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«Sarà meglio aspettare fino a Ebou Dar, Somma Signora.»

«No» disse lei gentilmente. «Se devo morire, morirò come colei che sono. Ho rimosso il velo.»

«Come dici tu, Altezza.» Sorridendo, le rivolse il saluto, col pugno guantato che colpiva la corazza sopra il petto tanto forte da far risuonare un clangore di acciaio contro acciaio.

«Se dobbiamo morire, moriremo come quelli che siamo.»

37

Principe dei corvi

Sporgendosi sull’alto pomolo della sua sella, l’ashandarei inclinata contro il collo di Pips, Mat si accigliò verso il cielo. Il sole aveva superato di molto il suo picco di mezzodì. Se Vanin e quei Sorveglianti della Morte non fossero tornati presto, si sarebbe potuto ritrovare a combattere una battaglia col sole negli occhi dei balestrieri, o peggio al tramonto. Peggio ancora, nubi scure incombevano sopra le montagne a est. Folate di vento provenivano da nord. Nessun aiuto lì. La pioggia avrebbe portato il furetto nel pollaio. Le corde degli archi erano poco efficaci nella pioggia. Be’, qualunque pioggia, con un po’ di fortuna, non sarebbe giunta prima di qualche ora, ma Mat non aveva mai notato la sua fortuna salvarlo dall’inzupparsi in un acquazzone. Non aveva osato aspettare fino al giorno successivo. Quei che davano la caccia a Tuon avrebbero potuto ottenere un’altra traccia degli uomini di Karede e allora lui avrebbe dovuto tentare di attaccarli o di predisporre un’imboscata e farla scattare prima che potessero raggiungere Karede. Meglio che fossero loro a venire da lui, in un posto di sua scelta. Trovare il luogo adatto non era stato difficile, fra la collezione di mappe di mastro Roidelle da una parte e Vanin e gli altri esploratori dall’altra. Aludra stava armeggiando sopra uno dei suoi alti tubi di lancio bordati di metallo, con le trecce adornate di perline che le nascondevano il volto mentre esaminava qualcosa sull’ampia base di legno. Mat desiderava che fosse stata disposta a rimanere con gli animali da soma assieme a Thom e a comare Anan. Perfino Noal era stato pronto a restare lì, anche solo per aiutare Juilin e Amathera ad assicurarsi che Olver non corresse a guardare la battaglia. Il ragazzo fremeva dall’eccitazione, cosa che avrebbe potuto portarlo presto alla morte. Le cose andavano già abbastanza male quando erano solo Harnan e gli altri tre a corrompere Olver, ma ora aveva la metà degli uomini a insegnargli come usare una spada o un pugnale oppure come combattere con mani e piedi, e a quanto pareva gli riempivano la testa di storie di eroi dal modo in cui si stava comportando, implorando di accompagnare Mat nelle scorrerie e cose del genere. Aludra era quasi a quel punto. Chiunque avrebbe potuto usare una di quelle micce per accendere l’innesco una volta che lei avesse caricato il tubo, ma lei insisteva per farlo di persona. Era una donna fiera, Aludra, e non era affatto lieta di trovarsi dalla stessa parte dei Seanchan, per quanto quell’accordo fosse temporaneo. Le pareva sbagliato che vedessero parte del suo operato senza essere dal lato che lo avrebbe subito. Leilwin e Domon erano in sella ai loro cavalli lì vicino tenendola d’occhio, tanto per assicurarsi che non facesse nulla di sciocco quanto per proteggerla. Mat sperava che Leilwin stessa non facesse niente di stupido. Dal momento che, a quanto pareva, c’era un solo Seanchan fra le persone che avrebbero combattuto quel giorno, lei aveva deciso che era giusto che tosse lì, e dalle occhiatacce che scoccava a Musenge e agli altri Sorveglianti della Morte, pareva pensare di avere qualcosa da dimostrare a loro.

