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Nel corridoio esterno Javindhra borbottò qualcosa su della corrispondenza e si precipitò lungo le piastrelle bianche contrassegnate dalla rossa Fiamma di Tar Valon prima che Pevara potesse proferire parola. Non che avesse avuto intenzione di dire qualcosa, eppure, poco ma sicuro, quella donna l’avrebbe trascinata dentro fino al collo in quella faccenda e poi l’avrebbe lasciata da gestire tutta a lei. Per la Luce, quella era proprio l’ultima cosa di cui aveva bisogno, soprattutto in quel momento.

Soffermandosi nelle sue stanze solo per il tempo necessario per prendere lo scialle dalla lunga frangia e per controllare che ora fosse — un quarto a mezzogiorno; era quasi delusa che il suo unico orologio coincidesse con quello di Tsutama; spesso gli orologi non lo facevano — lasciò gli alloggi delle Rosse e si affrettò più in profondità nella Torre, fino alle aree comuni sotto le zone abitative. Gli ampi corridoi erano ben illuminati con lampade su sostegni provviste di specchi, ma erano quasi privi di persone, il che li faceva sembrare cavernosi e metteva in risalto le pareti bianche ornate da fregi. L’occasionale increspatura di un vivace arazzo causata da uno spiffero dava una sensazione sinistra, come se la seta o la lana avessero preso vita. Le poche persone che vide erano servitoli e servitrici con la Fiamma di Tar Valori sul petto, che si affrettavano in giro per le loro faccende e si soffermavano a malapena il tempo sufficiente per rivolgerle delle frettolose riverenze. Mantenevano gli occhi bassi. Con le Ajah separate in quelli che parevano accampamenti di guerra, fetida tensione e antagonismo avevano riempito la Torre, e quell’umore aveva influenzato i servitori. Li aveva impauriti, perlomeno.

Non poteva esserne certa, ma pensava che nella Torre rimanessero meno di duecento Sorelle, perlopiù sistemate negli alloggi delle rispettive Ajah tranne in casi di necessità; perciò non si aspettava davvero di incrociare un’altra Sorella. Quando Adelorna Bastine scivolò su per una corta rampa di scale dall’intersezione di un corridoio quasi dritto di fronte a lei, Pevara fu talmente sorpresa da avere un sussulto. Adelorna, che faceva sembrare la sua magrezza imponente nonostante fosse tutt’altro che alta, proseguì senza accorgersi in alcun modo di Pevara. Anche la donna saldeana indossava il proprio scialle — ora nessuna Sorella si faceva vedere fuori dagli alloggi della propria Ajah senza — ed era seguita dai suoi tre Custodi. Bassi e alti, robusti e snelli, avevano con sé le spade, e i loro occhi non smettevano mai di muoversi circospetti. Custodi armati di spada che guardavano palesemente le spalle della loro Aes Sedai, nella Torre. Era fin troppo comune, tuttavia Pevara avrebbe potuto piangere per quello. Solo che c’erano troppe ragioni per piangere per soffermarsi su una in particolare; invece lei si accingeva a risolvere quello che poteva.

Tsutama poteva ordinare alle Rosse di vincolare degli Asha’man, poteva comandare loro di non correre da Elaida, ma pareva meglio cominciare con delle Sorelle che potevano essere disposte a prendere in considerazione quell’idea senza che venisse loro imposto, in particolare con le voci che si andavano diffondendo su tre Sorelle Rosse morte per mano degli Asha’man. Tarna Feir si era già resa disponibile, perciò era il caso di fare una chiacchierata in privato con lei. Poteva darsi che conoscesse altre che la pensavano allo stesso modo. La difficoltà maggiore consisteva nell’avvicinare gli Asha’man con quell’idea. Era molto improbabile che acconsentissero soltanto perché loro stessi avevano già vincolato cinquantuno Sorelle. Luce del mondo, cinquantuno! Toccare quell’argomento avrebbe richiesto una Sorella con doti diplomatiche ed eloquenza. E sangue freddo. Stava ancora meditando sui nomi quando vide la donna che era andata a incontrare, già nel luogo designato, apparentemente intenta a studiare un alto arazzo.

Minuta e snella, regale nel suo abito di seta argento pallido con merletto leggermente più scuro sul collo e ai polsi, Yukiri pareva totalmente assorbita dall’arazzo e piuttosto a suo agio. Pevara riusciva a ricordare di averla vista lievemente turbata in un’unica occasione, e sottoporre Talene a un interrogatorio era stato esasperante per tutte quelle che erano state presenti. Yukiri era sola, naturalmente, anche se di recente l’avevano sentita dire che stava pensando a prendere un nuovo Custode. Senza dubbio questo era dovuto in parti uguali ai tempi correnti e alla loro situazione attuale. Anche a Pevara stessa sarebbero tornati utili uno o due Custodi.

