Suroth voleva digrignare i denti. Galgan comandava i soldati del Ritorno, tuttavia lei comandava gli Hailene, i Precursori, e come tale era lei a possedere il grado più alto, nonostante la cresta e le dita laccate di rosso di Galgan.
Suroth sospettava che l’unica ragione per cui lui non aveva affermato che i Precursori erano stati ricompresi nel Ritorno al suo stesso arrivo fosse che soppiantare lei significava assumersi la responsabilità per la sicurezza di Tuon. E per quelle scuse, se fossero diventate necessarie.
‘Disprezzo’ era un termine troppo lieve. Lei odiava Galgan.
«Un’insubordinazione?» chiese Suroth, orgogliosa della freddezza nella propria voce. Ma all’interno aveva iniziato ad avvampare.
Il codino bianco di Galgan ondeggiò un poco mentre lui scuoteva la testa. «No. Tutti i rapporti informano che i nostri Tarabonesi hanno combattuto bene e abbiamo conseguito alcuni successi e preso qualche prigioniero. Nessuno di loro compare sulle liste dei Tarabonesi leali. Diversi sono Fautori del Drago che si riteneva si trovassero su nell’Arad Doman. E il nome Rodel Ituralde è stato menzionato svariate volte come l’ideatore di tutto quanto e loro condottiero. Un Domanese. A quanto pare è uno dei migliori generali da questo lato dell’oceano, e se ha pianificato e messo in pratica tutto questo» fece passare una mano sopra la mappa «allora ci credo!» Quello sciocco suonava adorante! «Non un’insubordinazione. Una scorreria su vasta scala. Ma non si allontanerà con tanti uomini quanti quelli che ha portato con sé.»
Fautori del Drago. Erano come un pugno serrato sulla gola di Suroth. «Ci sono Asha’man?»
«Quei tipi in grado di incanalare?» Galgan fece una smorfia e si segnò per scacciare il male, apparentemente senza nemmeno accorgersene. «Non c’è stata nessuna segnalazione su di loro,» disse in tono asciutto «e se fossero stati presenti ce ne sarebbero state.»
Aveva bisogno di sbollire una rabbia incandescente contro Galgan, ma urlare contro un altro dell’Alto Sangue l’avrebbe costretta ad abbassare gli occhi, e, peggio ancora, non ne avrebbe guadagnato nulla. Suroth era orgogliosa di quello che aveva compiuto a Tarabon, ma ora quel paese pareva quasi ripiombato nel caos in cui l’aveva trovato quando vi era sbarcata. E la colpa era di un uomo solo. «Questo Ituralde.» Il suo tono era glaciale. «Voglio la sua testa!»
«Non temere» mormorò Galgan, ripiegando le mani dietro la schiena e chinandosi a esaminare alcune delle bandierine. «Non passerà molto tempo prima che Turan lo ricacci nell’Arad Doman con la coda tra le gambe, e, con un po’ di fortuna, sarà in una delle bande che non ci sfuggiranno.»
«Fortuna?» sbottò lei. «Non confido nella fortuna.» La sua rabbia era evidente ora, e non prese nemmeno in considerazione di reprimerla di nuovo. I suoi occhi scrutarono la mappa come se potesse trovare Ituralde a quel modo. «Se Turan sta dando la caccia a cento bande, come lasci intendere, gli serviranno molti più esploratori per catturarle, e io voglio che siano catturate. Fino all’ultima. In particolare Ituralde. Generale Yulan, voglio quattro raken su cinque... no, nove raken su dieci trasferiti da Altara e Amadicia a Tarabon. Se Turan non riesce a trovarli tutti così, allora può vedere se la sua testa mi soddisfa.»
Yulan, un uomo basso e scuro avvolto in una vestaglia azzurra, ricamata con aquile dalla cresta nera, doveva essersi vestito con troppa fretta per applicare l’adesivo che di norma gli teneva la parrucca al suo posto, e continuava a toccare quella cosa per accertarsi che fosse dritta. Era il capitano dell’aria dei Precursori, ma il capitano dell’aria del Ritorno era soltanto un generale di stendardo, dal momento che un ufficiale più anziano era morto durante il viaggio. Yulan non avrebbe avuto problemi con lui.
«Una mossa saggia, Somma Signora,» disse, accigliandosi verso la mappa «ma posso suggerire di lasciare al loro posto i raken in Amadicia e quelli assegnati al generale di stendardo Khirgan? I raken sono il modo migliore che abbiamo per individuare gli Aiel, e in due giorni non abbiamo ancora trovato quei Manti Bianchi. Questo darà comunque al generale Turan...»
