Gli venne l'idea di cambiare cronoscafo. Qualcosa gli diceva, pero, che sarebbe stato inutile.
Nel vuoto silenzio del 100.000° Secolo, Andrew Harlan usci dal suo cronoscafo, e scelse a caso un'altra gabbia.
Un minuto piu tardi, stringendo la leva di guida, osservo la cifra sul temporometro, e capi che non avrebbe potuto passare neppure da quella parte.
Si senti pervadere dall'ira cieca, rabbiosa, di chi ha percorso una lunga strada e scivola su un sassolino in vista del traguardo. Proprio in quel momento! Quando le cose si erano messe al bello, inaspettatamente, quando tutto si era volto in suo favore, incontrava il disastro! La maledizione prodotta da quel lieve errore di calcolo, nell'entrare nel 482°, pesava ancora su di lui.
Rabbiosamente, abbasso la leva, spingendola fino in fondo, alla massima velocita possibile, a ritroso nel tempo. Almeno adesso lui era libero, libero di fare tutto cio che voleva. Ora che Noys era irraggiungibile, chiusa al di la di una barriera, fuori della sua portata, cos'altro avrebbero potuto fargli? Cos'altro doveva temere?
Ritorno nel 575°, e usci dal cronoscafo di corsa, senza curarsi di coloro che avrebbero potuto vederlo. Si diresse verso la biblioteca della Sezione, senza rivolgere la parola a nessuno, senza guardare nessuno, prese cio che voleva senza guardarsi intorno, per vedere se lo osservavano. Che importanza aveva?
Poi ritorno nel cronoscafo, e abbasso ancora la leva, muovendosi ancora a ritroso nel tempo. Sapeva esattamente cio che avrebbe dovuto fare. Guardo il grande orologio, passandogli davanti, l'orologio che indicava i tre turni di lavoro del fisiogiorno. In quel momento Finge doveva essere nel suo alloggio privato… ed era meglio cosi.
Harlan si sentiva ardere dalla febbre. Quando arrivo nel 482°, aveva la bocca secca e impastata, provava un bruciore al petto, sentiva un ronzio continuo. Ma sentiva anche la solida massa dell'arma che teneva sotto la camicia, saldamente premuta dal suo gomito, ed era solo quella che importava.
L'Assistente Calcolatore Hobbe Finge sollevo lo sguardo, all'entrata di Harlan, e la sorpresa fu sostituita da un vago allarme, nei suoi occhi.
Harlan lo osservo per qualche istante, permettendo che l'allarme aumentasse, aspettando che si trasformasse in paura. Poi avanzo, descrivendo un semicerchio, in modo da mettersi tra Finge e lo schermo di comunicazione.
Finge era seminudo; aveva indosso solo i pantaloni. Il grosso torace flaccido era quasi privo di peli, il petto era grasso, quasi femminile. Lo stomaco molliccio sporgeva dalla cintura.
Aveva un aspetto poco dignitoso, penso Harlan con soddisfazione, poco dignitoso e insignificante. Tanto meglio.
Infilo la mano destra sotto la camicia, e impugno con fermezza l'arma.
«Nessuno mi ha visto, Finge, cosi non guardare verso la porta,» gli disse, in tono aspro. «Non verra nessuno. Devi capire, Finge, che hai a che fare con un Tecnico. Lo sai cosa significa?»
La sua voce era metallica, cupa. Era in collera, perche la paura non entrava negli occhi di Finge, ma solo la preoccupazione. Il Calcolatore allungo la mano per prendere la camicia, e comincio a indossarla, in silenzio.
Harlan prosegui:
«Sai qual e il privilegio dei Tecnici, Finge? Non lo sei mai stato, quindi non puoi capire. Essere un Tecnico significa che nessuno bada a quello che fai, o a dove vai. Tutti guardano dall'altra parte, quando vedono un Tecnico, e si sforzano tanto per non vederti, che non ti vedono davvero. Io potrei, per esempio, andare nella biblioteca della Sezione, Finge, e prendere qualsiasi oggetto curioso, e il bibliotecario se ne starebbe chino sui suoi registri, e non mi guarderebbe nemmeno. Posso camminare attraverso i corridoi residenziali del 482°, e tutti coloro che mi incontrano si girano dall'altra parte, e se piu tardi qualcuno li interroga, giureranno di non avere visto nessuno. E automatico, Finge. E un condizionamento troppo forte. Cosi, vedi, posso andare dove voglio, fare quello che voglio. Posso entrare nell'appartamento privato del Calcolatore di una Sezione, e costringerlo a dirmi la verita, puntandogli contro un'arma, e nessuno mi puo fermare.»
