— Papà — chiamò Roberto debolmente.
— Sono qui, sono qui!
Le persone che stavano nella stanza, ed avevano trattenuto il respiro fino a quel momento, cominciarono a parlare tutte insieme.
— Bravo, bravo, — dicevano — hai salvato la vita a centinaia di persone.
— Se non fosse stato per te, il direttissimo si sarebbe sfracellato contro la frana.
— Sei un ragazzo in gamba — disse un ferroviere, accarezzandogli la testa.
Era il capotreno del «trentasette». Roberto gli sorrise e continuò a sorridere, solo con la bocca un po' storta, anche quando ricominciò a sentire il dolore al ginocchio.
Allo spuntar del sole la frana era stata sgombrata e il treno potè ripartire.
Roberto e il babbo rimasero soli.
Soltanto allora si accorsero che qualcuno era rimasto nella stanza con loro. Qualcuno o qualcosa? Era la Freccia Azzurra, che aveva approfittato della confusione per infilarsi nel casello. I suoi tre ferrovieri, emozionatissimi, stavano ai loro posti e tenevano gli occhi fissi sul ragazzo che aveva salvato un treno vero.
— Toh — disse il casellante. — E questo?
— Un treno elettrico, papà! È un treno elettrico! Non mi avevi detto che me lo volevi comperare. È magnifico, guarda. Ci sono le rotaie nei carri merci. Scommetto che a stenderle tutte faranno il giro della stanza.
— Ma io non l'ho comperato — disse il babbo, confuso — non l'ho mai visto prima d'ora.
Roberto lo guardò incredulo.
— Dai, non mi imbrogliare… Hai voluto farmi una sorpresa per la Befana.
— No, no, ti assicuro che non è come tu dici. Sai cosa penso? Forse qualcuno dei viaggiatori del direttissimo lo portava in regalo ai suoi figli, ed ha voluto lasciarlo a te. Dopotutto, tu hai fatto a quei bambini il regalo più bello: hai salvato la vita del loro papà. Io non avrei mai potuto comperarti un giocattolo così costoso.
Roberto sorrise.
— Già — disse — sarà stato un signore che viaggiava sul «trentasette».
La Befana ci sa fare
A quell'ora Spìcciola, il cagnolino fedele, se ne stava accoccolato sulla coda, davanti alla casa vuota di Francesco. Un timido sole allungava rabbrividendo i suoi raggi sulla neve gelata. Anche la coda di Spìcciola era mezzo gelata. Ma Spìcciola non si muoveva. Non voleva andare da nessuna parte. Voleva soltanto restar lì, e magari morire lì, pensando a Francesco.
A quell'ora Francesco dormiva sulla dura panca, nel corridoio del commissariato, con la testa appoggiata al muro. Che duro cuscino, una parete di mattoni! Ma Francesco dormiva lo stesso, di un sonno senza sogni.
E a quella stessa ora la Befana, povera vecchia, da poco rincasata, stava bevendo il caffè che Teresa le aveva preparato per fare la pace.
— Mi ficcherò sotto le coperte — borbottava — e dormirò fino a dopodomani.
— Sì, signora baronessa.
— E guai a chi mi sveglia.
— Guai, signora baronessa.
— È stata una gran brutta nottata.
— La peggiore degli ultimi cinquant'anni, signora baronessa.
Ma qualcuno scelse proprio quel momento per bussare alla saracinesca del negozio.
— Chi è? — gridò Teresa, con voce sgarbata. — Che cosa volete? La signora baronessa non può ricevere nessuno.
— Sono una guardia notturna, ho un caso urgente da sottoporre alla signora.
Teresa sbirciò da un buco nella saracinesca, vide la guardia notturna e vide anche, appesa al manubrio della sua bicicletta, una piccola gabbia nella quale un canarino a molla trillava ad ogni scossa.
— Come avete avuto quella gabbia? — domandò Teresa, brusca brusca.
— L'ho trovata stanotte, mezzo sepolta dalla neve.
