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Adikor annuì. «Dieci» disse cominciando il conto alla rovescia. «Nove. Otto. Sette. Sei. Cinque. Quattro. Tre. Due. Uno. Zero.»

Diversi indicatori luminosi lampeggiarono sul pannello di controllo, indicando che i registri erano attivati. In teoria, bastava una frazione di secondo per processare tutti i possibili fattori, e i risultati erano visualizzati come una serie di figure d'interferenza su una pellicola fotografica: per decodificarli e ordinarli in una lista di fattori bastava un computer tradizionale, e se Digandal era in errore e quello fattorizzato non era un numero primo la lista sarebbe stata lunghissima.

Ponter si alzò dalla consolle e si accomodò su una sedia, in attesa. Adikor andava avanti e indietro, lanciando sguardi inquieti alla fila di colonnine di vetro e acciaio piene di idrogeno.

Infine il computer emise un suono sordo, a indicare che aveva terminato i suoi calcoli.

Nello schermo quadrato posto al centro della postazione di Ponter cominciarono a scorrere i dati, una serie di caratteri neri su sfondo giallo. E i risultati…

«Gristle!» imprecò Adikor, in piedi dietro Ponter, con una mano poggiata sulla sua spalla.

Sul display era scritto: 'Errore nel registro 69; fattorizzazione interrotta.'

«Dobbiamo rimuovere quel registro» disse Ponter. «Ci crea solo problemi.»

«Non è il registro» lo corresse Adikor. «È il supporto che lo fissa al pavimento. Ci vogliono dieci giorni per sostituirlo.»

«Insomma, non possiamo fare niente prima della riunione del Consiglio?» chiese Ponter. Non sopportava l'idea di dover confessare agli anziani della città che dall'ultima sessione del Consiglio non erano stati fatti passi avanti nella ricerca.

«No, a meno che…» rifletté Adikor con un filo di voce.

«Cosa?»

«Be', il problema del 69 è che tende a vibrare sul supporto che lo fissa al pavimento; i morsetti non sono stati stretti a sufficienza. Quindi se riuscissimo a trovare qualcosa per ancorarlo…»

Ponter diede una rapida occhiata alla stanza, ma non trovò niente che potesse fare al caso. «Che ne dici se mi stendo sul pavimento? Cioè, se lo spingo verso il basso con tutto il peso del corpo potrei contenere le vibrazioni, no?»

Adikor aggrottò la fronte. «Dovresti mantenerlo molto stretto. L'impianto è in grado di sopportare solo una minima quantità di vibrazioni, e…»

«Ce la farò» disse Ponter risoluto. «Ma… pensi che il mio corpo possa provocare fenomeni di decoerenza?»

Adikor scosse la testa. «No. Le colonnine dei registri sono ben isolate; per influenzare i contenuti delle colonnine ci vorrebbe qualcosa di molto più radioattivo o elettricamente disturbante di un corpo umano.»

«Bene, allora?»

Adikor aggrondò di nuovo la fronte. «Non è quella che si definirebbe una soluzione elegante.»

«Ma potrebbe funzionare.»

Adikor annuì. «Sì, vale la pena di tentare. Sempre meglio che presentarci davanti al Consiglio a mani vuote.»

«Benissimo!» disse Ponter risoluto. «Andiamo, allora.» Adikor annuì. Ponter aprì la porta che separava le tre stanze dall'ampio ambiente che ospitava la sala computer. Scese gli scalini ed entrò nella sala dei registri. Fece molta attenzione al pavimento di granito lucido, che era stato livellato con raggi laser: gli era già capitato una volta di scivolare. Si avvicinò al registro 69 e pose entrambe le mani sulla sommità ricurva, spingendo verso il basso con tutto il peso del corpo. «Sono pronto» gridò.

«Dieci» gli gridò in risposta Adikor. «Nove. Otto. Sette.»

Ponter spingeva con tutta la sua forza. Non sembrava che il registro stesse vibrando.

«Sei. Cinque. Quattro.»

Respirò a fondo, trattenendo l'aria, cercando di restare calmo.

