«Ho bisogno di te», affermò con gentilezza Joysil.
Era passato molto tempo dall’ultima volta che Aegyl Dreadclaw aveva sentito parole del genere, quindi il grande drago accantonò i suoi folli piani di fuga e di vendetta per ascoltare… e quando lei ebbe finito di parlare, dimostrandogli l’assoluta verità delle proprie affermazioni con un incantesimo che Aegyl aveva visto usare in gioventù, un’era prima, il grande drago dalle lunghe zanne si sollevò in tutta la sua statura.
«Guidami», sibilò, «e io combatterò ala contro ala al tuo fianco. Questo pericolo deve essere spazzato via per il bene di tutti noi».
Il drago del canto si volse, allargando le ali, e tutti gli altri draghi spiccarono il volo, prendendo quota e spostandosi per permettere a Joysil e all’appena reclutato Dreadclaw di prendere posto in mezzo a loro.
«Dobbiamo affrettarci», avvertì Joysil, e saettò nell’aria alla volta di Cormyr… seguita da una dozzina di draghi, un esercito coperto di scaglie che stava andando in guerra.
21.
Nessuna spada è più tagliente della sua lingua
Il fragore della battaglia può essere assordante anche agli orecchi di un morente… ma preferisco venti simili battaglie assordanti a una sola, aspra lite con mia moglie.
«Per gli dei, Surth, per quanto tempo ancora dobbiamo rimanere seduti qui al buio a patire la fame, eh?» esclamò Aumun Bezrar, asciugandosi la fronte sudata con un braccio grasso e peloso mentre accennava con il coltello in direzione della finestra. «Il resto di Marsember diventa sempre più ricco a ogni ora che passa, mentre noi ce ne stiamo rintanati qui!»
«Non stiamo morendo di fame, Bezrar», ribatté in tono gelido l’uomo alto e magro appoggiato al davanzale. «Da quando ho cominciato a tenere il conto, hai mangiato almeno una dozzina di tomi di formaggio… e hai anche svuotato un intero barilotto di vino sembiano! Ho scelto questo magazzino per due ottime ragioni, una delle quali è proprio l’abbondanza di cibo. Bada di non eccedere nel “morire di fame”, altrimenti non passerai più dalla porta quando arriverà il momento di andarcene!»
«E quando sarà? Che io possa morire, Surth, non ci possono dare tanta importanza da cercarci in eterno con la magia… proprio come io non posso mangiare formaggio in eterno!»
«Lo so!» replicò Surth, sempre più cupo. «L’altra ragione per cui ho scelto questo posto, idiota, è la cassa su cui sei seduto. È piena di pietre luminose di Selagunt, e i loro incantesimi… regolarmente denunciati con pagamento della relativa tassa… dovrebbe nasconderci a qualsiasi magia di ricerca che non venga attivata direttamente da dentro questa stanza… o almeno spero.»
«Per il pesce di Odd, Surth, vuoi dire che non lo sai per certo? Che ci potremmo essere rintanati qui per niente?»
«Smettila di agitare quel tuo coltellaccio per il pesce nella mia direzione e di farfugliare stupidaggini, Mastro Importatore Aumun Bezrar, e…»
Malakar Surth tacque di colpo nel bel mezzo di quella frase sarcastica e sollevò una mano per avvertire il compagno di fare silenzio, portandosi un indice alle labbra con un sibilo di avvertimento e muovendo un paio di rapidi passi verso Bezrar per meglio fargli capire la gravità della situazione, mentre con l’altra mano indicava ripetutamente le assi del pavimento: qualcuno era appena entrato nel vasto, cavernoso piano terreno del magazzino in cui si trovavano.
«Sei certo che questo sia un posto sicuro?» chiese in tono dubbioso una voce maschile dai toni colti e raffinati, accompagnata da un forte sentore di muschio che indusse Surth a sogghignare in silenzio: l’intruso non era altro che un nobile damerino.
«Sicuro quanto qualsiasi altro, in questo cimitero di pesci marci che definiscono una città», replicò un altro uomo, con fare divertito. «I furfanti a cui appartiene questo granaio adibito a magazzino non si sono più fatti vedere da alcuni giorni… il che non mi meraviglia, considerato che la Guardia Cittadina li sta cercando dappertutto!»
