Mary infilò cautamente il tampone nella bocca, facendolo scorrere all'interno delle grosse guance angolose. «Le cellule della bocca vengono via con facilità» spiegò, forse notando l'espressione interrogativa di Gillian. «È il modo più semplice per prendere un campione di DNA.» Tirò fuori il tampone, e senza indugiare lo depose in un contenitore sterile che sigillò ed etichettò. Quindi disse: «Bene, è tutto quello di cui ho bisogno.»
Reuben sorrise a Gillian, poi a Mary. «Magnifico. Quando saranno pronti i risultati?»
«Be', devo tornare a Toronto, e…»
«Naturalmente, se preferisce così» la interruppe Reuben. «Ma, be', ho contattato un amico al dipartimento di chimica e biochimica dell'università Laurenziana. È una piccola università, ma è dotata di un laboratorio di medicina legale molto attrezzato, che analizza il DNA per conto della polizia. Potrebbe lavorare lì, se vuole.»
«E potrebbe sistemarsi all'hotel Ramada, a spese della Inco» aggiunse Gillian.
Mary fu colta palesemente di sorpresa. «Io…» cominciò, ma poi sembrò ripensarci. «Va bene» disse. «Certo, perché no?»
16
Adesso che aveva convinto Jasmel a parlare in sua difesa, Adikor aveva pensato al passo successivo: portarla fuori dal Centro e mostrarle il cosiddetto luogo del delitto. La pregò di aspettare più o meno un decimo di giorno, perché doveva occuparsi ancora di una faccenda lì nel Centro.
Ricordava con grande affetto la compagna di Ponter, Klast, la cui morte l'aveva molto rattristato. Anche lui aveva una donna. Conosceva l'incantevole Lurt Fradlo dai tempi in cui aveva incontrato Ponter per la prima volta. Aveva avuto un figlio con lei, Dab, un 148. Eppure, malgrado la conoscesse da sempre, non era mai stato nel suo laboratorio chimico. Dopo tutto, il periodo in cui Due diventano Uno erano giorni di festa, e nessuno lavorava. Per fortuna il suo Companion conosceva la strada.
Il laboratorio di Lurt era interamente costruito in pietra. Anche se le possibilità di esplosione dei laboratori chimici erano minime, le norme di sicurezza stabilivano che tali strutture dovessero essere costruite con materiali in grado di limitare i danni delle esplosioni e degli incendi.
Adikor trovò la porta aperta ed entrò.
«Buongiorno» lo salutò una donna, che, pensò Adikor, mascherava con ammirevole abilità la sorpresa di vedere un uomo in quel periodo del mese.
«Buongiorno» rispose Adikor. «Sto cercando Lurt Fradlo.»
«La trova nel suo laboratorio, in fondo al corridoio.»
La ringraziò con un sorriso e si avviò lungo il corridoio. «Buongiorno» disse a voce alta, appena messa la testa nel laboratorio.
Lurt si voltò, e un sorriso le illuminò il volto stupendo. «Adikor!» Gli corse incontro e lo abbracciò. «Che piacevole sorpresa!»
Non ricordava di averla mai vista durante gli Ultimi Cinque. Dava l'impressione di essere perfettamente equilibrata e ragionevole… come anche Jasmel, se era per quello. Forse quella faccenda degli Ultimi Cinque era una montatura messa su dagli uomini…
«Ciao, bellissima» la salutò stringendola a sé. «È molto bello rivederti.»
Ma Lurt conosceva bene il suo uomo. «Uhm, qualcosa non va» disse staccandosi da lui. «Cosa c'è?»
Adikor gettò uno sguardo oltre le sue spalle per sincerarsi che fossero soli, quindi la prese per mano e la condusse dall'altra parte della stanza, accanto alla mappa della tavola periodica, dov'erano sistemate delle sedie. A parte loro, nel laboratorio le uniche entità animate erano una coppia di rachitici robot; il primo versava un liquido su dei rottami, l'altro stava assemblando una struttura con tubi e materiale vetroso. Si accomodarono.
«Sono accusato di aver ucciso Ponter.»
«Ponter è morto?» disse Lurt spalancando gli occhi.
«Non lo so. È scomparso ieri pomeriggio.»
«Ieri sera ero a una festa. Non lo sapevo.»
