Filfaeril e Alusair scoccarono una rapida occhiata a Caladnei, che scosse il capo per indicare loro che quell’affermazione doveva essere una menzogna, almeno per quanto riguardava Vangey.
Ritengo che noi vi si possa proteggere, se doveste accettare, comunicò mentalmente la maga alle due donne.
«Sarà nostro piacere recarci al Palazzo Thundaerlyn, all’ora indicata», replicò in tono pacato la Regina Madre, poi congedò l’araldo con un cenno.
Per un momento, questi parve sul punto di aggiungere altro, poi però si limitò ad annuire, a inchinarsi ancora e a lasciare la sala. Le due Obarskyr lo seguirono con lo sguardo, immobili come statue, finché le porte non si furono richiuse alle sue spalle.
«Speera?» chiese Caladnei, girando il capo.
Laspeera era ancora pallida, ma il suo sondaggio mentale era stato perfetto come sempre.
«Quell’uomo non sa nulla, tranne le parole che ha imparato a memoria, e non gli importa nulla di cosa esse implichino. Il messaggio gli è stato dato in forma scritta a Saerloon da una persona che non conosceva… un intermediario sembiano, a giudicare da quello che l’araldo ricorda del suo aspetto… ed è stato pagato profumatamente perché si affrettasse a venire a consegnarlo.»
«È una trappola», dichiarò Alusair.
«Questo è ovvio», convenne Filfaeril, in tono pacato.
«Allora dobbiamo mandare al vostro posto due Maghi della Guerra camuffati mediante magia?» suggerì Rhauligan.
«No», ribatté Alusair, scuotendo il capo. «Andremo di persona. Sono stufa e stanca che a Cormyr i pericoli si sviluppino sempre alle mie spalle o quando sono impegnata ad affrontare qualcosa d’altro… non riuscirò mai a mantenere il titolo di Reggente se mando gli altri a faticare o a morire al mio posto. Se il regno significa qualcosa per me, io ci dovrò essere.»
«Ben detto», approvò Filfaeril. «E tutte queste tue parole, così ben scelte, si applicano anche a me».
«Vostre Maestà», protestò Rhauligan, «sebbene il cuore mi si riempia di orgoglio nel sentirvi parlare così, pensate sia saggio che il regno corra il pericolo di perdervi entrambe in una sola volta? Che si debba rischiare la perdita di tutta la saggezza e influenza degli Obarskyr qualora voi… gli dei non vogliano… doveste essere abbattute entrambe?
«E anche se così mi espongo all’accusa di tradimento e alla morte», continuò, portando la mano a una fiala che aveva alla cintura, «posso osare di permettervi di mettere a repentaglio in questo modo le sorti del regno pur avendo il potere di impedirvelo?».
«Rhauligan», affermò con un sorriso la Regina Madre, posando in fretta la mano sul braccio di Alusair, per prevenire parole o azioni da parte sua, «la fedeltà e i servizi resi da te e da uomini che condividono i tuoi sentimenti e agiscono come te, sono la vera spina dorsale di Cormyr e il suo splendore, non il cognome che entrambe portiamo. Tuttavia, la verità è che io e mia figlia siamo entrambe sacrificabili finché un Azoun è vivo, al sicuro e guidato e istruito nel modo migliore, e tu devi confidare che lo sia».
Impulsivamente, Filfaeril venne avanti per stringere Rhauligan in un intenso abbraccio, e mentre lui rimaneva immobilizzato dalla sorpresa, gli ringhiò all’orecchio:
«Anch’io sono nauseata a morte di stare a guardare mentre potrei… dovrei… agire! Se Palazzo Thundaerlyn è una trappola, tanto meglio così. Il mio Azoun non avrebbe voluto che rimanessi inerte mentre il trascorrere dei giorni mi portava più vicina alla tomba… una cosa che lui non ha mai fatto! Se ti aiuterà a sentirti meglio, Rhauligan», continuò, allontanando da sé l’Arpista per guardarlo negli occhi, «potrai nasconderti all’interno di Thundaerlyn, pronto ad accorrere in mio aiuto in caso di bisogno… ma non puoi pararti davanti a me come uno scudo o rinchiudermi in un ripostiglio “per il mio stesso bene”. Ci siamo capiti?».
