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Noys lo aveva fissato, con espressione seria:

«Dovro rimanere qui per sempre, allora? Mi sembra cosi… solitario.»

«No, no. Non pensarci,» le aveva detto, stringendole le mani con forza. «Io cerchero di scoprire quello che tu sarai nella nuova Realta del 482°, e tu farai ritorno nel tuo Secolo travestita, naturalmente in senso figurato. Mi occupero io di tutto. Chiedero che la nostra relazione divenga ufficiale, e faro in modo che tu rimanga inalterata, attraverso tutti i futuri Mutamenti di Realta. Io sono un Tecnico dei migliori, e conosco bene i Mutamenti.» Poi aveva aggiunto, a denti stretti, «E conosco certe altre cose importanti, altrettanto bene…» poi si era interrotto.

«Tutto questo e consentito?» aveva domandato Noys. «Voglio dire, e possibile condurre delle persone nell'Eternita, e impedire che esse vengano cambiate? Da quello che mi hai detto, non mi sembra… giusto.»

Per un momento Harlan si era sentito minuscolo e tremante nell'immenso vuoto delle migliaia di Secoli che lo avevano circondato, avanti e indietro nel Tempo. Per un momento, si era sentito tagliato fuori perfino dall'Eternita, sua unica casa e la sua unica fede, doppiamente escluso dal Tempo e dall'Eternita; e gli era parso che solo la donna per la quale egli aveva sfidato il suo mondo, e abbandonato ogni cosa, fosse rimasta al suo fianco.

Le aveva risposto, e nella sua voce c'era stata una profonda, intensa sincerita:

«No, si tratta di un delitto. E uno dei delitti piu grave, e ne provo molta vergogna. Ma lo rifarei, se fosse necessario, anche mille volte.»

«Per me, Andrew? Per me?»

Non aveva alzato lo sguardo. Non l'aveva guardata negli occhi.

«No, Noys. Per me. Non posso sopportare neppure l'idea di perderti.»

«E se ci prendessero…?» aveva domandato lei.

Harlan aveva conosciuto la risposta, anche per quella domanda. Aveva conosciuto la risposta da quel momento di rivelazione improvvisa, nel letto del 492°, con Noys addormentata al suo fianco. Ma non aveva osato pensare alla folla verita, neppure in quel momento.

«Non ho paura di nessuno,» le aveva detto. «So come proteggermi: ne ho i mezzi. Loro non immaginano neppure quello che so!»

Capitolo Nono: Interludio

Quello che era seguito era stato un periodo idilliaco… Harlan se ne era reso conto piu tardi, ripensando a quelle fisiosettimane nelle quali erano avvenute centinaia di cose, che si erano confuse cosi inestricabilmente nel suo ricordo da dargli l'impressione che quel periodo fosse durato assai piu di quanto fosse durato in realta. Cio che aveva caratterizzato il periodo, naturalmente, era stato il tempo che aveva potuto trascorrere in compagnia di Noys… lunghe ore che avevano illuminato quei giorni, e che avevano gettato nell'ombra tutte le altre cose.

Prima Fase: era ritornato nel 482°, e lentamente aveva preparato i suoi effetti personali: abiti e libri-film e, soprattutto, i suoi amatissimi volumi del Primitivo, dei quali aveva seguito personalmente il trasporto nei suoi alloggi permanenti, nel 575°.

Finge era stato al suo fianco, quando Harlan aveva affidato l'ultimo dei volumi agli uomini della Manutenzione che lo avevano portato a bordo del cronoscafo di trasporto.

Finge aveva detto, scegliendo le parole con cura:

«Vedo che ci lasciate.»

Il suo sorriso era stato apparentemente cordiale, ma Harlan aveva notato l'espressione degli occhi. Il Calcolatore aveva tenuto le mani intrecciate dietro la schiena.

Harlan non aveva guardato il suo superiore, limitandosi a borbottare:

«Si, signore.»

«Riferiro al Calcolatore Anziano Twissell il modo piu che soddisfacente in cui avete eseguito i vostri compiti di Osservatore nel 482°.»

Harlan non era riuscito neppure a borbottare qualche parola di ringraziamento; era rimasto in silenzio.

Finge aveva proseguito, abbassando la voce:

«Non faro rapporto, per il momento, sul vostro tentativo di usare violenza nei miei confronti.» E benche il sorriso fosse rimasto sul suo viso, e l'espressione fosse rimasta mite, il suo atteggiamento aveva tradito un'inequivocabile soddisfazione crudele.

