«Allora lui precorreva i tempi?»
«Puoi dirlo! Non invento solo il Campo Temporale, ma descrisse anche le relazioni fondamentali che rendevano possibile l'Eternita, e ne predisse anche gli aspetti… quasi tutti, tranne il Mutamento di Realta. E devo dire che quelle descrizioni erano molto precise… ma ora ci stiamo fermando, Cooper. Dopo di te.»
Erano usciti dal cronoscafo.
Prima di quella volta, Harlan non aveva mai visto in collera il Calcolatore Anziano Laban Twissell. Si diceva che il vecchio fosse incapace di qualsiasi emozione, che fosse uno dei componenti della struttura dell'Eternita, al punto da avere dimenticato il numero del suo Secolo d'origine. Si diceva che, quando era stato ragazzo, il suo cuore si era atrofizzato, ed era stato sostituito da un calcolatore manuale simile al modello che portava sempre in tasca.
Twissell non aveva mai fatto nulla per smentire quelle chiacchiere. Alcuni pensavano addirittura che ne fosse stato convinto anche lui.
E cosi quel giorno, pur vacillando di fronte al torrente di collera che lo tempestava, Harlan aveva avuto modo di sorprendersi per la capacita di Twissell di provare sentimenti violenti, come appunto la collera. Si era chiesto se, una volta calmatosi, Twissell non avrebbe provato una certa mortificazione, ricordando che il suo calcolatore lo aveva tradito rivelandosi una povera cosa di carne e muscoli, capace di piegarsi alla forza delle emozioni.
Twissell aveva detto, con voce gracchiante, in tono tempestoso:
«Padre Tempo, ragazzo, fai parte del Consiglio d'Ogniquando? Sei tu a dare gli ordini, qui? Sei tu a darmi le istruzioni, o sono io? Sei responsabile di tutti gli spostamenti dei cronoscafi di questa Sezione? Dobbiamo rivolgerci tutti a te per avere i permessi, adesso?»
Si era interrotto, frequentemente, esclamando a piu riprese 'Rispondimi!', e poi aveva continuato il torrente delle domande, in un crescendo di collera che era parso senza fine.
Alla fine, pero, aveva minacciato:
«Se commetterai un altro abuso di autorita di questo genere, ti faro assegnare definitivamente alla Manutenzione dei servizi igienici. Hai capito?»
Harlan, pallido e imbarazzato, aveva cercato di giustificarsi.
«Nessuno mi aveva detto che il Cucciolo Cooper non doveva salire su un cronoscafo.»
La giustificazione non aveva certo rabbonito il vecchio.
«E credi di poterti scusare con una doppia negazione, ragazzo? Nessuno ti aveva mai detto di non farlo ubriacare. Nessuno ti aveva mai detto di non tosarlo a zero. Nessuno ti aveva mai detto di non segarlo in due. Padre Tempo, ragazzo, che cosa ti abbiamo detto di fargli?»
«Di insegnargli la storia del Primitivo.»
«E allora fallo! E non fare altro.» Twissell aveva fatto cadere la sigaretta, schiacciandola con rabbia, come se fosse stata la faccia di un nemico giurato.
«Vorrei spiegarvi, Calcolatore,» aveva detto Harlan, «Che molti Secoli dell'attuale Realta hanno certe somiglianze con specifiche epoche della storia Primitiva, sotto diversi aspetti. Avevo pensato di accompagnare Cooper in questi secoli, naturalmente seguendo le piu accurate regole dettate dalla Carta Spazio-temporale, in viaggio d'istruzione…»
«Che cosa? Ascoltami bene, testa dura, non hai proprio intenzione di chiedermi il permesso per niente? E fuori discussione. Limitati a insegnargli la storia del Primitivo. Niente viaggi d'istruzione. Niente esperimenti di laboratorio. Capito? Se ti lasciassi mano libera, la prossima volta faresti qualche Mutamento di Realta, solo per fargli vedere come si fa!»
Harlan si era passato la punta della lingua sulle labbra inaridite, e aveva borbottato qualche parola di scusa, con visibile risentimento, e finalmente aveva ottenuto il permesso di uscire dall'ufficio del grande vecchio.
Ma c'erano volute settimane e settimane, prima che la sua ferita morale si rimarginasse.
Capitolo Quarto: Calcolatore
Da quando Harlan aveva lasciato il 482° in compagnia di Twissell, non era piu ritornato nella sua vecchia Sezione. Quando, due anni dopo essere diventato Tecnico, egli vi aveva fatto ritorno per la prima volta, aveva stentato a riconoscerla.
