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La risposta del ranger fu un rapido, rude sbuffo di derisione.

«Questo cane ha l’aspetto di uno stregone», osservò poi il ranger. «Devo ucciderlo subito?»

«No, mi serve ancora per un paio di cose. Ti dispiace tenerlo fermo?»

Mentre parlava, il mago perse ogni somiglianza con la giovane donna dal naso aquilino e tornò ad assumere i più anziani, maggiormente aquilini, segnati e quanto mai familiari tratti del Vecchio Mago di Shadowdale… che si chinò prontamente e, con un grugnito, sollevò da terra la ragazza ferita che aveva avuto fra le braccia quando era apparso.

«Hai intenzione di dirmi come mai siete arrivati tutti e tre esibendo la stessa forma?» domandò ancora Florin, scuotendo il capo. «E a chi essa appartenga veramente?»

«Non posso rispondere alla tua prima domanda», replicò tranquillamente Elminster. «Quanto alla seconda, la forma appartiene a questa ragazza… una ladra di Waterdeep, quindi attento alle tue tasche… che si chiama Narnra Shalace. Quello sotto di te è un Mago Rosso di Thay».

L’uomo più avvenente di Shadowdale accolse la notizia senza traccia di sorpresa.

«Qualcuno di voi intende fermarsi per mangiare una bella frittura di pesce?» chiese soltanto.

«Temo di non saperlo ancora, perché dipende dai capricci di una donna.»

«Una…?» cominciò Florin, abbassando lo sguardo sulla figura pallida e infranta che Elminster stava adagiando teneramente accanto a lui. «Questa Narnra?»

«Infatti. Ora bada a trattenere saldamente il Thayano. Sconfiggere il suo incantesimo è stato semplice, mi è bastato attingere agli incantesimi difensivi della mia torre, ma adesso devo concentrarmi per eseguire una magia alquanto difficile.»

«Lo spero proprio», mormorò il ranger. «Gli incantesimi trasandati conferiscono a un mago una cattiva reputazione… soprattutto quando il castello sbagliato viene raso al suolo, un migliaio di persone sbagliate viene ucciso, e così via.»

«Non ci sono da qualche parte delle dame su cui potresti esercitare adesso il tuo fascino fino a farle svenire», commentò in tono acido Elminster.

«Con questi?» ribatté Florin, inarcando le sopracciglia ed esibendo i pesci ancora gocciolanti.

Sospirando, il Vecchio Mago gli segnalò di fare silenzio ed eseguì l’incantesimo. Nel profondo silenzio che seguì, i due uomini videro il corpo di Narnra che si risanava lentamente… e le sue lesioni che si trasferivano su quello del Mago Rosso, che ancora si dibatteva nella stretta di Florin.

Mentre il Thayano iniziava a sussultare e a gemere di dolore, Narnra aprì gli occhi, fissò i due uomini e registrò l’integrità degli arti e l’improvvisa assenza di sofferenza fisica con meraviglia e crescente apprensione.

«Do… dove sono?» mormorò esitante. «Ero su un tetto… qualcosa è caduto.»

Prendendola per le spalle, Elminster l’aiutò con gentilezza a sollevarsi a sedere.

«È stata soltanto magia, ragazza, magia cattiva», spiegò.

Narnra intanto osservò con maggiore attenzione la sconosciuta vegetazione e i prati di Shadowdale, e il volto contratto dal dolore del Mago Rosso che giaceva accanto a lei. Tingendosi in volto di un pallore assoluto, si ritrasse di scatto dalle mani posate sulle sue spalle.

«Vuoi rimandarlo indietro in questo stato?» chiese Florin, a bassa voce, notando l’espressione sconvolta di Narnra.

«No», replicò Elminster, nello stesso tono. «Gli insegnerò qualcosa in fatto di magia e gli mostrerò il perché di alcune delle scelte morali che ho fatto, poi lo lascerò libero… e sarà lui a decidere la sua sorte, nel bene o nel male. Il mondo ha bisogno di Maghi Rossi nello stesso modo in cui ha bisogno dei vermi che divorano i cadaveri, ma proviamo a vedere se ci riesce di indirizzare almeno questo nel modo giusto. Perfino la mia signora, la Simbul, non li può uccidere tutti. Peraltro…» Interrompendosi, guardò verso sua figlia e aggiunse: «Questo mago ha cercato di ucciderti con i suoi incantesimi, poco fa, a Marsember. Metto la sua sorte nelle tue mani».