«Gli Aiel rappresentano un problema sempre minore ogni giorno che passa» disse lei con fermezza «e qualche disertore non è nulla.» Lui assentì, mentre con una mano teneva ferma la parrucca, era solo del basso Sangue, dopotutto.
«Fatico a definire settemila uomini ‘qualche disertore’» borbottò in tono asciutto Caigan.
«Sarà come io ordino!» sbottò lei. Dannazione a quei cosiddetti Figli della Luce! Lei non aveva ancora deciso se rendere da’covale Asunawa e le poche migliaia che rimanevano. Erano rimasti, sì, ma quanto tempo sarebbe passato prima che anche loro tradissero? E poi quell’Asunawa sembrava odiare le damane. Quell’uomo era uno squilibrato!
Galgan scrollò le spalle, del tutto imperturbato. Un’unghia laccata di rosso tracciò alcune linee sulla mappa come se stesse pianificando movimenti di truppe. «Io non sollevo obiezioni, sempre che tu non voglia anche i to’raken. Il piano deve andare avanti. L’Altara sta cadendo nelle nostre mani senza quasi alcun combattimento, io non sono ancora pronto a procedere con Illian e abbiamo bisogno di affrettarci a pacificare di nuovo Tarabon. La gente si rivolterà contro di noi se non riusciamo a garantire loro la sicurezza.»
Suroth cominciò a pentirsi di aver lasciato trasparire la propria rabbia. Lui non sollevava obiezioni? Lui non era pronto a procedere con Illian? Stava praticamente dicendo che non doveva seguire i suoi ordini, solo non apertamente, in modo da non doversi assumere le responsabilità legate alla sua autorità.
«Mi aspetto che questo messaggio venga inviato a Turan, generale Galgan.» La sua voce era ferma, mantenuta tale solo dalla forza di volontà. «Ha il compito di mandarmi la testa di Rodel Ituralde, anche se dovesse braccare quell’uomo per tutto l’Arad Doman e fino alla Macchia. E se non dovesse portarmi la testa di Ituralde, io prenderò la sua.»
La bocca di Galgan si irrigidì brevemente e lui abbassò uno sguardo corrucciato verso la mappa. «A volte Turan ha bisogno di avere un fuoco sotto di sé» borbottò «e l’Arad Doman è sempre stato la sua successiva destinazione. Molto bene. Il tuo messaggio verrà inviato, Suroth.»
Non riusciva più a rimanere nella stessa stanza con lui: Suroth se ne andò senza una parola. Se avesse parlato, avrebbe urlato. Si diresse a grandi passi verso le sue stanze senza curarsi di mascherare il proprio furore. I Sorveglianti della Morte parvero non notarlo, ovviamente: erano come intagliati nella pietra. Il che le permise di sbattere dietro di sé la porta dell’anticamera con uno schianto. Forse questo l’avevano notato!
Procedendo verso il suo letto, scalciò via le pantofole e lasciò cadere vestaglia e fascia sul pavimento. Doveva trovare Tuon. Era necessario. Se solo fosse riuscita a intuire il bersaglio di Tuon, a intuire dove si trovava. Se solo...
Tutt’a un tratto le pareti della sua camera da letto, il soffitto, perfino il pavimento iniziarono a rifulgere di una luce argentea. Quelle superfici sembravano essere diventate luce. Con la bocca spalancata dallo sconcerto, si voltò lentamente, fissando la scatola di luce che la circondava, e si ritrovò a guardare una donna fatta di fiamme turbinanti, abbigliata di fiamme turbinanti. Almandaragal era in piedi, in attesa dell’ordine della sua padrona di attaccare.
«Io sono Semirhage» disse la donna di fuoco con voce simile al rintocco di un gong funebre.
«Sulla pancia, Almandaragal!» Quel comando, insegnato da bambina perché la divertiva far prostrare il lopar davanti a sé, terminò con un grugnito poiché lei stessa vi obbedì nell’impartirlo. Con la bocca premuta contro il tappeto a motivi rossi e verdi, disse: «Vivo per servire e obbedire, Suprema Padrona.» Nella sua mente non c’era dubbio che quella donna fosse chi diceva di essere. Chi avrebbe osalo rivendicare falsamente quel nome? O chi poteva apparire come fuoco vivente?
«Ritengo che ti piacerebbe anche governare.» Quel rintocco di gong suonava piuttosto divertito, ma poi si indurì. «Guardami! Detesto il modo in cui voi Seanchan evitate di incrociare gli sguardi. Mi fa credere che stiate nascondendo qualcosa. Tu non vorrai certo provare a nascondermi qualcosa, Suroth.»