Finge parlo, per la prima volta:
«Che cosa nascondi li?»
«Un'arma,» disse Harlan, e gliela mostro. «La riconosci?» Aveva una lunga canna, che terminava in una specie di bulbo metallico.
«Se mi uccidi…»
«Non ti uccidero.» disse Harlan. «Durante un nostro recente incontro, tu eri armato di disintegratore. Questo non e un disintegratore. E un'invenzione di una delle passate Realta del 575°. Forse non la conosci. E stata estirpata dalla Realta: troppo orribile. Puo uccidere, ma a bassa frequenza puo attivare i centri dolorifici del sistema nervoso, e puo anche paralizzare. Si chiama, o meglio, era chiamata, frusta neuronica. Funziona perfettamente. Questa e carica. L'ho provata su un dito.» Sollevo la mano sinistra, mostrando al Calcolatore il mignolo rigido e arrossato. «E stata un'esperienza davvero spiacevole.»
Finge era apparso finalmente turbato.
«Che cosa significa tutto questo, in nome del Tempo?»
«C'e una barriera che blocca i cronoscafi al 100.000°. Voglio che la barriera sia rimossa.»
«Una barriera che blocca i cronoscafi?»
«Non fingere di essere sorpreso. Ieri tu hai parlato a Twissell. Oggi c'e la barriera. Voglio sapere che cosa hai detto a Twissell. Voglio sapere che cosa e stato fatto, e che cosa sara fatto. Per il Tempo, Finge, se non parli, usero la frusta neuronica. Se dubiti delle mie intenzioni, mettimi alla prova. Non chiedo altro.»
«Ascolta…» La voce di Finge era esitante, e finalmente l'ombra della paura comincio a insinuarsi sul suo volto, insieme a una strana combinazione di collera e disperazione… «Se vuoi sapere la verita, te la diro subito. Sappiamo tutto di te e Noys.»
Harlan socchiuse gli occhi.
«Che cosa sapete, di me e Noys?»
Finge disse:
«Credevi davvero di potertela sempre cavare impunemente?» Il Calcolatore continuava a tenere lo sguardo fisso sulla frusta neuronica, e la sua fronte scintillava di sudore. «Per il Tempo, con la sovreccitazione che hai mostrato dopo il tuo periodo di Osservazione, con quello che hai fatto durante quel periodo, credi che noi non osservassimo te? Meriterei di essere radiato dai Calcolatori, se trascurassi qualcosa di tanto evidente. Noi sappiamo che tu hai portato nell'Eternita Noys. L'abbiamo saputo dall'inizio. Volevi la verita: eccola.»
In quel momento, Harlan maledisse la propria stupidita.
«Allora tu lo sapevi? Anche altri lo sapevano?»
«Si. Sapevamo che tu avevi portato la ragazza nei Secoli Nascosti. Ti abbiamo osservato tutte le volte che sei entrato nel 482° per portarle le cose che le servivano… comportandoti come un idiota, violando in maniera disgustosa il tuo Giuramento di Eterno.»
«E allora perche non sono stato fermato?» Harlan si senti avvampare; doveva assaporare fino all'ultima goccia le amarezze dell'umiliazione, dunque!
«Continui a volere la verita?» domando seccamente Finge, e parve acquistare coraggio, mano a mano che Harlan mostrava la propria umiliazione.
«Continua.»
«E allora, lasciami dire che fin dal primo momento ho sempre pensato che tu non fossi un vero Eterno. Forse un geniale Osservatore, certo, e magari anche un Tecnico di talento… ma non un vero Eterno. Quando ti ho fatto venire qui, per questo ultimo lavoro, ho chiesto espressamente il tuo intervento anche per dimostrare che non eri un vero Eterno a Twissell, che per qualche suo oscuro motivo sembra stimarti. Non volevo semplicemente mettere alla prova la societa del 482° nella persona di quella ragazza: stavo mettendo alla prova anche te, e tu hai fallito alla prima prova, esattamente come avevo pensato. E adesso, riponi quell'aggeggio, quella frusta neuronica, ed esci dalle mie stanze.»
«E tu sei venuto nelle mie stanze private, una volta,» disse Harlan, lentamente, lottando per conservare la propria dignita che gli sfuggiva come sabbia tra le dita, sentendo la mente e la volonta intorpidite come il mignolo sul quale aveva sperimentato la frusta neuronica, «Sei venuto per spingermi a fare quello che ho fatto.»