Con il telecomando selezionò il canale CablePulse 24, una stazione che trasmetteva notiziari ventiquattro ore al giorno, con una parte dello schermo dedicata alle ultimissime; nella parte destra apparivano le informazioni meteorologiche e finanziarie, mentre nella striscia inferiore scorrevano i titoli del The National Post. Voleva vedere le temperature e se sarebbe piovuto, cosa probabile con tutta quella micidiale umidità nell'aria, e…
'…la distruzione dell'Osservatorio di neutrini di Sudbury, avvenuta ieri…' stava dicendo la giornalista. Non ne ricordava mai il nome, ma la riconosceva per quella riga bianca decisamente fuori luogo che le solcava i capelli neri. 'Per il momento non si conoscono ancora i dettagli, ma sembra che verso le quindici e trenta di ieri si sia verificato un incidente nell'osservatorio, situato a più di due chilometri sotto la superficie terrestre. Sembra che nessuno sia rimasto ferito nell'incidente, ma il laboratorio, costato settantatré milioni di dollari, è stato chiuso. Nell'osservatorio, per mezzo del rilevatore di neutrini venuto alla ribalta l'anno scorso risolvendo il cosiddetto problema dei neutrini solari, si indagano i misteri dell'universo. La struttura fu inaugurata in pompa magna nel 1998 con una visita del noto scienziato Stephen Hawking.' Dietro la giornalista scorrevano le immagini di Hawking seduto sulla sedia a rotelle che scendeva con un ascensore nelle profondità della miniera.
'E a proposito di misteri, dall'ospedale di Sudbury ci sono delle dichiarazioni che riguardano il ritrovamento nella miniera di esemplare vivente dell'uomo di Neandertal. Ci colleghiamo adesso con il nostro inviato Don Wright. Don?'
Mary seguì a bocca aperta il giornalista nativo canadese che raccontava i fatti. Il tipo che stavano mostrando aveva effettivamente una fronte molto prominente, e…
Sembrava proprio un Neandertal, ma…
Ma come era possibile? Poteva mai essere? Per amor di Dio, era evidente che quel tipo non era un selvaggio; e che strana acconciatura di capelli. Mary seguiva spesso quel canale, che talvolta mandava in onda delle sorte di promo mascherati di film in prima visione, ma…
Era iscritta a una mailing list di appassionati di paleontologia, dove circolavano un sacco di insulsaggini, quindi se lì nell'Ontario ci fosse stato in preparazione un film sui Neandertal l'avrebbe certamente saputo.
Sudbury… Non c'era mai stata, e…
Cristo, le avrebbe fatto proprio bene mandare tutto al diavolo per un po'. Verificò il numero sul display: il prefisso cominciava con 705. Compose il numero e si accomodò sulla sedia di vimini con la spalliera alta, la sua preferita. Tre squilli, e la voce che aveva lasciato il messaggio rispose: «Montego.»
«Dottor Montego, sono Mary Vaughan.»
«Professoressa Vaughan! Grazie per aver chiamato. Abbiamo…»
«Dottor Montego, ascolti. Lei non ha idea di come… di come sia confusa in questo momento. Se si tratta di uno scherzo…»
«Nessuno scherzo, professoressa, ma per il momento preferiamo tenere Ponter qui da noi. Potrebbe venire a Sudbury?»
«Siete assolutamente certi che si tratti di un esemplare autentico?»
«Questo non glielo so dire. È proprio quello che vorremmo ci aiutasse a capire. Senta, stiamo anche cercando di contattare Norman Thierry dell'università della California ma lì non sono ancora le otto del mattino, e…»
Gesù, non voleva che Thierry entrasse in quella storia; se la faccenda era vera — Dio, ma come poteva esserlo? — sarebbe stata una vera e propria bomba.
«Perché volete che venga fin lì?»
«Voglio che sia lei stessa a prendere i campioni del DNA, in modo che non ci siano dubbi sulla loro autenticità e provenienza.»
«Mi ci vorranno… Dio, non lo so, almeno quattro ore per arrivare a Sudbury.»