«Ragione di più per esser guardinghi», insistette con rabbia il nobile profumato. «Chi può dire che una pattuglia di nasi purpurei non si trovi qui dentro proprio ora, o che ci stia venendo per un controllo quotidiano?»
Un chiarore improvviso divampò al piano inferiore, filtrando fra le assi quanto bastava per mostrare a Bezrar e a Surth i rispettivi volti pieni di tensione.
«Guarda la mia pietra luminosa!» esclamò il nobile dai toni divertiti. «Possiamo dare una bella occhiata in giro e andarcene molto tempo prima che qualcuno si accorga di noi. Se poi dovesse sopraggiungere la Guardia… hai visto fuori quel cartello che dice: “stoccaggio per una cifra ragionevole”? Ebbene, noi siamo due innocenti nobili venuti a ispezionare questo magazzino per verificare se è abbastanza asciutto per ospitare il carico che stiamo aspettando, quelle sete orientali che hanno fatto perdere la testa alle nostre mogli, giusto?»
«D’accordo», assentì con riluttanza il nobile profumato. «Dirigi la luce da quella parte… mi è parso di scorgere qualcosa che si muoveva.»
«Infatti.»
«Dolce Tymora…»
«Sì, è bello grosso. No, lascialo andare, un ratto di quelle dimensioni costituisce il pasto principale per le famiglie di alcuni portuali di questa città.»
«Thandro, sei disgustoso!»
«Così dicono spesso le mie amanti… però ho notato che non rifiutano mai i miei doni o la mia compagnia. Ora basta con queste sciocchezze. Sei soddisfatto?»
«Suppongo di sì. Il posto è il Palazzo Thundaerlyn e ho trovato cinque oggetti magici di poca importanza di cui i miei familiari non noteranno la mancanza: un pettine che uccide i pidocchi, la testa di un bastone da passeggio che sa da che parte è il nord… questo genere di cose.»
«Bene. Quante spade puoi radunare.»
«Almeno sette, di cui tre addestrati nell’uso della spada e due esperte lame a pagamento. Dove e quando?»
«Sotto la Lanterna Spenta del Vicolo Thelvarspike… lo conosci?… al più tardi ai cinque tocchi di campana, perché dovremo essere ai nostri posti con un buon anticipo rispetto alla Prima Candela, ora in cui dovrebbero arrivare i reali.»
«Porteranno con loro dozzine di Maghi della Guerra e di Dragoni Purpurei, Thandro!»
«Certamente, e noi della Legittima Cospirazione saremo pronti ad accoglierli. Comportati come se volessi passare la notte a fare il giro delle taverne, raggiungi quella lanterna e tutto andrà per il meglio. Abbiamo armati e maghi a sufficienza per tener testa a qualsiasi esercito gli Obarskyr possano portare con loro… e sì, ci aspettiamo di avere a che fare anche con la Maga Reale e i suoi incantesimi.»
«Non mi piace.»
«A quelli come te non piace mai, Sauvrurn. Se non fosse per uomini come me, continueresti a borbottare contro il malgoverno degli Obarskyr da adesso al momento in cui scenderai nella tomba, fra una settantina d’anni, senza però fare nulla tranne ribollire di rabbia. Vuoi una nuova Cormyr? Ebbene, noi te la daremo, e ti daremo anche quel “vero potere” che tanto brami. Entro domattina, potrai usarlo per ordinare che Alusair… o quello che sarà rimasto di lei… venga portata legata nel tuo letto, così la smetterai di seccarci anche con quella reiterata richiesta. Chi può mai sapere… potresti anche finire per essere il padre del prossimo re di tutta Cormyr, razza di cane fortunato!».
«La bestia presente nello stemma della mia famiglia è un leone alato», ribatté in tono gelido il nobile profumato, «e non un qualsiasi cane bastardo».
«Ebbene, mio Leone Alato», replicò Thandro, la cui voce si era fatta più fievole perché si stava dirigendo verso la porta, «provvedi di essere sotto la Lanterna Spenta prima dei cinque tocchi e avrai la possibilità di lasciare la Reggente d’Acciaio senza fiato… sempre che tu non sia costretto a farla a fettine durante l’inevitabile scontro, naturalmente».