Выбрать главу

— È una vecchina — dicevano le altre bambole.

— Dorme, vedete?

— Sentite come ha freddo. Ha la pelle gelata.

Qualche bambola allungò una mano per sentire come era gelata la pelle della vecchina.

Facevano piano, per paura di svegliarla, ma la vecchina non si svegliò.

— Proviamo a scaldarla — suggerì la Bambola Rosa. E fu la prima a stropicciare tra le sue manine le mani della vecchina. Stropicciò e fregò per un bel pezzo, ma senza successo. Le vecchie mani rugose sembravano due pezzi di ghiaccio.

Un bersagliere scese dal tetto della vettura e si avvicinò.

— Eh — mormorò, dopo aver dato un'occhiata alla vecchia — ne ho vista tanta di gente così.

— La conosci? — domandarono le bambole.

— Se la conosco? No, non conosco proprio questa, ma conosco la gente come lei. È gente povera, e niente più.

— Povera come il ragazzo della cantina?

— Più povera, più povera. Questa era una vecchietta senza casa. La neve l'ha sorpresa per la strada e si è rifugiata in questo portone per non morire di freddo.

— E ora dorme?

— Sì, dorme — disse il soldato. — Dorme uno strano sonno.

— Come sarebbe a dire?

— Ecco, non credo che si sveglierà mai più.

— Questa è una vera sciocchezza — disse la Bambola Rosa con molta decisione — perché non si dovrebbe svegliare? Anzi, io resterò qui fin che si sveglierà. Sono stanca di viaggiare. Io sono una ragazza di casa, non mi piace andare attorno per le strade di notte. Voglio restare con questa vecchina e quando si sveglierà andrò con lei. Sarà la mia nonna, ecco.

La Bambola Rosa sembrava diventata un'altra. Non aveva più quell'aria sciocchina e vanitosa che mandava in bestia Capitan Mezzabarba. Una luce diversa le brillava negli occhi, che erano veramente troppo celesti.

— Io resterò qui — ripetè con decisione. — Mi dispiace per Francesco, ma in fondo non credo che sentirà la mia mancanza.

Francesco è un maschio, e non saprebbe che farsene di una bambola. Basterà che gli portiate i miei saluti, e lui mi scuserà. E poi, chissà, forse questa vecchina verrà a trovare Francesco e mi porterà con sé, e noi ci rivedremo ancora.

Continuava a parlare, parlare, come se avesse la gola piena di parole e dovesse buttarle fuori tutte in una volta per non soffocare.

Forse non voleva lasciar parlare gli altri. Non voleva sentirsi dire di no, non voleva essere costretta ad abbandonare la vecchina tutta sola nel buio del portone, con quel freddo. Ma nessuno le disse nulla.

Spìcciola era uscito dal portone in esplorazione e tornò per dire che la via era libera, e si poteva riprendere il cammino.

Uno dopo l'altro i fuggitivi rimontarono in treno. Il Capostazione ordinò di spegnere ogni luce. La Freccia Azzuria si mosse lentamente verso l'uscita.

— Addio, addio! — sussurravano le amiche alla Bambola

Rosa.

— Arrivederci! — rispose lei, con la voce tremante. Aveva paura a restare sola, è inutile negarlo. Si strinse contro il petto della vecchina e ripetè con un filo di voce: — Addio!

Le Tre Marionette si sporsero insieme da un finestrino:

— Addio! — dissero in coro. — Ci hai fatto venire una voglia di piangere. Ma tu sai che non possiamo piangere. Siamo di legno e non abbiamo cuore. Addio!

La Bambola Rosa si sentì piccola, sempre più piccola e piena di paura. Ma le fatiche e le emozioni del viaggio non tardarono a fare il loro effetto. Dapprima la Bambola Rosa chiuse gli occhi. Tanto, che bisogno c'era di tenerli aperti? Era così buio che non ci si vedeva fino alla punta del naso. E come ebbe chiuso gli occhi, pian piano si addormentò. Così le trovò il mattino dopo la portinaia, strette l'una all'altra, abbracciate come sorelle: la vecchina e la Bambola Rosa.