Le raccontò tutta la storia. Si mostrò comprensiva, e non espresse alcun dubbio sulla sua innocenza. La fiducia di Lurt era una cosa su cui poteva sempre contare.
«Vuoi che sia io a difenderti?» propose.
Adikor distolse lo sguardo. «Be', vedi, l'ho già chiesto a Jasmel.»
Lurt annuì. «La figlia di Ponter. Sì, immagino che la sua testimonianza impressionerebbe favorevolmente un giudice.»
«È quello che ho pensato anch'io. Spero che la cosa non ti offenda.»
Lei sorrise. «No, no, certo che no. Senti, se posso esserti utile in qualche modo…»
«A dire il vero, qualcosa potresti fare» disse subito Adikor. Tirò fuori una fíaletta dal taschino e aggiunse: «Questo è un campione del liquido che ho trovato sul luogo dove Ponter è scomparso. Ce n'era una grossa quantità sul pavimento. Lo puoi analizzare?»
Lurt prese la fialetta e la guardò in controluce. «Certo. E se posso fare qualcos'altro, dimmelo pure.»
Adikor accompagnò Jasmel alla miniera. Voleva mostrarle il punto esatto dove il padre era scomparso, ma davanti agli ascensori la ragazza esitò.
«Qualcosa non va?» le chiese.
«Io… ehm, soffro di claustrofobia.»
Adikor scosse il capo, sconcertato. «Non è vero. Ponter mi ha raccontato che da piccola ti piaceva nasconderti dentro i cubi di dobalak. E so che quando eravate insieme ti portava con lui a esplorare le caverne.»
«Be', ehm…» le si smorzò la voce.
«Ah» intuì Adikor. «Non ti fidi di me, eh?»
«È solo che… insomma, mio padre è stata l'ultima persona a scendere laggiù con te. E non è più tornato.»
Adikor sospirò, ma la capiva. Per dare l'impulso al procedimento penale nei suoi confronti, qualcuno — qualche privato cittadino — doveva sostenere l'accusa. Quindi, se si fosse sbarazzato di Jasmel, di Megamel e di Bolbay, forse nessuno l'avrebbe fatto…
«Potremmo portare qualcuno con noi» le propose.
Jasmel ci aveva già pensato, ma anche lei aveva considerato che in casi del genere le cose assumevano un significato diverso. Certo, poteva chiedere a qualcuno di accompagnarla, una persona fidata. Ma anche questa sarebbe stata chiamata a testimoniare se si fosse arrivati alla fase finale del procedimento, in tribunale. «Sì, vostro onore, lo so che Jasmel parla in difesa di Adikor, eppure quando si è trattato di scendere nella miniera ha avuto paura di rimanere sola con lui. E come biasimarla, sapendo quello che Adikor ha fatto a suo padre?»
Per questo, alla fine, abbozzò un sorriso, così simile a quello del padre. «No» disse «Non ce n'è bisogno. Sono solo un po' nervosa.» Quindi, ridendo, aggiunse: «Dopo tutto, siamo in quel periodo.»
Ma appena si avvicinarono alla cabina dell'ascensore, da dietro saltò fuori un uomo incredibilmente tarchiato, che esclamò: «Fermo dove sei, scienziato Huld!»
Adikor, sicuro di non averlo mai visto prima di allora, disse: «Prego?»
«Hai intenzione di scendere nel tuo laboratorio?»
«Proprio così. Chi sei?»
«Gaskdol Dut. Il mio compito è controllare l'applicazione delle disposizioni del giudice.»
«Quali disposizioni?»
«La sorveglianza speciale disposta nei tuoi confronti. Non ti è permesso scendere laggiù.»
«Sorveglianza speciale?» ripeté Jasmel. «Che cos'è?»
«Le trasmissioni del Companion dello scienziato Huld sono state messe sotto controllo e vengono visionate da un essere umano, nella sede dell'archivio degli alibi, per dieci decimi al giorno, ventinove giorni al mese, fino a quando e se sarà provata la sua innocenza.»
«Non sapevo che fosse permessa una cosa del genere» si stupì Adikor.
«Oh, certo che lo è» rispose Dut. «Dal momento in cui Daklar Bolbay ha inoltrato denuncia contro di te, un giudice ha disposto la sorveglianza speciale.»
«Ma perché?» chiese Adikor controllando a fatica la rabbia che lo assaliva.