«Non mi potrà certo tenere testa con la spada, quindi bada che i tuoi uomini stiano alla larga…»
La voce di Sauvrurn svanì del tutto, poi i due uomini nascosti nel solaio sentirono la sbarra della porta che veniva rimessa rumorosamente al suo posto.
«Per gli dei, Surth», sibilò Bezrar, con il sudore che gli colava lungo il volto come una cascata. «In che guaio ci siamo messi?».
«Nessuno», ringhiò il più ricco mercante marsembano di profumi, vini, liquori e veleni, «se solo per una volta ti decidi a chiudere la bocca e ad aiutarmi ad aprire la botola del tetto. Dobbiamo fare silenzio e muoverci in fretta… e allontanarci quanto più ce lo permetteranno le mura di Marsember dallo spargimento di sangue che si verificherà qui al tramonto! Qualsiasi cosa succeda nel Palazzo Thundaerlyn, entro mezzogiorno di domani questa città verrà setacciata e rovesciata come un guanto da ogni Mago della Guerra del regno!».
Florin Falconhand stringeva in una mano i pesci gocciolanti e dimenticati e teneva pronta nell’altra la spada, intento a sorvegliare il Mago Rosso steso al suolo. Starangh, che giaceva impotente ai suoi piedi, lo stava fissando a sua volta in modo tale che se gli sguardi avessero avuto il potere di uccidere, il ranger sarebbe già morto; in realtà, però, la vera battaglia era in corso a qualche passo di distanza da entrambi, dove Narnra Shalace stava fronteggiando suo padre e dando infine sfogo alla propria ira.
«Tu non sei migliore di quest’avido e malvagio Thayano!» stava infuriando la ragazza. «Fai esattamente quello che vuoi, da anni! Anni di intromissione nella vita di molti, più per la tua soddisfazione e il tuo divertimento che per qualsiasi altro motivo!».
«La maggior parte delle mie azioni e dei miei misfatti è stata compiuta al servizio di Mystra, la più potente fra le divinità», replicò Elminster, scuotendo il capo. «Nel bene o nel male, io sono stato un dito, o forse anche due, della sua mano, ed ho fatto ciò che lei mi ha ordinato».
«Avresti potuto rifiutare!» esclamò Narnra, accantonando le parole di lui con un sogghigno disgustato. «Avresti potuto rinunciare a tutto… se non avessi desiderato tutto quel potere!»
«Che io lo voglia o meno… ce l’ho, quindi perché non dovrei usarlo?» obiettò Elminster. «Chi più di me posso confidare che lo usi al meglio?»
«Non si tratta di potere e di controllo, ma di fare la cosa giusta», ringhiò Narnra.
«Ah, e cos’è questa “cosa giusta”?»
«Se non sei in grado di capirlo…» cominciò Narnra, ergendosi sulla persona con fare sprezzante.
Elminster scandì una singola, fredda parola che echeggiò attraverso il prato come uno scoppio di tuono, immobilizzando tutti. Narnra si tinse in volto di un pallore mortale e il terrore le divampò negli occhi quando si rese conto che era impossibilitata a muoversi o a parlare.
Suo padre mosse un passo in avanti, e di colpo parve essere leggermente meno vecchio e ridicolo, mentre il disprezzo gli affiorava negli occhi azzurri.
«Mia figlia», affermò, incontrando e catturando lo sguardo della ragazza con il proprio. «Soltanto un’altra giovane testa calda che possiede tutte le risposte. La “cosa giusta” è qualsiasi cosa tu ritenga che essa sia… ma purtroppo hai visto così poco del mondo e sei in grado di capire così poco al di là di quello che si trova proprio davanti al tuo naso, dove i tuoi occhi possono vederlo facilmente, che finisci per scorgere soltanto una “cosa giusta”.»
Nel parlare, le si avvicinò tanto da sfiorare quasi il naso in questione e prese a girarle intorno, le mani dietro la schiena, la voce sommessa ma intensa.
«Ascoltami, ragazza: io sono colpevole di capricciosità e vendicatività, di essermi erto a giudice e di avere un cattivo carattere, di cocciute intromissioni e perfino di aver perso il senno, spesso… ma prima di tentare di modellare il mondo che mi circonda, cerco di fare anche qualcosa che tu non hai ancora imparato… mi sforzo di guardare le cose da tutte le angolazioni, di comprendere contrasti e rivalità vedendoli attraverso gli occhi di chi vi è coinvolto, ma soprattutto tento di valutare le probabili conseguenze di quello che potrei fare.»