Non era stata la Sezione a cambiare. Harlan era diventato diverso.
Due anni come Tecnico avevano significato per lui molte cose. In un certo senso, avevano rafforzato il suo senso di stabilita. Non aveva piu avuto bisogno d'imparare una nuova lingua, di abituarsi a nuovi stili di abbigliamento e a nuovi metodi di vita a ogni nuovo progetto di Osservazione. D'altro canto, quei due anni avevano accresciuto il suo isolamento. Aveva quasi dimenticato il senso di cameratismo che univa tutti gli altri Specialisti dell'Eternita.
Soprattutto, pero, si era sviluppato in lui il senso del potere connaturato con il lavoro di Tecnico. Si era abituato a tenere in pugno il destino di milioni di esseri umani, e se questo fardello poteva dare un senso di solitudine, certamente dava anche un senso di orgoglio.
Cosi aveva potuto fissare freddamente l'addetto alle Comunicazioni che aveva trovato in servizio al 482°, annunciandogli scandendo le sillabe con gelida precisione:
«Andrew Harlan, Tecnico, convocato dal Calcolatore Finge per un servizio temporaneo nel 482°.» Gli era stato facile ignorare il rapido sguardo che l'uomo di mezza eta gli aveva lanciato.
Era stato quello che alcuni definivano 'lo sguardo al Tecnico', un movimento rapido, furtivo, involontario, che culminava in un'occhiata nascosta all'emblema rosso-rosa che ogni Tecnico portava sulla spalla, seguito da un ostentato tentativo di non guardare piu da quella parte.
Harlan aveva restituito lo sguardo, fissando l'emblema che l'uomo aveva portato sulla spalla. Non si era trattato del giallo dei Calcolatori, del verde dei Progettisti di Vita, dell'azzurro dei Sociologi, o del bianco degli Osservatori. Non era stato in tinta unita, come era caratteristico degli Specialisti. Si era trattato semplicemente di una sbarretta celeste su un campo bianco. Quell'uomo aveva lavorato alle Comunicazioni, un ramo della Manutenzione; nessuno di coloro che operavano nella Manutenzione era uno Specialista.
E perfino lui lo aveva osservato con lo 'sguardo al Tecnico'. Perfino lui.
Harlan aveva detto, in tono vagamente malinconico:
«Ebbene?»
L'uomo delle Comunicazoni aveva detto in fretta:
«Sto chiamando il Calcolatore Finge, signore.»
Harlan aveva conservato un ricordo particolare del 482°… nella sua memoria, era stato un Secolo solido e massiccio, monolitico e forte. Ora pero gli appariva quasi squallido.
Harlan aveva avuto modo di abituarsi al vetro e alla porcellana del 575°, un Secolo che idolatrava la pulizia. Aveva avuto modo di abituarsi a un mondo di un bianco splendente e di una purezza cristallina, spezzato soltanto da rade oasi di colori pastello.
I pesanti mulinelli di stucco del 482°, i suoi colori pesanti, le pesanti aree di metallo verniciato, erano stati quasi repellenti ai suoi occhi.
Perfino Finge gli era sembrato diverso, come rimpicciolito. Due anni prima, agli occhi dell'Osservatore Andrew Harlan, ogni gesto di Finge era apparso sinistro e potente.
In quel suo ritorno, invece, dalle isolate ed eccelse vette della Tecnica, Finge gli era parso un individuo patetico e smarrito. Harlan lo aveva fissato, mentre il Calcolatore aveva sfogliato alcuni documenti, e aveva cominciato a sollevare il capo, con l'aria di chi pensa di avere fatto aspettare il tempo dovuto al suo visitatore.
Finge era originario di un Secolo orientato sull'energia, intorno al 600°. Era stato Twissell a rivelare questo particolare ad Harlan, e certamente il particolare spiegava molte cose. Le improvvise manifestazioni di malumore di Finge potevano essere, certamente, il risultato dell'insicurezza naturale di un uomo abituato alla solidita dei campi di forza, smarrito perche costretto a servirsi di qualcosa di fragile e flessibile come la materia. Il suo passo felpato (Harlan aveva sempre ricordato il modo silenzioso con cui Finge si era sempre mosso; spesso, lavorando come Osservatore, aveva sollevato il capo e, trasalendo, si era accorto che Finge era in piedi davanti a lui, e lo osservava) non era piu stato qualcosa di furtivo e misterioso, bensi l'andatura incerta e spaurita di una persona che viveva nel terrore costante e inconsapevole di sentirsi sprofondare il pavimento sotto i piedi.