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«Il tuo nome è Matrim. Cosa intendi?»

Lui sospirò. Quella donna non voleva mai molto. Solo fare a modo suo. Proprio come ogni altra donna che lui aveva mai conosciuto. «Sono passato attraverso un ter’angreal per qualche altro posto, un altro mondo forse. I a?, persone lì non sono davvero persone — sono simili a serpenti —, ma ti risponderanno a tre domande, e le loro risposte sono sempre vere. Una delle mie era che avrei sposato la Figlia delle Nove Lune. Ma tu non hai risposto alla mia domanda. Perché ora?»

Con un sorriso accennato sulle labbra, Tuon si sporse dalla sella. E lo picchiettò forte sulla testa con le nocche! «Le tue superstizioni sono già una pessima cosa, Matrim, ma non tollererò le menzogne. Una menzogna divertente, vero, ma pur sempre una menzogna.»

«Per la Luce, è la verità» protestò lui, rimettendosi il cappello. Forse gli avrebbe fornito una qualche protezione. «Potresti scoprirlo da te se ti convincessi a parlare con una Aes Sedai. Loro potrebbero parlarti degli Aelfinn e degli Eelfinn.»

«Potrebbe essere la verità» cinguettò Edesina come per essere d’aiuto. «Gli Aelfinn possono essere raggiunti attraverso un ter’angreal nella Pietra di Tear, a quanto ne so, e si reputa che diano risposte vere.» Mat le scoccò un’occhiataccia. Proprio un bell’aiuto, con i suoi ‘a quanto ne so’ e i suoi ‘si reputa’. Tuon continuò a fissarlo come se Edesina non avesse aperto bocca.

«Ho risposto alla tua domanda, Tuon; ora tu rispondi alla mia.»

«Sai che le damane possono predire la sorte?» Gli rivolse un’occhiata severa, probabilmente aspettandosi che lui la definisse superstizione, ma Mat si limitò ad annuire. Alcune Aes Sedai potevano Predire il futuro. Perché non una damane? «Ho chiesto a Lidya di predire la mia appena prima di approdare a Ebou Dar. Questo è ciò che ha detto: ‘Attenta alla volpe che fa volare i corvi, poiché ti sposerà e ti porterà via. Attenta all’uomo che si ricorda il volto di Hawkwing, poiché li sposerà e ti libererà. Attenta all’uomo della mano rossa, poiché tu sposerai lui e nessun altro.’ E stato il tuo anello quello che per primo ha attiralo il mio occhio.» Mat si tastò inconsciamente il lungo anello e lei sorrise. Un piccolo sorriso, ma comunque tale. «Una volpe che apparentemente la volar via due corvi e nove falci di luna. Evocativo, non credi? E proprio ora hai adempiuto alla seconda parte, perciò ho saputo per certo che si trattava di te.» Scindo emise un suono nella gola e Tuon agitò le dita nella sua direzione. La donna prosperosa si acquietò, aggiustandosi la sua sciarpa da testa, ma l’occhiata che scoccò a Mat avrebbe dovuto essere accompagnata da un coltello in mano sua.

Rise senza allegria. Sangue e maledette ceneri. L’anello era un pezzo di prova di un cesellatore, comprato solo perché si adattava al suo dito; avrebbe ceduto quei ricordi del volto di Hawkwing assieme a ogni altra vecchia memoria, se solo fosse servito a togliergli quei dannati serpenti dalla testa; eppure tutte quelle cose gli avevano fruttato una moglie. La Banda della Mano Rossa non sarebbe mai esistita senza quei vecchi ricordi di battaglie.

«A me sembra che l’essere ta’veren funzioni su di me quanto su chiunque altro.» Per un momento pensò che lei stesse per dargli un altro buffetto sulla testa. Le rivolse il suo sorriso migliore. «Un ultimo bacio prima che tu parta?»

«Non sono dell’umore adatto, al momento» replicò lei in tono freddo. Quell’inflessibile magistrato era tornato. Tutti i prigionieri siano condannati immediatamente. «Forse più tardi. Puoi tornare a Ebou Dar con me. Hai un posto d’onore nell’impero, ora.»

Lui non esitò prima di scuotere il capo. Non c’era alcun posto d’onore ad attendere Leilwin o Domon e nessun posto in assoluto per le Aes Sedai o la Banda. «La prossima volta che vedrò dei Seanchan, mi aspetto che sia su un campo di battaglia da qualche parte, Tuon.» Che fosse folgorato, sarebbe stato così. La sua vita pareva andare in quella direzione a prescindere da ciò che lui faceva.

