Adikor batté le palpebre, sorpreso. «Io, be', credevo fosse scontato. Voglio che sia tu a difendermi al dooslarm basadlarm.»
«Io? Ma se sono una delle tue accusatrici!» esclamò la ragazza.
Adikor alzò il polso sinistro. «Ho letto attentamente i documenti che mi sono stati notificati. La mia accusatrice è la compagna di tua madre, Daklar Bolbay, che sta esercitando la patria potestà su te e su Megameg Bek.»
«È vero.»
«Ma non può esercitarla su di te, che hai già compiuto duecentocinquanta lune. Adesso sei maggiorenne. Certo, non hai ancora acquisito il diritto di voto — come nemmeno io, del resto — ma se hai acquisito la capacità giuridica sei responsabile delle tue azioni. Daklar è ancora la tabant della giovane Megameg, ma non più la tua.»
Jasmel aggrottò la fronte. «Io… io non ci avevo mai pensato. Sono così abituata al fatto che Daklar si prenda cura di noi che…»
«Nessun altro meglio di te potrebbe convincere un giudice che non avrei mai potuto uccidere tuo padre.»
Jasmel chiuse gli occhi e si lasciò andare a un lungo sospiro tremulo. «Va bene» decise infine. «Se c'è anche una minima possibilità che mio padre sia ancora vivo, dobbiamo provarci. Devo farlo.» Annuì convinta: «Sì, sarò io a difenderti.»
14
Sulle pareti della sala conferenze della miniera Creighton erano appese le piantine topografiche della fitta rete di gallerie e di corridoi che la componevano. Al centro della sala c'era un lungo tavolo di legno, al cui centro si stagliava un pezzo di roccia di nichel; in fondo una bandiera canadese, e un'ampia finestra che dava sul parcheggio e sulla circostante campagna incolta.
Appena giunta da Ottawa, la direttrice dell'Osservatorio di neutrini di Sudbury, Bonnie Jean Mah, sedeva a capo tavola. Era una donna bianca dalla fluente capigliatura castana, sposata con un canadese di origine cinese, da cui aveva preso il cognome. Alla sua destra sedeva Louise Benoít, la slanciata, bellissima ricercatrice presente al momento del disastro; alla sinistra era seduto Scott Naylor, l'ingegnere della compagnia che aveva fabbricato la sfera di acrilico posta nel cuore dell'osservatorio, e accanto Albert Shawwanossoway, il maggior esperto della Inco di meccanica delle rocce.
«Allora,» cominciò Bonnie Jean «riguardo agli sviluppi della vicenda, vi informo che sono già cominciati i lavori di drenaggio della camera dell'osservatorio, per evitare ulteriori danni all'acqua pesante. La società canadese per l'energia atomica si sta occupando del suo recupero e, in teoria, dovremmo essere in grado di rimontare la sfera e rimetterla in funzione, ripristinando al più presto l'osservatorio.» Scrutò i volti dei presenti, quindi proseguì: «Ma per prima cosa vorrei sapere con esattezza la causa dell'incidente.»
Naylor, un bianco grassoccio con i capelli radi, disse la sua: «Propenderei per l'ipotesi dell'esplosione della sfera causata dalla pressione interna.»
«Intende dire che l'aumento della massa è stato provocato dall'uomo che si è introdotto nella sfera?» gli chiese Bonnie Jean.
Naylor scosse la testa. «La sfera conteneva 1.100 tonnellate di acqua pesante; se si aggiunge un essere umano del peso di cento chili — cioè un decimo di una tonnellata — si ha un incremento della massa di un decimillesimo. Gli esseri umani hanno più o meno lo stesso peso specifico dell'acqua, per cui anche l'incremento della massa sarebbe stato di un decimillesimo. L'acrilico poteva tranquillamente sopportare un tale aumento.»
«Allora quel tipo deve aver usato un qualche esplosivo» disse Shawwanossoway, un Ojiba di una cinquantina d'anni dai lunghi capelli corvini.
Naylor scosse di nuovo la testa. «Abbiamo analizzato l'acqua recuperata dalla vasca, e non abbiamo trovato tracce di esplosivo, né di altre sostanze.»
«E allora?» insisté Bonnie Jean. «Potrebbe esserci stata, che so, un'infiltrazione di magma o di qualcosa del genere che ha portato l'acqua in ebollizione?»