«A volte posso sembrarti spietato, mia giovane Occhi Lucenti dominata dal cuore», proseguì in tono più gentile, fermandosi davanti a Narnra, «ma io rifletto su quello che faccio prima, durante e dopo, e poi torno indietro per cercare di correggere i miei errori, invece di continuare per la mia strada e di accantonare le malefatte di ieri come qualcosa di ormai passato. Se non sei ancora cresciuta abbastanza da essere in grado di fare questo, sei tu a non essere migliore di questo avido e malvagio Thayano».
A quel punto, Elminster agitò una mano, e Narnra scoprì di essere di nuovo in grado di muoversi e di parlare; tremando, si chiese se avrebbe osato ribattere, poi si trovò a sussurrare:
«E ti aspetti che io consideri giuste tutte le tue manipolazioni? E sagge? Benevole, aderenti a un qualche piano superiore che io non posso vedere perché sono troppo stupida o troppo impaziente? Pensi che manipolare la gente non sia la più grande forma di malvagità che possa esistere?»
«Ragazza, ragazza», ribatté Elminster, in tono stanco. «Manipolare la gente è ciò che fanno gli umani. Se sapessi qualcosa della mia giovinezza, sapresti quanto odio i maghi che comandano gli altri e quanto detesto essere manipolato… ma nel corso dei secoli ho imparato che è meglio pilotare in certa misura gli altri prima che siano loro a farlo con te… perché puoi essere certa che lo faranno. Se non altro, posso essere sicuro delle mie motivazioni e di quanto ci ho riflettuto sopra, anche se spetta agli altri giudicare se esse siano “buone” o “malvagie”. Quanto alle motivazioni degli altri… non posso mai essere certo della loro natura, finché non vedo la soddisfazione presente nel loro sguardo che si riflette sulla lama di un coltello diretto al mio cuore».
«Tu… tu sei insopportabile», ringhiò Narnra, a pugni stretti. «Tu… mostro senza cuore!»
«Avanti, ribatti mantenendo un modo di vedere che ti costringa a pensare ricorrendo alle offese… questa è la vecchia, grande tradizione, non abbandoniamola! Qualsiasi cosa va bene pur di evitare di dover riflettere o… Mystra non voglia!!!!… di dover cambiare le proprie idee!»
«E come dovrei fare a imparare il modo giusto di pensare?» ribatté Narnra, fissandolo con occhi roventi. «Facendomelo insegnare da te?»
«Nei regni, ci sono persone che darebbero la vita pur di avere la possibilità di essere istruite da me, e sono molte quello che l’hanno fatto», fu la pacata risposta di Elminster. «Credo tuttavia che tu non sia ancora pronta per questo», continuò, voltandosi per andarsene. «Ti sono troppo utile nei panni del furfante che ti ha generata e poi abbandonata, come il Vecchio Responsabile di Tutte le Cose Cattive. No, ritengo che tu debba trovare da sola i tuoi maestri, a modo tuo e senza suggerimenti da parte mia. Vedi infatti in che modo hai accolto i pochi consigli che ti ho elargito?»
«E quali consigli mi daresti, saggio signore, riguardo a dove andare e a cosa fare adesso?» chiese Narnra, traendo un profondo respiro e sforzandosi di reprimere la propria rabbia. «Non ti chiedo di dirmi come devo governare la mia mente o quali opinioni devo avere, ma… cosa faccio adesso?»
«Vieni nella mia torre e bevi una tazza di tè», propose Elminster, incontrando di nuovo il suo sguardo. «Lascia sbollire la rabbia, e dopo potremo parlare. Ti darò qualche oggettino magico accompagnato da una quantità di consigli vecchi e triti, poi userò la mia Arte per mandarti dovunque tu voglia… restituendoti la possibilità di scegliere cosa fare di te stessa. Per come la vedo io, puoi viaggiare, andare in cerca di avventure e cominciare ad ampliare immediatamente le tue vedute… oppure puoi ricompensare la fiducia che Caladnei ti ha dimostrato servendola come agente fedele; quando poi comincerai a sentirti irrequieta, potrai indurla ad assegnarti incarichi che ti permettano di viaggiare per Faerûn e di visitarne quante più parti ti sarà possibile. Qui sarai sempre la benvenuta, e uno degli oggetti che intendo darti ti permetterà di chiamarmi da lontano, qualora dovessi aver bisogno di aiuto… o perfino di qualche consiglio!»