«Tu non sei un mio nemico, ma l’impero si.»

«Né tu sei mio nemico, marito,» disse freddamente «ma io vivo per servire l’impero.»

«Be’, suppongo che faresti meglio a radunare le tue cose...» Non terminò la frase, sentendo il rumore di un cavallo che si avvicinava al piccolo galoppo.

Vanin fece fermare uno slanciato grigio accanto a Tuon, scrutò Karede e gli altri Sorveglianti della Morte, poi sputò attraverso un buco tra i denti e si sporse sull’alto pomolo della sua sella. «Ci sono circa diecimila soldati in una piccola cittadina più o meno a cinque miglia a ovest di qui» disse l’uomo grasso a Mat. «Solo uno è Seanchan, a quanto ho potuto apprendere. Gli altri sono Altarani, Tarabonesi e Amadiciani. Tutti a cavallo. Il problema è che stanno domandando in giro di tizi con indosso un’armatura come quella.» Fece un cenno col capo verso Karede. «E le voci dicono che chiunque di loro ucciderà una ragazza che dalle descrizioni pare la Somma Signora otterrà centomila corone d’oro. Hanno tutti la bava alla bocca per quella ricompensa.»

«Posso eluderli» disse Karede. Il suo volto schietto pareva paterno. La sua voce suonava come una spada sguainata.

«E se non ci riesci?» chiese Mat in tono pacato. «Non può essere un caso che siano così vicini. Hanno fiutato le tue tracce. Un’altra annusata potrebbe essere quello che basta per uccidere Tuon.» Il volto di Karede si rabbuiò.

«Intendi rimangiarti la tua parola?» Un lama sguainata che poteva essere usata presto. Peggio ancora, Tuon stava osservando, guardando Mat per davvero come un magistrato da pena capitale. Che fosse folgorato, se lei fosse morta qualcosa sarebbe avvizzito dentro di lui. E l’unico modo per impedirlo, per essere sicuro che venisse impedito, era fare quello che odiava di più di lavorare. Una volta aveva pensato che combattere delle battaglie, per quanto lo odiasse, fosse comunque meglio del lavoro. Quasi novecento morti nel giro di pochi giorni gli avevano fatto cambiare idea.

«No» disse. «Lei va con te. Ma lasciami una dozzina dei tuoi Sorveglianti della Morte e alcuni dei Giardinieri. Se devo scrollarti di dosso questa gente, ho bisogno che pensino che io sono te.»

Tuon abbandonò la maggior parte degli abili che Ma trim aveva comprato per lei, dal momento che avrebbe avuto bisogno di viaggiare leggera. Infilò nelle bisacce il mazzolino di boccioli di rose rosse di seta che lui le aveva regalato, avvolto in un panno di lino, con tanta attenzione come se fosse vetro soffiato. Non doveva dire addio a nessuno tranne a comare Anan — le sarebbero mancale davvero le loro discussioni — perciò lei e Selucia furono pronte a partire presto. Mylen le rivolse un sorriso così ampio al vederla che dovette accarezzare la piccola damane. Pareva che si fosse sparsa voce dell’accaduto, poiché mentre cavalcavano attraverso il campo assieme ai Sorveglianti della Morte, uomini della Banda si alzavano e si inchinavano a lei. Era molto simile a passare in rassegna i reggimenti a Seandar.

«Cosa ne pensi di lui?» chiese a Karede una volta che furono lontani dai soldati ed ebbero cominciato a procedere al piccolo galoppo. Non c’era bisogno di dire a quale ‘lui’ si riferiva.

«Non sta a me emettere giudizi, Somma Signora» replicò Karede in tono serio. Girò la testa, tenendo d’occhio gli alberi circostanti. «Io servo l’impero e l’imperatrice, che possa vivere per sempre.»

«Come facciamo tutti, generale di stendardo. Ma io richiedo il tuo giudizio.»

«Un buon generale, Somma Signora» replicò senza esitazione. «Coraggioso ma non troppo. Non si farà uccidere solo per dimostrare il suo valore, ritengo. Ed è... adattabile. Un uomo dai molti strati. E se puoi perdonarmi, Somma Signora, un uomo innamorato di te. Ho visto come ti guardava.» Innamorato di lei? Forse. Pensò di poter essere in grado di arrivare ad amarlo. Sua madre aveva amato suo padre, si diceva. E un uomo dai molti strati? Matrim Cauthon faceva sembrare una cipolla come una mela! Si sfregò una mano sopra la testa. Non era ancora abituata alla sensazione di avere dei capelli. «Mi servirà un rasoio come prima cosa.»