«Sì, signora», rispose Rhauligan, piegando a terra un ginocchio e portandosi alle labbra la mano di lei.
«Ti ho detto di stare indietro, Florin», ingiunse di nuovo la ragazza, quando il ranger si lanciò alla carica con la spada levata.
Nel frattempo le sue dita continuarono rapide a intessere un incantesimo… ma a pochi passi di distanza il suo duplicato finì per primo di eseguire il proprio, scagliandolo con un grido di trionfo.
Una luce fra il porpora e il rosso gli apparve fra le mani e saettò da ciascun dito sotto forma di un raggio dritto e sottile per trafiggere la ragazza che aveva intimato a Florin di stare lontano… solo per andare a sbattere contro qualcosa di invisibile che si trovava davanti al bersaglio, artigliando invano quella barriera per poi salire verso il cielo in un’onda crescente.
Florin Falconhand decise che era più prudente obbedire all’avvertimento e si affrettò a balzare all’indietro e su un lato rispetto alla ragazza che aveva lanciato l’incantesimo… e che stava ora riversando in esso la propria volontà e forse anche altre magie, le labbra ritratte in un ringhio silenzioso e il corpo scosso da un tremito simile a quello che faceva vibrare i fuochi generati dal suo incantesimo.
Mentre un sottile velo di sudore appariva su tutto il corpo della ragazza che stava scagliando fiamme, Florin provò a muovere un passo verso di lei… e subito l’altra ragazza identica ripeté la propria ammonizione, in un tono pungente e in certa misura familiare che indusse il ranger a socchiudere gli occhi con aria riflessiva.
Possibile che quello fosse… Elminster?
Il suo sguardo si spostò sulle magie che in alto si contrastavano a vicenda, osservando come i fuochi stessero venendo sospinti in alto e all’indietro, in modo che descrivessero una curva per ricadere sul loro creatore.
La ragazza sudata era consapevole del pericolo e stava già tenendo d’occhio il potere che ribolliva sopra di lei; all’improvviso si gettò di lato con un’imprecazione e smise di far fluire il fuoco… ma la minaccia che la sovrastava la seguì come un grande drago in picchiata, e le piombò addosso con uno schianto che fece tremare il prato.
Il terreno sussultò, facendo perdere l’equilibrio a Florin, e la ragazza colpita scomparve fra le fiamme urlando disperatamente mentre il suo duplicato, che le aveva scagliato contro quel cataclisma, rimase fermo e saldo sulle gambe.
Qualcosa di sconcertante si verificò poi in quell’inferno vorticante, e di colpo la ragazza in esse avviluppata si ritrovò singhiozzante al suolo a una ventina di passi di distanza… ancora avvolta nelle ultime, deboli lingue di fiamma del fuoco da lei stessa creato, che le erano rimaste aggrappate addosso ed erano state spostate insieme a lei.
Scoccata una rapida occhiata alla ragazza ferma in piedi, Florin si avviò verso quella avvolta dal fuoco, guardandosi alle spalle in attesa di un’ammonizione che non giunse.
Adesso le fiamme magiche si stavano spegnendo in fretta, e la ragazza che ne era stata avvolta stava percuotendo il terreno in preda al dolore, contorcendosi e piangendo… e il volto sporco di lacrime e di fuliggine che sollevò verso Florin risultò non avere più nulla di femminile.
Ignorando le volute di fumo che ancora salivano dai resti anneriti e cinerei delle sue vesti, Florin si lanciò sul ferito, e quando questi cercò di formulare una parola lo colpì sulla bocca con i pesci che aveva ancora in mano; nel tempo che impiegò a smettere di annaspare e di sputare, l’uomo si ritrovò con i polsi saldamente bloccati sotto le ginocchia del ranger.
«Elminster?» chiamò allora Florin, rivolto all’altra ragazza.
«In effetti sono proprio io», confermò una voce familiare. «Nessuno può sperare di ingannarti, coraggioso Florin!»