Anche le tre Aes Sedai, raggruppate assieme con le loro redini in mano, rivolgevano occhiate cupe ai Seanchan, così come Blaeric e Fen, che accarezzavano le else delle loro spade forse inconsapevolmente. Joline e i suoi due Custodi erano stati i soli sconcertali per la partenza spontanea di Sheraine con Tuon — quello che una Aes Sedai pensava su qualunque argomento era di solito quello che provavano anche i suoi Custodi —, ma il ricordo di essere al guinzaglio era troppo recente per Edesina o Teslyn perché si sentissero a loro agio vicino a dei soldati seanchan. Bethamin e Seta se ne stavano molto docili, con le mani lungo i fianchi, un po’ a distanza dalle Sorelle. Il baio chiaro di Bethamin le diede un colpetto contro la spalla col muso e l’alta donna scura quasi sollevò una mano per accarezzare l’animale prima di ritrarla e riassumere la sua posa umile. Loro non avrebbero comunque preso parte alla battaglia. Joline e Edesina l’avevano messo bene in chiaro, tuttavia pareva che volessero tenere le due donne sottocchio in modo da poterne essere sicure. Le donne seanchan stavano chiaramente guardando qualunque cosa tranne i soldati seanchan. Se era per quello, Bethamin, Seta e Leilwin avrebbero potuto non esistere affatto per Musenge e i suoi. Che fosse folgorato, c’erano così tante tensioni nell’aria che poteva quasi sentire di nuovo quel cappio attorno al suo collo.

Pips pestò uno zoccolo, impaziente per essere rimasto troppo tempo nello stesso posto, e Mat gli diede una pacca sul collo e poi grattò la cicatrice che si stava formando sulla propria mascella. Gli unguenti di Tuon avevano pizzicato forte quanto lei aveva detto, ma funzionavano. La sua nuova collezione di cicatrici gli prudeva, però. Tuon. Sua moglie. Era sposato! Sapeva che sarebbe successo, lo aveva saputo da parecchio tempo, ma comunque... Sposato. Si sarebbe dovuto sentire... diverso... in qualche modo, ma si sentiva ancora sé stesso. Aveva intenzione di continuare così, che tosse folgorato se avesse fatto diversamente! Se Tuon si aspettava che Mat Cauthon si sistemasse, abbandonasse il gioco d’azzardo o cose del genere, avrebbe fatto meglio a ripensarci. Mat suppose che avrebbe smesso di correre dietro alle donne, meno che mai di acchiapparle, ma gli sarebbe comunque piaciuto danzare con loro, e guardarle. Solo non quando era con lei. Che fosse folgorato se sapeva quando sarebbe stato. Se avesse lasciato a lei il controllo, non sarebbe andato da nessuna parte, lei e le sue chiacchiere su coppieri e stallieri che correvano e sposarsi per servire l’impero. In che modo sposare lui avrebbe dovuto essere utile al maledetto impero?

Musenge lasciò gli altri dieci uomini e cinque Ogier in armature rosse e nere e fece trotterellare il suo castrone nero fino a Mat. Il cavallo aveva una corporatura adatta per velocità e resistenza, per quanto Mat poteva capire senza un esame accurato. Musenge pareva avere una corporatura fatta per la resistenza, un uomo robusto e impassibile, col volto del tutto duro, gli ocelli come pietre levigate.

«Perdono, Altezza,» biascicò, vibrando un pugno guantato contro il suo pettorale «ma gli uomini non dovrebbero tornare al lavoro?» Le sue parole erano più strascicate di quelle di Selucia, quasi inintelligibili. «La loro pausa di riposo si è protratta a lungo. Dubito che possano completare il muro prima dell’arrivo del traditore.» Mat si era domandato quanto tempo ci avrebbe messo per menzionarlo. Se l’era aspettato prima.

Senza indossare gli elmi a volto scoperto, ma con le corazze allacciate, i balestrieri erano seduti per terra dietro a un lungo muro curvilineo, forse la terza parte di un cerchio fatto di terra ammonticchiata dalla trincea profonda quattro piedi di fronte a esso, con fitti pali appuntiti conficcati nel terreno lì davanti che si estendevano un po’ oltre le estremità della trincea. Lo avevano terminato in breve tempo. Era necessario che la fanteria sapesse maneggiare pala, zappa e ascia tanto bene quanto le anni. Perfino la cavalleria, ma con loro era più difficile. I fanti sapevano che era meglio avere qualcosa fra te e il nemico, se era possibile. Ora gli attrezzi giacevano sparpagliali lungo la trincea. Alcuni degli uomini stavano giocando a dadi, altri si stavano soltanto rilassando, sonnecchiando perfino. I soldati coglievano ogni opportunità per dormire. Qualcuno stava leggendo un libro, addirittura. Leggendo! Mandevwin si muoveva fra loro, tastandosi la benda sull’occhio e ogni tanto piegandosi per dire qualche parola a uno stendardiere. L’unico lanciere presente, in piedi accanto al suo cavallo, ogni suo lineamento che lasciava intendere che non aveva nulla a che fare con i balestrieri, non aveva in mano alcuna lancia, bensì una lunga asta da bandiera inguainata in cuoio per metà della stia lunghezza.