«Signora», affermò il mago, con un altro sospiro, «ciò che io faccio è difendere questo grande regno. Non esiste vocazione migliore, rischio più grande o premio maggiore in tutto Faerûn».
Il grande drago scosse il capo con rassegnazione, senza mai distogliere lo sguardo degli ardenti occhi turchesi da Vangerdahast.
«Cosa farai, Vangerdahast, se adesso io volerò via per radunare una dozzina di altri draghi e tornare a distruggerti totalmente… insieme al tuo prezioso rifugio?»
«Provaci pure», replicò il mago, con una scrollata di spalle.
«Non hai paura?»
«No», dichiarò l’ex-Mago Reale. «Sto diventando troppo vecchio per preoccuparmi di questa pelle rugosa e rinsecchita.»
«E non temi per il tuo prezioso regno?»
In silenzio, inespressivo in volto, Vangerdahast sollevò entrambe le mani… e una rete d’incantesimi scintillanti si materializzò nell’aria, simile a un insieme di ragnatele argentee, congiungendo gli anelli che lui portava alle dita e unendosi alle emanazioni degli incantesimi ridestati in una dozzina di bastoni magici. Quella rete formò un cerchio lucente intorno a Joysil e prese a pulsare di un potere tale da far sì che il drago non potesse dubitare della sua capacità di distruggerlo in un istante.
Il drago del canto contemplò quelle emanazioni di energia… e rabbrividì.
«Userai tutto questo se adesso cercherò di volare via?» chiese.
«No», dichiarò Vangerdahast, scuotendo il capo. «Ho giurato di difendere Cormyr, e in sua difesa sarò pronto ad affrontare coloro che muoveranno contro il regno e contro di me, ma non intendo aggredire per primo e agire da tiranno nei confronti di quanti potrebbero minacciare il regno o rivaleggiare con me. Non trasformerò mai Cormyr in qualcosa di simile a Thay o alla Fortezza di Zhentil o a Mulmaster soltanto per conservare il suo nome sulle mappe.» Quasi dimentico dell’estrema vicinanza del potente drago, il mago prese quindi a camminare avanti e indietro, aggiungendo: «Ho molte altre cose di cui preoccuparmi più che dei draghi… ci sono i soliti tradimenti fra i nobili, traditori annidati fra i Maghi della Guerra e più di un Mago Rosso unanimemente decisi ad abbattere il Regno della Foresta, ed attualmente è probabile che uno qualsiasi di loro sia in grado di danneggiare Cormyr più di qualsiasi tipo di drago».
Fermandosi, tornò a girarsi verso Joysil.
«Non intendo vincolare un drago che non sia disposto a servire… e adesso dovrò prendere misure adeguate per collegare gli incantesimi che tu tanto temi alla mia vita, in modo che se io dovessi essere ucciso essi si autodistruggano, per non lasciare a nessun altro mago il potere di vincolare te o altri della tua razza.»
Gli occhi turchesi del drago lo studiarono con espressione pensosa, poi Joysil balzò in aria e con una bassa virata si allontanò dietro ad alcuni alberi, volando via con rapidi e furiosi colpi d’ala.
Myrmeen e Vangerdahast rimasero fermi sotto la luce del sole, intenti a osservare la sua sagoma che rimpiccioliva in lontananza, poi il vecchio mago sospirò, scosse il capo e si guardò intorno per verificare se davanti a lui il passaggio fosse ancora percorribile.
«Tu», sussurrò accanto a lui Myrmeen, «sei il più grande stolto che io abbia mai incontrato… oppure il più grande fra gli uomini».
«Temo che la prima valutazione sia quella esatta», replicò Vangerdahast, girandosi a guardarla, «però se non altro posso aggrapparmi con orgoglio al fatto che non sto cercando di diventare il più grande fra i furfanti, sebbene abbia avuto più volte a disposizione il potere per farlo. È per questo che ammiro Elminster, il mio antico maestro, anche se il più delle volte riesce a farmi infuriare. La tentazione lo assale di continuo, ma non riesce mai a sconfiggerlo».
«Conosco Elminster… meglio di quanto alcune nobildonne di Cormyr conoscano i loro mariti», annuì Myrmeen. «È un emerito furfante, e ci siamo congedati ciascuno con la spada in pugno… rispettosi uno dell’altra, ma guardinghi.»