«Di questo non deve preoccuparsi» la rassicurò Montego. «Abbiamo a disposizione un aereo aziendale, a Pearson. Anche le spese non sono un problema: gliele rimborserà la Inco. Prenda un taxi fino all'aeroporto e sarà qui prima di mezzogiorno.»
Mary si guardò intorno: le librerie bianche e i mobili di vimini, la collezione di statuine della Royal Doulton, le stampe incorniciate di Renoir. Poteva fare un salto all'università per prendere alcuni manuali, ma…
No, no, non voleva tornare in quel posto. Non ancora, perlomeno non quel giorno; forse non prima di settembre, quando sarebbero ricominciati i corsi.
Ma dei manuali aveva bisogno. Adesso era giorno, poteva parcheggiare nel lotto DD, avvicinarsi al Farquharson Building dalla direzione opposta, senza dover passare dove…
Dove…
Chiuse gli occhi. «Dovrò passare all'università per prendere delle cose, ma… sì, va bene, vengo.»
11
Mancavano ventiquattro giorni al momento in cui Due sarebbero diventati Uno, la fantastica vacanza di quattro giorni che ogni mese Adikor Huld aspettava con ansia crescente. A dispetto di ogni considerazione di opportunità, non poteva certo aspettare sino a quel momento per parlare con la persona che sperava lo avrebbe difeso al dooslarm basadlarm. Avrebbe potuto chiamarla, ma le parole, da sole, senza la comunicazione gestuale e quella olfattiva dei feromoni, non potevano certo comunicarle tutto quello che aveva da dire. No, era una faccenda molto delicata, che senza il minimo dubbio meritava un viaggio al Centro.
Tramite il Companion prenotò un cubo volante con autista. La comunità possedeva più di tremila di quelle macchine; non avrebbe dovuto aspettare troppo a lungo.
«Lo sai che siamo nel periodo degli Ultimi Cinque, vero?» gli chiese il Companion.
Gristle! Lo aveva dimenticato. L'aria sarebbe stata satura di ormoni. In tutta la sua vita gli era capitato di andare al Centro durante il periodo degli Ultimi Cinque soltanto due volte. Conosceva uomini che non l'avevano mai fatto, e li prendeva in giro raccontando che a recarsi al Centro durante quel periodo si rischiava di rimanerci secchi.
Comunque, prima di andare sarebbe stata una saggia precauzione scivolare di nuovo nella vasca da bagno, per abbassare il livello dei feromoni. E fu esattamente quello che fece.
Quando ebbe finito si asciugò e indossò un abito marrone. Aveva appena terminato di vestirsi che il cubo volante atterrò nel giardino di fronte casa. Pabo, sempre in attesa di Ponter, uscì per vedere di chi si trattasse. Adikor si avviò lentamente.
Il cubo era un modello dell'ultima versione, quasi del tutto trasparente, con due motori a cuscino d'aria e quattro sedili agli angoli, su uno dei quali sedeva il guidatore. Adikor salì a bordo, sistemandosi sul sedile a forma di sella ben imbottito accanto all'autista.
«Va al Centro?» gli chiese l'uomo, un 143 con una striscia senza capelli lungo il cranio, che si allargava nella parte posteriore.
«Sì.»
«Lo sa che siamo nel periodo degli Ultimi Cinque?»
«Lo so.»
L'autista ridacchiò. «Be', io non rimarrò lì ad aspettarla.»
«Va bene. Andiamo.»
L'autista annuì e decollò. Il cubo aveva un buon sistema di insonorizzazione; il rumore delle eliche giungeva smorzato. Si mise comodo, predisponendosi al viaggio. Superarono un paio di altri cubi, con a bordo passeggeri maschi. Immaginò che gli autisti dovevano sentirsi molto utili alla comunità; non aveva mai guidato un cubo volante, e tutto sommato doveva essere un lavoro piacevole…
«Qual è il suo contributo?» gli domandò l'autista in tono disinvolto, tanto per fare due chiacchiere.
«Sono uno scienziato» rispose Adikor continuando a osservare la vita scorrere intorno.