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Per quanto ne sapeva, il progetto del computer quantistico era concluso. Da solo non era in grado di andare avanti. Altri scienziati — come quel gruppo di donne al di là dell'oceano, a Evsoy, o quello degli uomini sulla costa occidentale del continente — avrebbero continuato il lavoro procedendo per linee parallele. Si augurava che avessero fortuna: ne avrebbe letto con interesse gli studi, anche se avrebbe sempre rimpianto che non erano stati loro due ad arrivare per primi alla soluzione.

I pioppi e le betulle, sulle cui radici muschiose fiorivano dei trillium bianchi, formavano una volta ombrosa intorno alla veranda. Uno scoiattolo sgambettò veloce; in lontananza s'udiva il martellio di un picchio su un tronco. Respirò a fondo, inalando polline e odore di terra e di pacciame.

Poi udì qualcosa in movimento; non era raro che anche di giorno qualche grosso animale si spingesse nei pressi delle abitazioni, e…

All'improvviso Pabo piombò a tutta velocità dalla porta sul retro: anche lei aveva sentito qualcosa. Adikor dilatò le narici. Qualcuno — un uomo — si stava avvicinando.

Era forse…?

Pabo cacciò un mugolio lamentoso. Eccolo.

No, non era Ponter. Certo che no.

Sentì una fitta al cuore. Pabo rientrò in casa, continuando la sua straziante attesa.

«Buongiorno» disse Adikor all'uomo che stava salendo sulla veranda. Non lo conosceva: un tipo ben piantato, con i capelli rossi, che indossava una camicia svasata blu scuro e pantaloni grigi.

«È lei Adikor Huld, che risiede qui nella periferia di Saldak?»

«In persona.»

L'uomo sollevò il braccio sinistro puntando il polso verso Adikor, per trasferire delle informazioni al suo Companion.

Adikor annuì e premette un pulsante del suo impianto. Vide il piccolo schermo lampeggiare mentre riceveva le informazioni. Pensava che si trattasse di una lettera di presentazione: forse quel tipo era un parente in visita, o magari un commerciante in cerca di lavoro, che mostrava le sue credenziali, dati che avrebbe potuto facilmente cancellare se non lo avessero interessato.

«Adikor Huld, è mio dovere informarti che Daklar Bolbay, in qualità di tabant dei minorenni Jasmel Ket e Megameg Bek, ha sporto una denuncia nei tuoi confronti con l'accusa di omicidio del loro padre, Ponter Boddit.»

«Cosa?» disse Adikor alzando lo sguardo. «Stai scherzando?»

«No, non scherzo.»

«Ma Daklar è — o meglio era — la compagna di Klast. Ci conosciamo da sempre.»

«Tuttavia ha inoltrato una denuncia» tagliò corto l'uomo. «Per favore, mostrami il polso in modo che possa accertarmi dell'avvenuto trasferimento della documentazione.»

Completamente sbalordito, Adikor obbedì. L'uomo diede una rapida occhiata al display - su cui compariva la scritta: 'Capo d'imputazione di Bolbay nei confronti di Huld, trasferimento completato' -, quindi tornò a guardare Adikor. «Ci sarà un dooslarm basadlarm — una vecchia frase che significava letteralmente 'chiedere poco prima di chiedere tanto'; si tratta di una sorta di udienza preliminare — in cui si stabilirà se si dovrà istituire un processo per il delitto commesso.»

«Ma quale delitto!» sbottò Adikor, già ribollente di rabbia. «Ponter è scomparso. Forse è morto, questo te lo concedo, ma se così fosse si è trattato di un incidente.»

L'uomo lo ignorò. «Hai facoltà di scegliere una persona di fiducia che ti difenda. Il dooslarm basadlarm è stato fissato per domani mattina.»

«Domani!» esclamò Adikor stringendo i pugni. «Ma è assurdo!»

«Giustizia rimandata, giustizia cancellata» disse l'uomo prima di andare via.

10

Mary aveva bisogno di un caffè. Si alzò dal letto e andò in cucina a caricare la macchinetta. Poi entrò in soggiorno per sentire i messaggi registrati sulla segreteria telefonica, una vecchia ma ancora affidabile Panasonic nera argentata che quando entrava in funzione emetteva un suono sordo.

«Quattro nuovi messaggi» annunciò l'impersonale voce maschile.