«Tre. Due. Uno.»

Ci siamo, pensò Ponter.

«Zero!»

Adikor sentì vibrare violentemente il vetro della finestra che dava nella sala dei registri. «Ponter!» gridò. Si precipitò verso le scale. «P-Ponter?»

Di Ponter, nessuna traccia.

Afferrò la maniglia della porta e…

Voooom!

La porta si spalancò di botto, strappandogli la maniglia dalle mani, e un'improvvisa folata d'aria si riversò nella sala dei computer, scaraventandolo a terra. Dalla sala dei registri e dalla miniera sottostante continuava ad affluire aria, come se… tutta l'aria che era lì sotto fosse stata improvvisamente risucchiata verso l'alto. Adikor sentì ripetutamente la variazione di pressione nelle orecchie.

«Ponter!» chiamò di nuovo quando il vento aumentò. La sala dei registri era ampia, ma le colonnine dei registri, disposte in una vasta griglia, erano sottili: non avrebbero potuto celare il corpo di Ponter.

Cosa poteva essere accaduto? Forse una parete rocciosa della miniera aveva ceduto, determinando l'afflusso di un'ondata di aria a bassa pressione…

Ma il complesso minerario era disseminato di sensori sismici, che in casi del genere avrebbero fatto immediatamente scattare l'allarme producendo dei forti odori.

Adikor attraversò di corsa il pavimento di granito. «Ponter!» chiamò ancora. «Ponter?»

Nel pavimento non c'erano crepe, quindi non poteva essere caduto in qualche baratro. Intravide il registro 69, all'estremità della sala. Corse a vedere se ci fosse qualche indizio, e…

Gristle!

Perse l'equilibrio, e scivolò in terra. Il pavimento era ricoperto da una grande quantità di acqua. Da dove era saltata fuori? Ponter aveva preso una lattina di acqua, ma Adikor era sicuro che l'aveva bevuta tutta quando era ancora nella sala computer. E comunque lì in terra ce n'era troppa, praticamente un lago.

L'acqua — se di quello si trattava — era chiara e pulita. Annusò la mano bagnata: inodore.

L'assaggiò con la punta della lingua.

Insapore.

Sembrava proprio pura. Pura acqua cristallina.

Con il cuore in tumulto e la testa ronzante, si mise a cercare un contenitore per raccoglierla: era l'unico indizio che avesse.

Da dove poteva essere venuta?

E dove diamine era finito Ponter?

5

Ma cosa…

Buio assoluto.

E… acqua! Le gambe di Ponter Boddit erano zuppe e…

Stava affondando, l'acqua che arrivava alla cintola, poi al collo, sul viso.

Scalciò con violenza.

Malgrado avesse gli occhi spalancati, non riusciva a vedere nulla, assolutamente nulla.

Dimenava le braccia, lottando per mantenersi a galla. Inspirò aria.

Cosa era accaduto? Dove era finito?

Solo un attimo prima si trovava nella sala dei registri, e poi…

Buio. Un'oscurità così assoluta che pensò di aver perso la vista. Forse c'era stata un'esplosione, a quelle profondità il pericolo di frane era costante e…

Era anche probabile che si verificasse un afflusso di acqua sotterranea. Roteò più forte le braccia, poi allungò le gambe cercando il fondo, ma…

Ma non c'era nulla, assolutamente nulla. Solo acqua, sempre più acqua. Per quanto ne sapeva, poteva trovarsi a un palmo dal fondo come a mille metri. Pensò di immergersi per verificarlo, ma in quel buio assoluto, in balia dell'acqua, avrebbe facilmente perso l'orientamento, correndo il rischio di non tornare in superficie.

Aveva già bevuto cercando di toccare il fondo. L'acqua era completamente insapore. Aveva sempre pensato che l'acqua di un fiume sotterraneo fosse salmastra, ma quel liquido sembrava puro come acqua di un ghiacciaio.

Continuava ad inspirare aria. Sentiva il cuore martellare e…

Voleva trovare un argine, qualsiasi cosa a cui…

Un gemito improvviso, basso, profondo, da qualche parte lì intorno.