La Bambola non capiva perché tutta quella gente si fermasse nel portone a guardare. Vennero anche dei carabinieri veri, grandi

da far spavento. La vecchina fu messa in una lettiga e portata via. La Bambola Rosa non capiva perché non si fosse svegliata.

Un carabiniere la prese con sé e la portò al suo comandante. Il carabiniere aveva una bimba e il comandante gli disse di tenere la Bambola per la sua bambina.

Ma la Bambola Rosa non cessò mai di pensare alla vecchina tutta gelata accanto alla quale aveva passato la notte dell'Epifania. E ogni volta che pensava a quella vecchina si sentiva un grande freddo al cuore.

La statua di un Generale

Spìcciola trotterellava col muso basso davanti alla locomotiva. La neve continuava a cadere e copriva il selciato della via con una spessa coltre bianca. Diventava sempre più difficile, per Spìcciola, fiutare la pista delle scarpe rotte di Francesco. Spesso il cane si arrestava, si guardava attorno incerto, tornava sui suoi passi, prendeva un'altra direzione.

— Forse qui Francesco si è fermato a giocare, — mormorava affannosamente, — per questo la pista è così intricata.

Il Macchinista, aguzzando gli occhi, seguiva Spìcciola a lenta andatura. Sul treno, tutti cominciavano ad avere freddo.

— Bisogna andare più in fretta — brontolava Mezzabarba. — Di questo passo temo che arriveremo l'anno venturo, o piuttosto che saremo schiacciati dal primo tram.

Talvolta anche il Capostazione gridava a Spìcciola di far presto. Ma che cosa poteva fare di più il povero cucciolo? Tra l'altro, anche lui cominciava ad aver freddo. La neve gli gelava il naso, e non aveva nemmeno il tempo di stropicciarselo con le zampe.

La pista obbligava la carovana a marciare a zig zag, a salire sui marciapiedi, a scenderne, a fare il giro della piazza, ad attraversare tre o quattro volte una strada nello stesso punto.

— Che maniera è d'andare attorno per le strade? — borbottava il Capostazione. — Ma già. insegnate ai bambini che la linea retta è la più breve fra due punti e loro subito, per applicare i vostri insegnamenti, faranno un girotondo. Guardate questo Francesco: nello spazio di dieci metri ha attraversato dieci volte la strada. Mi meraviglio come non sia andato a finire sotto una macchina.

Spìcciola, instancabile, cercava col naso nella neve l'odore dell'amico e intanto parlava con Francesco, come se lui potesse sentire:

— Stiamo venendo, sai? stiamo arrivando tutti quanti. Sarà una bella sorpresa per te. Un treno carico di giocattoli, una carovana intera. Aspettaci e vedrai.

Ed era tanto occupato a parlare con Francesco, che percorse una buona decina di passi prima di accorgersi di aver perduto la pista.

Tornò indietro di corsa, mentre il Macchinista frenava per la centesima volta.

Cercò disperatamente, ma non gli riusciva di riprendere il filo dell'odore. Esso terminava lì, in mezzo a quella strada stretta e poco illuminata, sotto la neve. Proprio in mezzo alla strada, e non davanti ad un portone, o sul marciapiedi.

— È incredibile, — pensò Spìcciola — non può mica essersi sollevato in volo.

— Che cosa succede laggiù? — gridò il Generale, che odorava dappertutto nemici.

— Spìcciola non trova più la pista di Francesco — informò il Macchinista con calma.

Fu un coro generale di protesta. Le bambole già si vedevano condannate a morire sepolte dalla neve in mezzo alla strada.

— Corpo di mille balene gelate! — esclamò Mezzabarba. — Questa non ci voleva.

— L'avranno rapito — esclamò il Generale, eccitatissimo.

— Rapito chi?

— Il bambino, perbacco. Il nostro Francesco. La sua pista arriva in mezzo alla strada e non continua. Che cosa significa? Che il