«Ciao, Sis, sono Christine. Devo assolutamente parlarti di questo nuovo amico che sto frequentando; è un collega. Sììì, lo so che dici sempre che è una cosa sconveniente avere relazioni con i colleghi, ma sapessi quanto è carino, simpatico e divertente. Parola mia, Sis, è davvero una rivelazione!»

Davvero una rivelazione, pensò Mary. Capperi, un'altra rivelazione.

Di nuovo la voce meccanica: «Venerdì ore 21.04.» C'erano sei ore di differenza dall'orario di Sacramento; Christine doveva aver chiamato appena tornata dal lavoro.

«Ehi, Mary, sono Rose. Che fine hai fatto? Ti va di pranzare insieme? C'è un Blueberry Hill su a York? Quello vicino casa mia lo hanno chiuso. Ti passo a prendere. Senti, immagino che tu sia fuori: spero che te la stia spassando, di qualunque cosa si tratti. Chiamami.»

La voce della segreteria: «Venerdì ore 21.33.»

Cristo, pensò Mary. Era proprio quando… quando…

Chiuse gli occhi.

Poi cominciò l'altro messaggio: «Professoressa Vaughan?» Era una voce maschile con accento giamaicano. «È l'abitazione della professoressa Mary Vaughan, la genetista? Mi dispiace se non… insomma, sono spiacente di disturbarla a quest'ora; ho provato a chiamarla al campus di York, sperando di trovarla ancora lì, ma mi ha risposto la segreteria. Ho chiamato il dodici per avere i numeri di tutte le M. Vaughan a Richmond Hill; ho scoperto che vive lì da un suo articolo che ho trovato su Internet.» Il messaggio di risposta che aveva inciso sulla segreteria diceva solo 'Sono Mary'; probabilmente quel tipo aveva presunto di aver trovato il numero che cercava. «Comunque… Dio, spero non cada la linea. Senta, mi chiamo Reuben Montego; sono il medico del distretto minerario di Creighton, della società Inco qui a Sudbury. Non so se ha già visto qualche telegiornale, ma il fatto è che abbiamo trovato…» Ci fu una pausa, senza apparente motivo; inoltre, più che parlare, l'uomo aveva farfugliato le ultime parole. «Be', senta, se ancora non ha visto il telegiornale, le dico solo che abbiamo trovato quello che crediamo sia un esemplare di uomo di Neandertal in, be', direi proprio in ottime condizioni.»

Mary scosse il capo. Nel nord America non esistevano fossili della specie dei Neandertal; quel tipo doveva essersi imbattuto in qualche esemplare preistorico vissuto in Canada…

«Comunque, ho fatto delle ricerche su Internet con le parole 'Neandertal' e 'DNA' ed è venuto fuori il suo nome. Potrebbe…»

Bip. Il messaggio era troppo lungo.

«Venerdì ore 22.10» puntualizzò la voce robotica.

«Dannazione, detesto queste cose» riprese il dottor Montego nel messaggio seguente. «Ascolti, riguardo a quello che le stavo dicendo, vorremmo che lei accertasse l'autenticità dell'esemplare che abbiamo qui. Mi richiami a qualsiasi ora del giorno o della notte. Il mio cellulare è…»

Non aveva tempo per quelle cose. Né quel giorno, né l'indomani. E comunque i Neandertal non erano il suo unico interesse. La cosa l'avrebbe affascinata anche se si fosse trattato di un fossile in buono stato appartenuto a qualche indigeno. Ma per poter lavorare sul DNA, doveva essere in ottimo stato, e…

Sudbury era nel nord dell'Ontario. Potevano aver…?

Sarebbe stato un evento straordinario. Un altro uomo di ghiaccio, completamente congelato, forse rinvenuto in una miniera.

Gesù, adesso non voleva pensarci; anzi, non voleva pensare proprio a un bel niente.

Tornò in cucina e si versò il caffè, che allungò con un po' di latte al cioccolato preso da un cartone da mezzo litro. Pensava di essere l'unica ad avere quella abitudine. Ripassò nel soggiorno e accese il televisore, un apparecchio di quattordici pollici che usava raramente. Quando rimaneva a casa preferiva leggere un romanzo di John Grisham, o anche qualcosa della collezione Harmony, raggomitolata sul divano.