Shawwanossoway scosse la testa. «La temperatura dell'osservatorio e di tutto il complesso minerario è tenuta costantemente sotto controllo; non ci sono state variazioni. In particolare, nella caverna si è mantenuta sui valori normali: 105 gradi Fahrenheit, cioè 41 gradi Celsius. Piuttosto calda, ma ben lontana dal punto di ebollizione. Inoltre bisogna tenere presente che la miniera si trova a duemila metri sotto la superficie terrestre, e che quindi la pressione atmosferica è di circa 1.300 millibar, cioè più alta di circa il trenta per cento rispetto a quella del livello del mare, e che con l'aumentare della pressione, aumenta anche il punto di ebollizione.»
«E se fosse avvenuto il contrario?» ipotizzò Bonnie Jean. «Se l'acqua pesante si fosse ghiacciata?»
«Be', si sarebbe espansa, esattamente come l'acqua normale» disse Naylor aggrottando la fronte. «Sì, questo avrebbe potuto determinare la rottura della sfera. Ma l'acqua pesante congela a 3,82 gradi Celsius. Non poteva fare così freddo laggiù.»
A quel punto intervenne Louise Benoít: «E se nella sfera fosse entrato qualcos'altro oltre a quell'uomo? Quanta altra materia avrebbe potuto contenere la sfera prima di cedere?»
Naylor rifletté un attimo prima di rispondere: «Non lo so con precisione; non abbiamo mai fatto calcoli del genere. Sappiamo sempre con esattezza la quantità di acqua pesante fornitaci dalla società per l'energia elettrica.» Si fermò un attimo, poi riprese: «Forse… Non so, probabilmente il dieci per cento. Diciamo un centinaio di metri cubi.»
«E quanto sarebbe?» chiese Louise guardandosi intorno. «Questa stanza sarà lunga un sei metri, no?»
«Venti piedi?» disse Naylor. «Sì, direi di sì.»
«Ed è alta dieci piedi, cioè tre metri» continuò Louise. «Quindi si tratterebbe di una quantità di materia con lo stesso volume di questa stanza.»
«Grosso modo.»
«Ma è assurdo, Louise» disse Bonnie Jean. «Lì sotto è stato trovato solo un uomo.»
La ragazza annuì, convenendo con la direttrice, ma poi inarcò le sopracciglia arcuate. «E se fosse stata l'aria? Se nella sfera si fossero riversati cento metri cubi di aria?»
Naylor annuì. «Ci avevo pensato. Forse da qualche parte c'è stata una perdita di gas che è penetrato nella sfera, anche se non ho idea di come possa essere accaduto. I campioni di acqua che abbiamo analizzato contenevano gas, ma…»
«Ma cosa?» incalzò Louise.
«Be', si tratta di azoto, ossigeno e un po' di CO2, oltre a della polvere di roccia e di polline. In altre parole, la semplice aria che si trova nelle miniere.»
«Quindi non è possibile che si sia infiltrata dall'osservatorio.»
«Proprio così, madam» disse Naylor. «Lì l'aria viene filtrata, e non contiene tracce di polvere rocciosa o di altre sostanze inquinanti.»
«Ma le uniche zone della miniera comunicanti con la camera di rilevamento si trovano nell'osservatorio» fece notare Louise.
Entrambi i tecnici annuirono.
«Va bene, va bene» tagliò corto Bonnie Jean, poggiando le mani sul tavolo. «Quali elementi abbiamo? All'interno della sfera si è verificato un aumento volumetrico di materia, diciamo un dieci per cento, che potrebbe essere stato causato da un'infiltrazione di almeno un centinaio di metri cubi di aria; anche se, a meno che non fosse stata pompata a grande pressione, l'aria sarebbe stata compressa dal peso dell'acqua, no? E comunque sia non sappiamo da dove potrebbe essere venuta fuori — certamente non dalle sale dell'osservatorio — né come potrebbe essere entrata nella sfera. Fin qui ci siamo?»
«Grosso modo le cose stanno così, madam» disse Shawwanossoway.
«E quell'uomo… nemmeno lui sappiamo come sia entrato?» chiese Bonnie Jean.
«No» rispose Louise. «Il portello di accesso tra la sfera contenente l'acqua pesante e la vasca esterna con l'acqua normale era sigillato anche dopo la rottura della sfera.»