— Ah, ecco. Debbono averla perduta i ladri. Siete venuto a riportarla, dunque. Va bene, date qua e grazie tante. La consegnerò io alla signora baronessa.
— No, no, un momento. Non si tratta del canarino. Si tratta di Francesco.
Per un caso strano, ma non troppo, quella guardia notturna conosceva Francesco. Molte volte l'aveva incontrato, mentre tornava dal suo lavoro nel cinematografo, e l'aveva accompagnato per un tratto di strada.
— Perché non prendi il tram? — gli domandava la guardia notturna.
— Perché costa troppo — rispondeva Francesco.
— Già — approvava la guardia, crollando il capo.
— Io devo portare a casa tutti i soldi che guadagno: sono tanto pochini anche così.
— Già — borbottava la guardia. — Non è allegro lavorare alla tua età, vero?
— Io non mi lamento, — diceva Francesco — anzi, sono abbastanza contento. È vero che non ho tempo per giocare, ma poi con che cosa giocherei? Non ho giocattoli.
— Sicuro — diceva la guardia notturna — sicuro.
Francesco chiacchierava, e l'uomo l'ascoltava. Gli voleva bene,
a quel ragazzo, che lavorava come un grande, e che attraversava tutta la città a piedi, di notte, solo, con i suoi magri guadagni in tasca.
Questa guardia notturna, dunque, aveva udito l'allarme, aveva visto arrestare i ladri e, con sua grande sorpresa, aveva visto anche Francesco ammanettato come un delinquente e portato via tra due angeli custodi.
— Io non ci credo — aveva pensato subito la guardia notturna — quel ragazzo non può essere un ladro. Io lo conosco come se fosse mio figlio.
Era corso alla polizia, ma lo avevano cacciato in malo modo.
— Pensa a fare la guardia — gli dissero gli agenti — torna a fare il tuo servizio, altrimenti i ladri avranno tempo di svaligiare tutti i negozi della città. È tuo parente quel ragazzo?
— No, non è mio parente, ma…
— Allora lascia che ce ne occupiamo noi. Noi li conosciamo questi ladruncoli.
La guardia notturna era uscita tristemente dal commissariato ed era tornata al suo lavoro. Prima di rincasare, però, gli venne in mente che forse la padrona del negozio lo poteva aiutare.
— Signora — le dirò —alla polizia non mi vogliono ascoltare. Proprio il giorno della Befana quel povero bambino è in gattabuia come un ladro. Perché non viene con me alla polizia a liberarlo? Basterà che lei dica che niente è stato rubato, che conosce quel ragazzo e sa che è un ragazzo per bene. Insomma, faccia qualche cosa per lui. Forse a lei la polizia darà retta.
— Francesco? — disse Teresa. — E chi è questo Francesco?
— Per favore, la smetta di fare domande. Le dico che si tratta di un caso urgentissimo.
— Quando si ha sonno, nulla è più urgente che andare a letto.
— Teresa, con chi stai chiacchierando? — domandò in quel momento la Befana.
— Niente, signora baronessa, è soltanto una guardia notturna.
— Questa è la padrona — pensò il nostro uomo. E chiamò a gran voce:
— Signora baronessa! Signora baronessa!
La Befana rimase piacevolmente colpita: — Ecco qualcuno che conosce le buone maniere e sa come si tratta con una gentildonna.
— Teresa — disse poi — alza la saracinesca e fa' entrare il signore. Possibile che tu non sappia mai distinguere una persona per bene da un disturbatore? Prego, s'accomodi, in che posso esserle utile?
In due parole la guardia notturna la mise al corrente dei fatti di quella notte.
La Befana e Teresa non finivano più di meravigliarsi:
— Dei ladri in negozio mentre eravamo in giro per i tetti! Misericordia! Ci avranno vuotato la cassaforte!
E corsero a guardare. Ma dalla cassaforte non mancava un centesimo.
— Ecco — disse allora la guardia notturna. — Tutto merito di Francesco. È stato lui a dare l'allarme.