Harlan aveva sollevato lo sguardo, bruscamente, e aveva detto:

«Come preferite, Calcolatore.»

Seconda Fase: Era ritornato nel suo alloggio permanente, nel 575°.

Aveva incontrato Twissell quasi immediatamente. Era stato contento di rivedere il vecchio, dal corpo fragile e dal volto grinzoso di gnomo. Era stato contento perfino di vedere la sigaretta tra le dita gialle del Calcolatore, e di sentire gli acri sbuffi di fumo.

«Calcolatore!» aveva detto Harlan.

Twissell, che era uscito dal suo ufficio in quel momento, aveva fissato per pochi istanti il volto di Harlan, senza vederlo, apparentemente, ne riconoscerlo. Il volto del vecchio era apparso stanco, e gli occhi erano stati velati dalla stanchezza.

Poi Twissell lo aveva riconosciuto.

«Ah, Tecnico Harlan. Hai finito il tuo lavoro nel 482°?»

«Si, signore.»

Il commento di Twissell era stato strano. Aveva dato un'occhiata all'orologio, che, come tutti gli orologi dell'Eternita, misurava il tempo fisiologico, in modo da fornire non solo l'ora ma anche il numero del giorno, e aveva detto:

«Puntualissimo, ragazzo mio, puntualissimo. Magnifico. Magnifico.»

In quel momento, il cuore di Harlan aveva accelerato i battiti. Quando aveva visto Twissell per l'ultima volta, non sarebbe stato capace di comprendere niente di quella frase. In quella circostanza, invece, gli era sembrato di comprenderne il senso. Twissell era stato sottoposto a una forte tensione, e la stanchezza doveva avergli giocato un brutto scherzo, altrimenti non avrebbe parlato cosi esplicitamente… o forse il Calcolatore era stato sicuro di se, aveva creduto che quelle parole fossero state cosi enigmatiche da poter essere pronunciate in piena sicurezza.

Harlan aveva detto, parlando in tono casuale, per non lasciare comprendere all'altro che la sua domanda avrebbe potuto avere qualche relazione con le parole pronunciate in precedenza:

«Come sta il mio Cucciolo?»

«Bene, bene.» aveva detto Twissell, distrattamente, almeno cosi era parso. Aveva aspirato una lunga boccata di fumo, aveva rivolto ad Harlan un breve cenno di saluto, e se ne era andato.

Terza fase: il Cucciolo.

Gli era parso piu maturo. Gli era parso di vederlo molto piu maturo e piu anziano, quando Cooper gli aveva teso la mano, dicendo:

«Sono contento di rivedervi, Harlan.»

Ma forse c'era stato un altro motivo: prima, Harlan aveva considerato Cooper come un allievo, come un cucciolo, mentre ora lo aveva osservato con occhi diversi, gli era sembrato, in quel momento, un gigantesco strumento nelle mani degli Eterni. Naturalmente, questo gli aveva fatto assumere una statura completamente diversa, agli occhi di Harlan.

Harlan aveva cercato di non mostrare i suoi sentimenti. Si erano incontrati negli alloggi di Harlan, e il tecnico aveva ritrovato con piacere le immacolate porcellane, aveva provato un infinito sollievo al pensiero di essere ormai lontano dagli arredamenti barocchi del 482°. Aveva tentato piu volte di associare l'arredamento del 482° con il ricordo di Noys, ma il risultato era sempre stato quello di evocare mentalmente Finge. Noys gli aveva ricordato sempre un crepuscolo di seta rosata e, stranamente, l'austera solitudine delle Sezioni dei Secoli Nascosti.

Aveva parlato in fretta, come se avesse tentato di nascondere i propri pensieri reconditi:

«Ebbene, Cooper, cosa ti hanno fatto mentre ero via?»

Cooper aveva riso, e aveva distrattamente accarezzato i suoi lunghi baffi.

«Matematica. Sempre matematica.»

«Si? Immagino che ormai siano cose molto complesse.»

«Gia, molto complesse.»

«Come te la cavi?»

«Finora e sopportabile. Non e molto difficile, sapete? Mi piace. Pero stanno un po' esagerando con le cose complicate.»

Harlan aveva annuito, provando una certa soddisfazione.