«Questa è una storia che mi piacerà sentire per esteso, prima o poi», commentò Vangerdahast, inarcando un cespuglioso sopracciglio, quindi si volse e si avviò con passo deciso lungo un altro passaggio, diretto alla stanza degli incantesimi, aggiungendo: «Ma non ora. Adesso devo fare quanto ho promesso a Joysil, e collegare quegli incantesimi alla mia vita».
«Con quanta rapidità può essere fatto, e con quali rischi per te?»
«Nell’arco di tempo necessario per un grandioso discorso da stolti come quello che ho appena pronunciato», rispose il mago, scrollando le spalle. «Quanto al rischio, non è superiore a quello che tu stessa puoi immaginare: la mia morte porrà fine a ogni pericolo per i draghi.»
«Cosa ti aspetti che facciano ora i draghi, e quegli altri nemici a cui hai accennato?»
«Suppongo che verranno qui al più presto per ucciderci», affermò Vangerdahast, in tono burbero, spalancando la porta e rivelando un chiarore di lanterne e pareti coperte di scaffali pieni di pergamene. «Perciò dovrò mandarti al sicuro lontano da qui prima di cadere combattendo. Sarà interessante vedere chi arriverà qui per primo.»
«Mio signore, io non intendo lasciarti», protestò Myrmeen, sollevando la spada.
«Ragazza», ridacchiò Vangey, «posso immergerti in un sonno magico e spedirti dall’altra parte di Faerûn prima che tu possa sbattere le ciglia».
«Ma non lo farai», ribatté Myrmeen, tuffandosi in avanti e sdraiandosi in atto di sfida su una scrivania coperta di pergamene d’incantesimi, una lanterna accesa stretta al petto. «Devo soltanto infrangerla e lasciar colare l’olio in fiamme…»
«D’accordo, ragazza… che cosa vuoi?» sospirò Vangerdahast.
«Restare con te e morire combattendo al tuo fianco. Anch’io ho giurato di difendere Cormyr.»
«Allora lo farai, ma adesso metti via quella dannata lampada… con cautela!… rimuovi la tua persona dai miei scritti e smettila di distrarmi, in modo che possa adempiere alla mia promessa!»
Il nuovo vincolo richiese molto tempo, e alla fine Vangerdahast stava tremando per lo sfinimento. Lui e Myrmeen si scambiarono un’occhiata, poi la ragazza gli posò una mano sulla spalla per sorreggerlo.
«E adesso?» chiese.
«Adesso aspettiamo che qualcuno ci attacchi», rispose il mago, con una scrollata di spalle. «I miei incantesimi sono pronti, ciascuno regolato per attivarsi al verificarsi di determinate condizioni. Suppongo non ci resti che aspettare di morire.»
Myrmeen gli scoccò una cupa occhiata e posò la spada.
«Bene, in tal caso, oserò trascinare nel mio letto il più grande uomo che Cormyr abbia mai conosciuto», dichiarò con fermezza, afferrando il mago per il davanti della veste.
«Io… signora, sono di centinaia di anni troppo vecchio per te», protestò Vangerdahast, «e per di più sono anche brutto. Io…».
Le labbra di Myrmeen trovarono le sue.
Quando fu di nuovo in grado di parlare, Vangerdahast tossì, scosse il capo e sussurrò:
«Ragazza? Lo vuoi davvero?»
Il drago dalle lunghe zanne sibilò d’ira e di timore quando non meno di una dozzina di altri draghi atterrarono improvvisamente sul bordo del grande pianoro roccioso in cima alla montagna che costituiva il suo covo… ma il drago del canto che si staccò dagli altri per venire avanti si avvicinò mormorando cortesi parole di supplica con voce che non esprimeva la minima ostilità.
In vero, il drago dalle lunghe zanne era un gigante fra quelli della sua razza, ed era segnato dalle cicatrici di molte battaglie vittoriose, inclusa una vasta striscia di scaglie color arcobaleno che gli attraversava un fianco, là dove una vecchia, grave ferita era guarita in maniera imperfetta. Se il drago del canto fosse stato solo, sarebbe balzato addosso a quell’intruso troppo audace e l’avrebbe eliminato all’istante.