Poi batté un colpetto sul braccio di Florin per segnalargli di alzarsi e di farsi indietro, lasciando Narnra seduta di fronte al Mago Rosso.

«Sta’ indietro!» ringhiò la ragazza, scattando in piedi e indietreggiando per mettersi fuori dalla sua portata.

«Sono… troppo malridotto per fare incantesimi o usare la violenza», replicò il Thayano, parlando con evidente difficoltà.

«Hai tentato di uccidermi!»

«Sì.»

«Perché?»

«Dovevi scomparire perché io potessi impersonarti, per apprendere i segreti di Elminster.»

Narnra lo fissò con occhi roventi, poi si girò a guardare verso il Vecchio Mago e infine riportò lo sguardo sul Thayano.

«Non sei migliore di lui!» dichiarò, con disgusto.

«No», sussurrò il Thayano, «e ora sto anche molto peggio di lui».

«A cosa ti servono i suoi segreti?»

«Per avere potere. Tutti i maghi bramano il potere.»

«Per fare del resto di noi i vostri schiavi!» esclamò Narnra, con occhi fiammeggianti.

Starangh cercò di scrollare le spalle, ma quel movimento gli causò una tale sofferenza che finì invece per contorcersi e gemere.

«Perché non ti sei fatto prendere come apprendista da lui o da qualche altro mago?» insistette Narnra. «Perché uccidere e ingannare?»

«Fidarmi di accettare qualcun altro come mio maestro? Rendermi così vulnerabile? Quella strada è la via degli stolti», rispose il Thayano, con voce un po’ più energica.

«La fiducia è una forza», ribatté Narnra, con rabbia, protendendosi in avanti per scandire quelle parole con lenta enfasi.

«Tu sei una stolta», dichiarò Starangh.

«E tu sei un idiota crudele», replicò la ragazza, con disprezzo. «Tutti i Maghi Rossi di Thay sono come te, degli idioti che si pavoneggiano?»

«Uccidimi e falla finita con le tue provocazioni», affermò Starangh, scuotendo il capo.

«No», scattò Narnra, volgendogli le spalle. «Darò a mio padre l’opportunità di distorcerti e di modellarti, come fa con tanti altri. Non vedo perché dovresti sottrarti alla mia stessa sorte.»

* * *

Il bagliore accecante della magia che divampava loro in faccia fece barcollare Vangerdahast all’indietro e addosso a Myrmeen prima ancora che la grande massa coperta di scaglie del drago azzurro tornasse a materializzarsi, devastando la bassa volta del passaggio con un ruggito che era insieme di esultanza e di dolore nel proiettarsi verso il cielo, inondando il rifugio di luce solare.

Con un colpo d’ali e di artigli, il drago del canto si girò e piombò sulla Maga della Guerra Telarantra, facendola a pezzi senza che avesse neppure il tempo di urlare e offrendo poi i resti sanguinanti a Vangerdahast.

«Ecco la tua traditrice», disse, con voce che era una vasta, morbida eco di quella della sua forma umana.

Rialzandosi in piedi, Vangerdahast fronteggiò con calma il drago, e accanto a lui Myrmeen si risollevò a sua volta con la spada in pugno.

Il drago del canto non accennò però ad attaccare.

«Perché mi hai risparmiata?» chiese invece all’ex-Mago Reale.

«Signora», ripose Vangerdahast, in tono burbero, «tu hai combattuto per la tua causa e io per la mia. Hai dimorato a lungo fra la gente di Cormyr, e devi aver apprezzato la nostra compagnia per averla ricercata per tanto tempo. Non ho ostilità nei tuoi confronti… e spero di poterti indurre a sostenere i miei piani».

«In modo da poter diventare uno dei tuoi difensori volontari, e andare incontro al grandioso destino di essere… un utile strumento?» ribatté il drago, con una nota di amarezza nella voce.

«È ovvio che tu veda il vincolo imposto ai draghi come una cosa malvagia», sospirò Vangerdahast. «A dire il vero, è una cosa che eviterei, se riuscissi a trovare una soluzione migliore… ma per me ogni altra cosa occupa una posizione di secondo piano rispetto alla devozione verso Cormyr.»

«Cos’ha fatto Cormyr, per meritare tanta devozione?»