«C’è qualche verità in questo, o è solo la fantasia del tessitore?» domandò, unendosi alla donna più piccola. L’arazzo mostrava un’antica battaglia contro i Trolloc, o questo era l’intento. Molte di quelle opere venivano realizzate parecchio tempo dopo i fatti esposti, perciò i tessitori di solito procedevano per sentito dire. Quello era tanto vecchio da aver bisogno della protezione di un sigillo per impedire che cadesse a pezzi.

«Sugli arazzi ne so quanto un maiale sa di forgiatura, Pevara.» Nonostante tutta la sua eleganza, Yukiri di rado lasciava passare molto tempo senza rivelare le sue origini campagnole. La frangia grigio argento del suo scialle dondolò quando lei se lo strinse attorno. «Sei in ritardo, perciò siamo brevi. Mi sento come una gallina sotto lo sguardo di una volpe. Marris ha ceduto stamattina, e io stessa le ho fatto pronunciare il giuramento di obbedienza, ma come per le precedenti anche la sua ‘altra’ si trova fuori dalla Torre. Con le ribelli, penso.» Tacque quando un paio di servitoci si avvicinarono lungo il corridoio portando un grande canestro di vimini per il bucato con dentro lenzuola accuratamente piegate che sporgevano da sopra.

Pevara sospirò. Era sembrato così incoraggiante all’inizio. Anche spaventoso e quasi soverchiante, eppure era parso che avessero cominciato bene, Talene aveva saputo solo il nome di un’altra Sorella Nera che si trovava effettivamente nella Torre al momento, ma una volta che Atuan era stata rapita — Pevara avrebbe preferito considerarlo un arresto, eppure non poteva farlo dal momento che pareva che stessero violando metà delle Leggi della Torre e pure un bel po’ di usanze fortemente radicate — una volta che Atuan si era trovata senza rischi in mano loro, presto era stata indotta a rivelare i nomi del suo ‘cuore’: Karale Sanghit, una Grigia domanese, e Marris Thornhill, una Marrone andorana. Solo Karale tra loro aveva un Custode, ma anche quello si era rivelato un Amico delle tenebre. Per fortuna, poco dopo aver appreso che la sua Aes Sedai lo aveva tradito, era riuscito ad assumere del veleno nella stanza sotterranea dov’era stato relegato mentre Karale veniva interrogata. Strano pensare a questo come una fortuna, ma il Bastone dei Giuramenti funzionava soltanto su chi era in grado di incanalare, e loro erano troppo poche per sorvegliare e occuparsi di prigionieri.

Era stato un inizio cosi splendido, seppure pieno, e ora si trovavano in uno stallo in attesa che una delle altre tornasse alla Torre a cercare discrepanze fra quello che le Sorelle affermavano di aver fatto e ciò che poteva essere dimostrato come effettivamente fatto, qualcosa reso più difficile dall’inclinazione di ogni Sorella di essere indiretta in quasi tutto. Naturalmente Talene e le altre tre avrebbero riferito tutto quello che sapevano e di cui sarebbero venute a conoscenza — lo garantiva il giuramento di obbedienza — ma qualunque messaggio molto più importante di ‘Prendi questo e mettilo in quel posto’ sarebbe stato in un codice noto soltanto alla donna che lo aveva mandato e quella a cui era indirizzato. Alcuni erano protetti da un flusso che faceva svanire l’inchiostro se a rompere il sigillo era la mano sbagliata; questo poteva essere fatto con così poco Potere da passare inosservato a meno di non cercarlo appositamente, e pareva non esserci modo di aggirare quella protezione. Se non erano in un momento di stasi, allora la loro serie di successi si era ridotta a una mera spicciolata. E c’era sempre il rischio che le prede si accorgessero di loro e diventassero i cacciatori. Cacciatori invisibili a tutti gli effetti, proprio come ora sembravano prede invisibili. Tuttavia avevano quattro nomi più quattro Sorelle in mano loro che avrebbero ammesso di essere Amici delle Tenebre, anche se probabilmente Marris sarebbe stata rapida quanto le altre tre ad affermare di aver respinto l’Ombra, essersi pentita dei suoi peccati e aver abbracciato di nuovo la Luce. Sufficiente per convincere chiunque. Apparentemente l’Ajah Nera era al corrente di tutto quello che passava dallo studio di Elaida, eppure poteva valere il rischio. Pevara si rifiutava di credere all’affermazione di Talene secondo cui Elaida era un Amico delle Tenebre. Dopotutto era stata lei a dare inizio alla caccia. L’Amyrlin Seat poteva riscuotere l’intera Torre. Forse la rivelazione che l’Ajah Nera esisteva davvero avrebbe potuto ottenere quello che la comparsa delle ribelli con un esercito non era riuscita a fare: costringere le Ajah a smettere di soffiarsi contro come strani gatti e legarle di nuovo assieme. Le ferite della Torre avevano bisogno di rimedi disperati.