano ancora in grado di muoversi e poteva respirare. Inoltre, qualcosa stava ardendo vicino a lei, una fiamma che si levava dove non ce ne sarebbero dovute essere: il sangue che le copriva la mano stava bruciando di un fuoco freddo e silenzioso.

Incredula e impotente, Narnra rimase a fissare quel fuoco che non consumava nulla e tuttavia ardeva: attraverso le sue fiamme poteva scorgere la propria mano sporca di terra e il sangue che la chiazzava, e non avvertiva dolore.

Adesso il mago era fermo proprio davanti a lei, e stava fissando a sua volta la fiamma tremolante che si estinse a poco a poco sotto i loro occhi.

Sconcertata, Narnra sollevò lo sguardo a incontrare quello del mago, e scoprì che questi stava sorridendo.

«Bene», commentò questi in tono riflessivo. «Bene, bene».

Lei continuò a fissarlo come paralizzata, incapace di replicare, e nel frattempo il mago si sfilò dalla manica una piccola borsa, che sembrava una sorta di baccello grosso quanto il palmo di una mano ma era fatta di un tipo di pelle duro e coperto di scaglie ed era appesa a un’elaborata catena di anelli metallici. Aprendola con il pollice, si lasciò cadere sul palmo sette monete d’oro, e con la stessa abilità di un giocoliere da taverna le impilò con uno scatto delle dita, deponendole con delicatezza nella mano sanguinante di Narnra.

«Ti auguro ogni bene, signora», disse in tono gentile, con un sorriso altrettanto gentile, poi le volse le spalle… e passò attraverso il muro.

Narnra Shalace rimase a fissare il punto in cui il vecchio era scomparso, sbattendo le palpebre con aria incredula nel contemplare l’ininterrotta superficie di pietra. Tutto quello che era in grado di sentire era il proprio respiro affannoso, la sola cosa che percepiva era il peso freddo delle monete sul palmo della mano, unito al lieve gocciolare del sangue sotto di esse e al peso confortante del coltello che ancora stringeva in pugno.

Era stato tutto così improvviso, così incredibile, così…

Quella fiamma, quale che fosse stata la sua natura, aveva colto il vecchio di sorpresa, ed era scaturita non solo dal suo incantesimo ma anche dalla stessa Narnra. E lui le aveva dato delle monete invece di ucciderla, l’aveva pagata, come se fosse stata una mendicante, una prostituta o… una ladra di successo, elargendole più oro di quanto lei avesse mai potuto sperare di ricavare da quel vecchio. E poi era svanito in un batter d’occhio, passando attraverso quel muro, e lei era…

Era di nuovo in grado di muoversi, almeno un poco, e le pareti del vicolo parevano spostarsi, tutt’intorno a lei, raddrizzandosi a poco a poco.

Disperatamente, Narnra fissò il punto in cui il mago era scomparso attraverso il muro, memorizzando l’esatto mucchio di rifiuti che lo contrassegnava. Adesso poteva muovere l’altra mano, sia pure con la stessa lentezza con cui una piuma sarebbe caduta a terra in un giorno senza vento, quindi la sollevò e prese le monete, rimanendo quasi sorpresa nel constatare che erano davvero solide e pesanti quanto sembravano essere. Con movimenti ancora lenti, che però si andavano accelerando a ogni istante che passava, ripose le monete nella propria sacca, poi si guardò intorno e constatò che il vicolo era di muovo lungo e stretto, con il fondo cieco e le pareti che descrivevano una lieve curva nell’estendersi verso la strada.

Con cautela, si avvicinò al punto in cui il mago era scomparso e protese il coltello verso il muro, scoprendo che esso attraversava la pietra come se fosse stata semplice aria; sempre più perplessa, si sporse in avanti, spingendo anche il braccio attraverso la parete.

Se la pietra le si fosse chiusa intorno, sarebbe andata incontro alla peggiore delle morti. Insospettita, offesa… chi era mai quel vecchio mago per darle lezioni, compatirla e farle l’elemosina come a una mendicante?… e al tempo stesso affascinata, Narnra Shalace si addentrò nell’oscurità.

2.

Una notte eccellente per fare baldoria

Coloro che sperano di sopravvivere alle avventure faranno bene a scegliersele da soli invece di buttarsi alla cieca nei piani di qualcun altro… e nei guai altrui… perché i pericoli a cui si va incontro in questo modo hanno la tendenza a essere abbondantemente condivisi.

Seldreene Ammath di Suzail
Sposata a un Mercante
Anno del Serpente

Era buio, e si avvertiva un odore di pietra umida e di terra vecchia, misto a un vago residuo della puzza di rifiuti che stava svanendo alle sue spalle. L’Ombra di Seta avanzò con cautela, tenendosi bassa e badando a dove metteva i piedi su quel terreno velato di oscurità con la stessa attenzione che avrebbe usato nel camminare su un tetto pericolante.

Nell’aria, di fronte a lei, aleggiava una sorta di canto che andò crescendo rapidamente di tono a mano a mano che avanzava, trasformandosi in uno stridio, un tumulto che Narnra comprese essere in qualche modo più nitido per i suoi orecchi di quanto lo fosse per il resto del mondo che la circondava. Contemporaneamente, cominciò ad avvertire una sensazione nauseante di timore che si faceva sempre più intensa; essa parve placarsi quando lei provò a indietreggiare, poi tornò a crescere non appena riprese ad avanzare.

Con il coltello spianato, chiedendosi in quale follia si stesse mai imbarcando, Narnra scrutò davanti a sé, cercando una luce di qualche tipo.

Quasi ad accontentarla, un chiarore apparve all’improvviso davanti a lei e molto vicino, fiorendo con la rapidità di una torcia che si accendeva. Si trattava di un’intensa luce azzurra… un bagliore magico più potente di qualsiasi altro lei avesse mai visto prima e che si andava estendendo in linea retta sotto i suoi occhi, delineando un’arcata sotto cui era fermo il mago dalla barba bianca.

Prontamente, Narnra si acquattò sul suolo di pietra per strisciare in avanti sul ventre con la massima silenziosità possibile, e si era appena appiattita contro il terreno, immobile, quando il mago si girò a sbirciare nella sua direzione.